Il commercio invoca aiuto: “App di Stato per vendere”
Fase due Ristorazione, turismo, parrucchieri come garantiranno la distanza tra i clienti? Di sicuro molti non riapriranno ed esploderà l’e-commerce. Perché ora si cambia o si muore serve uno sceriffo per far rispettare lo spazio di sicurezza tra le perso
Ristorazione, turismo e parrucchieri come garantiranno la distanza tra i clienti? Di sicuro, molti non riapriranno ed esploderà l’e-commerce. Per questo chiedono una piattaforma web pubblica
Dimentichiamo i ristoranti affollati, l’aperitivo sorseggiato tra i tavolini affastellati in strada, il caffè al bancone del bar da assaporare gomito a gomito. Quando calerà il sipario sull’emergenza e le serrande torneranno su, la regola resterà in vigore: tutti a distanza di un metro, possibilmente con guanti e mascherina. Non sarà un dramma, in ufficio: qualcuno lavorerà da casa, gli altri allontaneranno le scrivanie. Ma come faranno bar, ristoranti, catering, negozi d’a bb i g li amento, parrucchieri, oppure gli stabilimenti balneari?
“Lo chiediamo al governo e alla comunità scientifica”, dice Patrizia De Luise, presidente di Confesercenti. Senza indicazioni dalle autorità, le soluzioni sembrano obbligate: file all’ingresso e meno clienti (magari su prenotazione). Nei ristoranti, ad esempio, la coppia cenerà al tavolo da 4, per garantire la distanza. Quando si riapre, del resto, non si sa: è “serrata” finché dura l’emergenza. Confcommercio stima la ripartenza addirittura ad ottobre, per i pubblici esercizi: 23,4 miliardi, il danno economico solo per alberghi e ristorazione a fine anno. La certezza, per tutti, è una sola: o si cambia o si muore. Per i commercianti la soluzione ci sarebbe: vendere online. Non su Justeat e le altre app. “Quelle incassano circa il 20% su ogni consegna e gli esercenti non hanno più un soldo”, dice Giancarlo Banchieri, presidente Fiepet (l’associazione delle piccole e medie imprese del commercio e turismo). Patrizia De Luise lancia la proposta: “Chiediamo al governo una piattaforma nazionale sostenuta dallo Stato, così i commercianti (già stremati) non pagheranno l’obolo alle piattaforme private e potranno risollevarsi con minor fatica”.
QUASI LA METÀ
delle Pmi (il 44%) medita di chiudere bottega, secondo un sondaggio condotto da Swg tra il 19 ed il 23 marzo. L’obiettivo è sopravvivere al lockdown, altro che precauzioni sanitarie. L’unica boccata di ossigeno è il denaro, subito, per pagare bollette, affitti, fornitori. personale. Solo che il cash non si vede: “Col decreto Cura Italia, lo Stato garantisce l’80-90% dei prestiti, ma il credito è fermo – dice Banchieri –. Le banche lavorano a mezzo servizio: molte agenzie del nord sono chiuse per l’epidemia, quelle aperte sono oberate dalla burocrazia per la sospensione dei mutui”. Per il presidente Fiepet, molti negozi riapriranno solo ad una condizione: “Lo Stato dovrebbe pagare agli esercenti il 10-20% del loro fatturato di marzo 2019, altrimenti molti chiuderanno”. E non basterà neppure: “Bisognerà aiutare chi sopravviverà al lockdown, perché i consumi caleranno drasticamente”.
RISTORAZIONE CAPITALE.
Nel centro storico di Roma, quartiere ebraico, Piperno serve cucina romana dal 1864. Oggi il ristorante conta 10 dipendenti, ma il fatturato s’è azzerato dal giorno alla notte. “Sono in affitto e per fortuna il proprietario del locale mi è venuto incontro – dice Pier Paolo, il titolare –. Altri invece devono pagare la rata intera e non sanno come fare”. Pier Paolo non vede l’ora di riaprire, ma le mascherine per il personale sono rare come l’oro. “E poi, prova a stare con 40 gradi in cucina, ‘mascherato’”. Sulla distanza di sicurezza, non serve l’accademia: “Manterremo gli stessi tavoli per la metà delle persone”. Così la clientela è distanziata, ma decimata. Perciò medita sulle consegne a domicilio: “Mai fatto, ma è arrivato il momento. Però il delivery si mangia il personale”. A meno che i camerieri non diventino fattorini (rider, è più epico): forse è il destino, ineluttabile, per molti.
