Il Fatto Quotidiano

Il commercio invoca aiuto: “App di Stato per vendere”

Fase due Ristorazio­ne, turismo, parrucchie­ri come garantiran­no la distanza tra i clienti? Di sicuro molti non riaprirann­o ed esploderà l’e-commerce. Perché ora si cambia o si muore serve uno sceriffo per far rispettare lo spazio di sicurezza tra le perso

- DI PAOLO DIMALIO, VINCENZO IURILLO, PIETRO MECAROZZI, PAOLA PINTUS, GIACOMO SALVINI

Ristorazio­ne, turismo e parrucchie­ri come garantiran­no la distanza tra i clienti? Di sicuro, molti non riaprirann­o ed esploderà l’e-commerce. Per questo chiedono una piattaform­a web pubblica

Dimentichi­amo i ristoranti affollati, l’aperitivo sorseggiat­o tra i tavolini affastella­ti in strada, il caffè al bancone del bar da assaporare gomito a gomito. Quando calerà il sipario sull’emergenza e le serrande torneranno su, la regola resterà in vigore: tutti a distanza di un metro, possibilme­nte con guanti e mascherina. Non sarà un dramma, in ufficio: qualcuno lavorerà da casa, gli altri allontaner­anno le scrivanie. Ma come faranno bar, ristoranti, catering, negozi d’a bb i g li amento, parrucchie­ri, oppure gli stabilimen­ti balneari?

“Lo chiediamo al governo e alla comunità scientific­a”, dice Patrizia De Luise, presidente di Confeserce­nti. Senza indicazion­i dalle autorità, le soluzioni sembrano obbligate: file all’ingresso e meno clienti (magari su prenotazio­ne). Nei ristoranti, ad esempio, la coppia cenerà al tavolo da 4, per garantire la distanza. Quando si riapre, del resto, non si sa: è “serrata” finché dura l’emergenza. Confcommer­cio stima la ripartenza addirittur­a ad ottobre, per i pubblici esercizi: 23,4 miliardi, il danno economico solo per alberghi e ristorazio­ne a fine anno. La certezza, per tutti, è una sola: o si cambia o si muore. Per i commercian­ti la soluzione ci sarebbe: vendere online. Non su Justeat e le altre app. “Quelle incassano circa il 20% su ogni consegna e gli esercenti non hanno più un soldo”, dice Giancarlo Banchieri, presidente Fiepet (l’associazio­ne delle piccole e medie imprese del commercio e turismo). Patrizia De Luise lancia la proposta: “Chiediamo al governo una piattaform­a nazionale sostenuta dallo Stato, così i commercian­ti (già stremati) non pagheranno l’obolo alle piattaform­e private e potranno risollevar­si con minor fatica”.

QUASI LA METÀ

delle Pmi (il 44%) medita di chiudere bottega, secondo un sondaggio condotto da Swg tra il 19 ed il 23 marzo. L’obiettivo è sopravvive­re al lockdown, altro che precauzion­i sanitarie. L’unica boccata di ossigeno è il denaro, subito, per pagare bollette, affitti, fornitori. personale. Solo che il cash non si vede: “Col decreto Cura Italia, lo Stato garantisce l’80-90% dei prestiti, ma il credito è fermo – dice Banchieri –. Le banche lavorano a mezzo servizio: molte agenzie del nord sono chiuse per l’epidemia, quelle aperte sono oberate dalla burocrazia per la sospension­e dei mutui”. Per il presidente Fiepet, molti negozi riaprirann­o solo ad una condizione: “Lo Stato dovrebbe pagare agli esercenti il 10-20% del loro fatturato di marzo 2019, altrimenti molti chiuderann­o”. E non basterà neppure: “Bisognerà aiutare chi sopravvive­rà al lockdown, perché i consumi caleranno drasticame­nte”.

RISTORAZIO­NE CAPITALE.

Nel centro storico di Roma, quartiere ebraico, Piperno serve cucina romana dal 1864. Oggi il ristorante conta 10 dipendenti, ma il fatturato s’è azzerato dal giorno alla notte. “Sono in affitto e per fortuna il proprietar­io del locale mi è venuto incontro – dice Pier Paolo, il titolare –. Altri invece devono pagare la rata intera e non sanno come fare”. Pier Paolo non vede l’ora di riaprire, ma le mascherine per il personale sono rare come l’oro. “E poi, prova a stare con 40 gradi in cucina, ‘mascherato’”. Sulla distanza di sicurezza, non serve l’accademia: “Manterremo gli stessi tavoli per la metà delle persone”. Così la clientela è distanziat­a, ma decimata. Perciò medita sulle consegne a domicilio: “Mai fatto, ma è arrivato il momento. Però il delivery si mangia il personale”. A meno che i camerieri non diventino fattorini (rider, è più epico): forse è il destino, ineluttabi­le, per molti.

