Assembramenti e gaffe: i flop dei sindaci nell’emergenza
Tra presidi sanitari e buoni spesa
A Massa ha previsto la consegna di mascherine per strada
C’è chi distribuisce mascherine in piazza, chi consegna buoni spesa in base alla cittadinanza e chi favorisce famiglie con un parente detenuto. La gestione dell’emergenza nei territori procede in ordine sparso e in questi giorni sta causando problemi e imbarazzi.
Venerdì abbiamo raccontato della distribuzione di 500 mascherine da parte del Comune di Massa, che ha provocato assembramenti ai banchetti. Nonostante il precedente, domani saranno distribuite altre 5mila mascherine in 17 punti strategici. Questa volta il sindaco di centrodestra Francesco Persiani ha garantito che ci sarà un servizio d’ordine: “I 17 punti saranno vigilati da numeroso personale della Protezione civile”.
Anche se fosse, però, resta irrisolto il rischio già corso l’altro giorno, cioè quello di invitare migliaia di persone a uscire di casa. Persone che nelle vicinanze della consegna potrebbero pure seguire le norme di prevenzione, ma che avranno occasione per uscire, passeggiare e incontrarsi. C’è poi un tema politico, perché Persiani ha pubblicato sulla sua pagina istituzionale una foto con Matteo Salvini per ringraziarlo “per l’ampia disponibilità ad aiutare le amministrazioni locali”. Tutti episodi che non sono piaciuti alle opposizioni: il deputato del M5S Riccardo Ricciardi ha sentito in privato il sindaco, sconsigliando di proseguire con la consegna, mentre Martina Nardi (Pd) ha promesso un’in ter ro gazione parlamentare per denunciare gli assembramenti, citando la “spettacolarizzazione” in corso.
MA I GUAI non finiscono a Massa. In Calabria a preoccupare sono i criteri per assegnare i buoni spesa. A Cirò Marina e Strongoli (Crotone) il rischio è stato quello di avere graduatorie in cui un detenuto in famiglia costituisse un titolo preferenziale. I due Comuni, entrambi sciolti per mafia e retti da commissari prefettizi, avevano un bando fotocopia:
“La graduatoria sarà formulata applicando un ordine di priorità”. Priorità tra cui spiccava, appunto, l’appartenenza del richiedente “a famiglie di detenuti”, criterio ritenuto più rilevante delle “condizioni socioeconomiche gravemente disagiate”. Partita la segnalazione della Dda di Catanzaro, i commissari si sono affrettati a modificare i bandi, eliminando il criterio contestato.
Ad Af rico invece, vicino Reggio Calabria, chi chiede i buoni dovrà riportare che nel proprio nucleo familiare “non sussistono condanne definitive ai sensi dell’articolo 416 bis (associazione mafiosa, ndr ), né condanne per reati contestati con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa, né carichi pendenti per gli stessi reati”. Una dicitura “sbagliata e pericolosa” secondo la sezione locale dei magistrati di Area Democratica per la Giustizia: “Non si esplicita se gli eventuali precedenti o le pendenze costituiscano causa di esclusione anche per il familiare convivente del reo o dell’indagato ancora sub judice”.
Opposti poi i casi di Ferrara e Parma. La prima, amministrata dal leghista Alan Fabbri, ha inserito la provenienza tra i criteri di priorità per i buoni pasto: prima gli italiani, poi gli europei e poi gli extraeuropei, ma solo quelli con determinati permessi di soggiorno. E Cgil, Cisl e Uil protestano: “Per quale motivo dovrebbe essere ignorato un cittadino straniero che ha perso il lavoro e si trova in difficoltà, solo perché in possesso di un permesso di soggiorno diverso da quello di lungo periodo?”. A Parma invece Federico Pizzarotti, prima di fare marcia indietro, aveva imposto ai richiedenti di “ripudiare il fascismo”. Anche a Codogno, epicentro del focolaio, il sindaco ha dovuto rivedere i piani: prima aveva annunciato la distribuzione gratuita di uova di Pasqua per strada, nonostante gli ovvi rischi; poi ieri si è corretto trasformando l’iniziativa in una consegna porta a porta.
Disastri nei Comuni A Massa tutti in piazza per le mascherine, in Calabria aiuti prima ai parenti di detenuti