Più a nord della Capitale, zona Eur, Palombini è un’istituzione: bar, pasticceria, ristorante e catering. Già prima del Coronavirus consegnava a domicilio i pasti per gli uffici: “Non siamo su Justeat, riceviamo le ordinazioni sul nostro sito e quando riapriremo il l’e- co mmerce sarà decisivo”, dice Sergio, il proprietario. Intanto ha ordinato le mascherine chirurgiche per il personale, ma non si aspetta ricavi da capogiro, dopo il lockdown: “Per garantire il distanziamento dimezzeremo i coperti, c’è da riorganizzare lo spazio e i tavolini, ai buffet dei catering le persone dovranno avvicinarsi un po’ alla volta”. Una soluzione sono gli orari d’apertura più lunghi, per recuperare i clienti: “Certo, ma bisognerà trattare col personale”. Sergio Palombini ha una certezza: “Non riapriremo l’attività, ne inventermo una nuova”.
MILANO DA BERE.
Nel deserto dei Navigli, i protagonisti della movida cercano soluzioni per riaprire in sicurezza. “Per i bar e le discoteche garantire la distanza sociale sarà un’impresa, non sappiamo cosa accadrà”, dice Angelo Donnaloia, presidente Aibes (Associazione Italiana Barmen e Sostenitori). Alioscia Bisceglia è il proprietario dell’Elita Bar, uno dei locali simbolo: “Cominciano a girare delle bozze di protocollo. Il sospetto è che le autorità vogliano dirci ‘ noi abbiamo dato istruzioni precise ora sta a voi esercenti’. Quando potremo riaprire, il rischio è che per noi sarà impossibile lavorar e”. Traduzione: il governo pone l’obbligo della distanza di un metro, ma la soluzione dovranno inventarsela i gestori (e non è detto che ci sia).
Intanto, bisogna stringere i denti: “All’inizio pensavamo che un mese fosse sopportabile, coi tempi lunghi è difficile
LE BANCHE NON PRESTANO SOLDI AGLI ESERCENTI. IL PRESIDENTE FIEPET: “TANTE AGENZIE CHIUSE, LE ALTRE SONO OBERATE DALLA BUROCRAZIA
PER LA SOSPENSIONE DEI MUTUI”
sopravvivere ai costi fissi e del personale”, dice Bisceglia. A differenza della ristorazione, i locali serali non hanno nemmeno il salvagente delle consegne a domicilio. Vendono socialità: il drink dell’aperitivo si beve in compagnia, all’aperto, o niente. Lo spartiacque tra la vita e la morte, per i luoghi della movida, sarà la clientela locale: “Chi puntava sui turisti, potrebbe trovarsi con l’acqua gola”, avvisa Angelo Donnaloia.
TURISTI CERCASI. L’accesso al lungomare di Viareggio, di solito preso d’assalto al primo caldo stagionale, è sbarrato da un cartello: “Chiuso, cl os ed ”. Da Marina di Pisa fino alla Liguria passando per la Versilia, le spiagge sono vuote. “I clienti chiedono se riapriremo – avvisa Mario Tempestini, titolare dello stabilimento Maddalena a Tirrenia (Pisa) – io non so cosa dire”. In Toscana, dalla Versilia a Capalbio fioccano disdette, caparre congelate, lavoratori stagionali disperati. In Sardegna, idem: la manutenzione dei lidi è ferma e nessuno assume. In ballo, nel Paese, c’è la sopravvivenza di circa 20 mila aziende. “Abbiamo chiesto al governo l’estensione delle concessioni, per tutti gli stabilimenti, fino al 2033”, dice Claudio Maurelli, rappresentante insieme al fratello Marco di Federbalneari Italia. Intanto, ci s’ingegna per garantire le distanze. Francesco Gambella ogni estate pianta 36 ombrelloni in 200 metri quadri di sabbia, nel lido “La Marinella” ad Olbia: “Sono un volontario in ambulanza, il guadagno viene dopo la salute. Ma per tenere le distanze servirebbe uno sceriffo, bisogna incentivare l’uso di guanti e mascherine”. Sempre sul Tirreno, a Capalbio, Adalberto Sabbatini è il titolare dell’ “Ultima spiaggia”, lido popolato da politici (Martelli e Napolitano) intellettuali e imprenditori. Pure lui affronta il rebus: “Possiamo allontanare gli ombrelloni o servire cibo da asporto ma non è più vacanza. Dovevamo aprire a metà marzo con il ristorante, un po’ di lettini, ora chissà: fortunatamente il 70% dei clienti viene da Lazio e Toscana quindi possiamo ancora sperare, ma gli albergatori che lavorano con l’estero valutano di non riaprire”.
