Dalla filiera italiana zero dispositivi medici
Il commissario Arcuri ammette: solo un’azienda del consorzio ha l’ok per quelli chirurgici
“Nessuna
delle 30 aziende i cui investimenti sono stati approvati dall’incentivo Cura Italia producono attualmente mascherine Ffp2 o Ffp3, bensì le cosiddette mascherine non sanitarie. Prog re s si v am e nt e produ rranno quelle chirurgiche”. L’aggiornamento di fine settimana del commissario per l’emergenza, Domenico Arcuri si cristallizza su questa notizia che rende evidente quella che qualche settimana fa era solo una previsione: non sono ancora in circolazione dispositivi medici prodotti dalla filiera italiana messa in piedi per sopperire alla carenza di dispositivi e le Ffp2 e le Ffp3 non sono quasi contemplate. Cosa fanno dunque le aziende tessili che si sono messe insieme in consorzio? “Le due filiere del settore della moda e dell’igiene personale stanno producendo – assicura Arcuri – Una ieri ha ricevuto dall’Istituto superiore della Sanità l’autorizzazione a metterle in commercio. Auspichiamo che nei prossimi giorni molti altri non solo le producano ma le possano mettere in commercio”.
IL DECRETO“Cur aItali a”,infatti,c onsente di produrre tre tipi di protezioni: le prime sono quelle non chirurgiche che, non destinate all’ assistenza sanitaria, possono costituire una mera misura igienica per cittadini. Su queste non ci sono grossi problemi di produzione e di fatto sono quelle su cui il consorzio e le aziende procedono più speditamente.
Ci sono poi le mascherine chirurgiche, destinate agli ospedali e agli operatori sanitari e di cui c’è forte carenza in Italia. Queste vanno prodotte con particolari requisiti e validate dall’Iss. Si possono produrre a con autocertificazione, ma non per metterle in circolo. Dopo la produzione devono essere sottoposte a test di laboratorio (ce ne sono diversi su tutto il territorio nazionale) e poi devono essere verificati dall’Iss. È qui l’intoppo: il 43 per cento delle migliaia di richieste arrivate hanno avuto parere non favorevole, 35 per cento favorevole solo per la produzione in attesa delle prove dai produttori a supporto, solo il 21 per cento ha avuto l’ok ed è ancora in lavorazione. La terza categoria sono le ffp2 e ffp3, che però sono ben lontane dall’essere disponibili e che servono a proteggere l’utilizzatore dalle aggressioni esterne. Queste sono autorizzate dall’Inail con una procedura analoga a quelle sanitarie.
Come se non bastasse, in nove giorni a Invitalia sono arrivate 447 proposte di investimento per riconvertire la pro
Nessuna delle 30 imprese approvate realizzano Ffp2 o Ffp3 o chirurgiche, ma modelli non sanitari
pria produzione in dispositivi medicali o di protezione individuale (il decreto Cura Italia prevede contributi per 50 milioni di euro). Di queste, 217 sono state rigettate, 200 sono in valutazione e solo 30 sono state approvate (16 riconversioni delle linee di produzione e 14 ampliamenti con un investimento di 13,6 milioni). Ma per produrre le mascherine ci vorrà del tempo.
L’unica buona notizia del commissario è l’arrivo della produzione in tre carceri: Bollate, Salerno e Rebibbia. Otto impianti automatizzati che nell’arco di 15 giorni consentiranno di produrre 400 mila mascherine al giorno, che potranno progressivamente aumentare”.