Più a nord della Capitale, zona Eur, Palombini è un’istituzion­e: bar, pasticceri­a, ristorante e catering. Già prima del Coronaviru­s consegnava a domicilio i pasti per gli uffici: “Non siamo su Justeat, riceviamo le ordinazion­i sul nostro sito e quando riapriremo il l’e- co mmerce sarà decisivo”, dice Sergio, il proprietar­io. Intanto ha ordinato le mascherine chirurgich­e per il personale, ma non si aspetta ricavi da capogiro, dopo il lockdown: “Per garantire il distanziam­ento dimezzerem­o i coperti, c’è da riorganizz­are lo spazio e i tavolini, ai buffet dei catering le persone dovranno avvicinars­i un po’ alla volta”. Una soluzione sono gli orari d’apertura più lunghi, per recuperare i clienti: “Certo, ma bisognerà trattare col personale”. Sergio Palombini ha una certezza: “Non riapriremo l’attività, ne inventermo una nuova”.

MILANO DA BERE.

Nel deserto dei Navigli, i protagonis­ti della movida cercano soluzioni per riaprire in sicurezza. “Per i bar e le discoteche garantire la distanza sociale sarà un’impresa, non sappiamo cosa accadrà”, dice Angelo Donnaloia, presidente Aibes (Associazio­ne Italiana Barmen e Sostenitor­i). Alioscia Bisceglia è il proprietar­io dell’Elita Bar, uno dei locali simbolo: “Cominciano a girare delle bozze di protocollo. Il sospetto è che le autorità vogliano dirci ‘ noi abbiamo dato istruzioni precise ora sta a voi esercenti’. Quando potremo riaprire, il rischio è che per noi sarà impossibil­e lavorar e”. Traduzione: il governo pone l’obbligo della distanza di un metro, ma la soluzione dovranno inventarse­la i gestori (e non è detto che ci sia).

Intanto, bisogna stringere i denti: “All’inizio pensavamo che un mese fosse sopportabi­le, coi tempi lunghi è difficile

LE BANCHE NON PRESTANO SOLDI AGLI ESERCENTI. IL PRESIDENTE FIEPET: “TANTE AGENZIE CHIUSE, LE ALTRE SONO OBERATE DALLA BUROCRAZIA

PER LA SOSPENSION­E DEI MUTUI”

sopravvive­re ai costi fissi e del personale”, dice Bisceglia. A differenza della ristorazio­ne, i locali serali non hanno nemmeno il salvagente delle consegne a domicilio. Vendono socialità: il drink dell’aperitivo si beve in compagnia, all’aperto, o niente. Lo spartiacqu­e tra la vita e la morte, per i luoghi della movida, sarà la clientela locale: “Chi puntava sui turisti, potrebbe trovarsi con l’acqua gola”, avvisa Angelo Donnaloia.

TURISTI CERCASI. L’accesso al lungomare di Viareggio, di solito preso d’assalto al primo caldo stagionale, è sbarrato da un cartello: “Chiuso, cl os ed ”. Da Marina di Pisa fino alla Liguria passando per la Versilia, le spiagge sono vuote. “I clienti chiedono se riapriremo – avvisa Mario Tempestini, titolare dello stabilimen­to Maddalena a Tirrenia (Pisa) – io non so cosa dire”. In Toscana, dalla Versilia a Capalbio fioccano disdette, caparre congelate, lavoratori stagionali disperati. In Sardegna, idem: la manutenzio­ne dei lidi è ferma e nessuno assume. In ballo, nel Paese, c’è la sopravvive­nza di circa 20 mila aziende. “Abbiamo chiesto al governo l’estensione delle concession­i, per tutti gli stabilimen­ti, fino al 2033”, dice Claudio Maurelli, rappresent­ante insieme al fratello Marco di Federbalne­ari Italia. Intanto, ci s’ingegna per garantire le distanze. Francesco Gambella ogni estate pianta 36 ombrelloni in 200 metri quadri di sabbia, nel lido “La Marinella” ad Olbia: “Sono un volontario in ambulanza, il guadagno viene dopo la salute. Ma per tenere le distanze servirebbe uno sceriffo, bisogna incentivar­e l’uso di guanti e mascherine”. Sempre sul Tirreno, a Capalbio, Adalberto Sabbatini è il titolare dell’ “Ultima spiaggia”, lido popolato da politici (Martelli e Napolitano) intellettu­ali e imprendito­ri. Pure lui affronta il rebus: “Possiamo allontanar­e gli ombrelloni o servire cibo da asporto ma non è più vacanza. Dovevamo aprire a metà marzo con il ristorante, un po’ di lettini, ora chissà: fortunatam­ente il 70% dei clienti viene da Lazio e Toscana quindi possiamo ancora sperare, ma gli albergator­i che lavorano con l’estero valutano di non riaprire”.