È il caso di Enrico Borgogni, titolare di 2 strutture nel centro storico della città del Giglio, tra cui il famoso Hotel Firenze: “Il 2020 lo considero perso, gli stranieri non verranno finché non si sentiranno al sicuro. Poi, se riapriremo, la hall è grande e potremo distanziare gli ospiti, ma la città non è pronta”. Affari a picco pure per pensioni e affittacamere: solo a marzo a Firenze sono state cancellate l’ 80 % delle prenotazioni (le altre anticipavano il lockdown). Alberto, 38 anni, dal 2018 affitta con Airbnb un monolocale in centro: “Avevo il calendario pieno fino a luglio, hanno disdetto tutti”. Così, il centro storico torna ai fiorentini, dopo furenti polemiche sull’“invasione” dello straniero per via di Airbnb: “2 anni per la colonizzazione, pochi giorni per il crollo”, dice Laura Grandi, segretaria regionale del Sunia (Sindacato Unitario Inquilini e Assegnatari).
PARRUCCHIERI.
Fuori dal salone “L’Italiano di Milano”, l’insegna con le spirali a strisce bianche e rosse è immobile. Luisella lavora lì da circa un anno, oggi è ferma e domani non si sa: “Cambierà tutto per evitare i contatti stretti, anche se al momento non c’è nessuna linea guida per un’eventuale r ia pe rt ur a”. Nel frattempo, l’alternativa è l’assistenza da remoto: “Molti clienti mi chiamano per ricevere istruzioni su tinte e prodotti per la cute, sul taglio, invece, soluzioni non ci sono”, dice Luisella. “Si useranno più precauzioni e tutti i materiali saranno usa e getta”, rassicura Sebastiano Liso, presidente di Confesercenti Immagine e Benessere: “Si riceverà su appuntamento per non intasare i saloni, ma parrucchieri ed estetica, forse, pagheranno il prezzo più alto”. Mascherina e chioma lunga: il look della pandemia.
ABBIGLIAMENTO.
Confcommercio stima un calo nel settore da 6,6 miliardi per fine anno. Almeno il delivery può limitare i danni. Persino il re delle cravatte Maurizio Marinella ha ceduto: “Stiamo preparando un sito per iniziare a venderle su internet”. Proprio lui, Marinella, scettico sullo strumento e attento a mantenere alto il posizionamento del brand di lusso: “Abbiamo sempre accolto il cliente nel nostro negozio di Napoli con calore: caffè, sfogliatella e una bella conversazione. Ma dovremo adeguarci, anche se non rinunceremo alla nostra tipica ospitalità. Solo che dovremo mettere una persona alla porta per regolamentare gli ingressi”. Marinella si sta attrezzando alla riapertura ridisegnando spazi e mobilio, per vendere secondo il distanziamento sociale, approvvigionandosi per tempo di mascherine e gel “per i miei 72 dipendenti, che resteranno in organico nonostante la crisi”. Marinella aggiunge una riflessione: “Questa emergenza potrebbe essere l’occasione per trovare finalmente qualche giovane disposto a lavorare nei nostri laboratori tessili”.
Una cosa è certa: dopo il lockdown, molti non torneranno al lavoro di prima. O si cambia, o si muore.
“Nei lidi balneari