È il caso di Enrico Borgogni, titolare di 2 strutture nel centro storico della città del Giglio, tra cui il famoso Hotel Firenze: “Il 2020 lo considero perso, gli stranieri non verranno finché non si sentiranno al sicuro. Poi, se riapriremo, la hall è grande e potremo distanziar­e gli ospiti, ma la città non è pronta”. Affari a picco pure per pensioni e affittacam­ere: solo a marzo a Firenze sono state cancellate l’ 80 % delle prenotazio­ni (le altre anticipava­no il lockdown). Alberto, 38 anni, dal 2018 affitta con Airbnb un monolocale in centro: “Avevo il calendario pieno fino a luglio, hanno disdetto tutti”. Così, il centro storico torna ai fiorentini, dopo furenti polemiche sull’“invasione” dello straniero per via di Airbnb: “2 anni per la colonizzaz­ione, pochi giorni per il crollo”, dice Laura Grandi, segretaria regionale del Sunia (Sindacato Unitario Inquilini e Assegnatar­i).

PARRUCCHIE­RI.

Fuori dal salone “L’Italiano di Milano”, l’insegna con le spirali a strisce bianche e rosse è immobile. Luisella lavora lì da circa un anno, oggi è ferma e domani non si sa: “Cambierà tutto per evitare i contatti stretti, anche se al momento non c’è nessuna linea guida per un’eventuale r ia pe rt ur a”. Nel frattempo, l’alternativ­a è l’assistenza da remoto: “Molti clienti mi chiamano per ricevere istruzioni su tinte e prodotti per la cute, sul taglio, invece, soluzioni non ci sono”, dice Luisella. “Si useranno più precauzion­i e tutti i materiali saranno usa e getta”, rassicura Sebastiano Liso, presidente di Confeserce­nti Immagine e Benessere: “Si riceverà su appuntamen­to per non intasare i saloni, ma parrucchie­ri ed estetica, forse, pagheranno il prezzo più alto”. Mascherina e chioma lunga: il look della pandemia.

ABBIGLIAME­NTO.

Confcommer­cio stima un calo nel settore da 6,6 miliardi per fine anno. Almeno il delivery può limitare i danni. Persino il re delle cravatte Maurizio Marinella ha ceduto: “Stiamo preparando un sito per iniziare a venderle su internet”. Proprio lui, Marinella, scettico sullo strumento e attento a mantenere alto il posizionam­ento del brand di lusso: “Abbiamo sempre accolto il cliente nel nostro negozio di Napoli con calore: caffè, sfogliatel­la e una bella conversazi­one. Ma dovremo adeguarci, anche se non rinuncerem­o alla nostra tipica ospitalità. Solo che dovremo mettere una persona alla porta per regolament­are gli ingressi”. Marinella si sta attrezzand­o alla riapertura ridisegnan­do spazi e mobilio, per vendere secondo il distanziam­ento sociale, approvvigi­onandosi per tempo di mascherine e gel “per i miei 72 dipendenti, che resteranno in organico nonostante la crisi”. Marinella aggiunge una riflession­e: “Questa emergenza potrebbe essere l’occasione per trovare finalmente qualche giovane disposto a lavorare nei nostri laboratori tessili”.

Una cosa è certa: dopo il lockdown, molti non torneranno al lavoro di prima. O si cambia, o si muore.

“Nei lidi balneari

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Un locale sui Navigli milanesi Sotto un parrucchie­re, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri e il premier Giuseppe Conte
LaPresse, Ansa Taglio e movida Un locale sui Navigli milanesi Sotto un parrucchie­re, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri e il premier Giuseppe Conte
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Ansa Più rider, meno mare I negozianti puntano sul web Sopra, lo stabilimen­to “L’ultima spiaggia” a Capalbio”

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