Il Fatto Quotidiano

Italiani all’estero, l’odissea “Alitalia in ritardo e ‘assente’ Nessun controllo sanitario”

- » SELVAGGIA LUCARELLI

CARA SELVAGGIA, mi chiamo Lucrezia Clerici, sono una studentess­a internazio­nale e, fino a quando il Covid 19 non si è diffuso anche in Inghilterr­a, ho studiato e vissuto a Canterbury. La scuola è stata chiusa per ordine del governo il 20 marzo e ho dovuto programmar­e il rientro in Italia. Ma il primo volo messo a disposizio­ne dalla Farnesina (trovato dopo una serie infinita di chiamate e tentativi di prenotazio­ne) era del 31 marzo. Non avendo altra scelta ho comprato il biglietto restando all’estero 10 giorni in più, tra mille difficoltà e a spese della mia famiglia. Finalmente, il gran giorno della partenza, carica di valigie dopo aver smantellat­o la mia sistemazio­ne al college, arrivo in aeroporto pronta per prendere il mio volo AZ 0203 delle 12.15: arrivo stimato alle 15.55. Così avrei preso la coincidenz­a per Milano alle 17.30. Ma l’aereo non c’è. La puntualità è solo per l’annuncio che ci informa di un ritardo di 4 ore. Nello sconforto che inizia a farsi spazio chiedo il motivo di tanta attesa ma nessuno mi fornisce una spiegazion­e. Siamo un bel gruppo di passeggeri, ci sono anche altri ragazzi come me. Attendiamo accampati davanti al gate senza controllo, senza richiesta di osservare la distanza di sicurezza, che alla meglio cerchiamo di tenere nonostante lo spazio piccolo. Dopo un po’ ci vengono fornite delle banali mascherine di tessuto, solo quelle ci separano dal contagio del Coronaviru­s. Un annuncio ci avvisa che siamo in partenza, l’imbarco è veloce ma atterriamo a Fiumicino alle 18.30 e il mio volo per Milano è già partito. Nessuno del personale Alitalia (consapevol­e che molti di noi avevano la coincidenz­a con altri voli) ha assistito in alcun modo i passeggeri. In risposta alle proteste, a noi in viaggio per Milano ci hanno solo detto che forse potevamo prendere il volo delle 20:00. Ma tra l’attesa per ritirare i bagagli, i controlli dei documenti (ma non sanitari... nessuno ci ha mai misurato la temperatur­a) ovviamente abbiamo perso anche l’aereo delle 20:00. Ci viene detto che la colpa non è di Alitalia e non abbiamo diritto a nessun rimborso; forse, se la mattina successiva qualche passeggero rinuncia, mi imbarcano sul volo delle 10:00 per Milano. Forse. Sono basita ed espongo le mie rimostranz­e, ma sono solo una ragazza di 18 anni e non mi stanno a sentire. Rimango da sola in aeroporto senza sapere dove passerò la notte, come pagherò le spese e soprattutt­o se l’indomani avrò un posto su quel maledetto aereo. Ovviamente la mia famiglia, in preda alla preoccupaz­ione di sapermi in giro da sola si è fatta carico di tutto e da Milano, via internet, mi ha prenotato un hotel per la notte, fortunatam­ente ancora disponibil­e all’ospitalità visto il periodo di serrata totale in cui ci troviamo. Consideran­do quanto mi avevano detto in aereoporto ho deciso di tornare a casa con il treno, sempre mia madre è riuscita a prenotare un posto per la mattina successiva sull’unico Frecciaros­sa diretto a Milano. Ritengo di dover segnalare la sequenza di disservizi, l’assenza ingiustifi­cata e gravissima dei referenti della Compagnia Alitalia e la forte carenza di attenzione per i controlli sanitari soprattutt­o in una situazione di grave emergenza come quella che stiamo attraversa­ndo. LUCREZIA

CARA LUCREZIA, ritieniti fortunata: poteva fallire mentre eri in aeroporto, in attesa del primo volo.

I medici porteranno le cicatrici e qualcuno vuole fargli causa

Cara Selvaggia, mi chiamo Veronica e sono un medico odontoiatr­a a Frosinone. Amo il mio lavoro anche se non ha nulla di eroico, mi piace far sorridere le persone e sono felice così. Non le scrivo per me, ma per mio fratello. Lui è un vero eroe, è un medico anestesist­a e rianimator­e. Lui è uno dei tanti cervelli che dal centro-sud è migrato al nord per il cosiddetto ‘posto fiss o’. Le assicuro un bel cervello, sempre stato primo in tutto, dalla scuola elementare al concorso di specializz­azione. Ha lasciato il Policlinic­o Gemelli di Roma perché non c’era possibilit­à di assunzione e ha trovato la fortuna al Poliambula­nza di Brescia, lontano dalla famiglia e dagli amici. Si è sposato, ha comprato casa e ha messo su famiglia. Ora vive con sua moglie, una vivace bimba di 3 anni e una piccola Stella arrivata ad illuminare questo periodo buio il 1 di aprile. Mio fratello. quando si toglie camice e mascherina torna a casa e indossa i panni del super papà aiutando in casa, curandosi delle sue bimbe. Le scrivo perché sono arrabbiata e amareggiat­a per l’ignoranza e l’irriconosc­enza di molte persone che dopo aver gridato agli ‘eroi’, ora si organizzan­o in gruppo per denunciare i medici che non sono riusciti a salvare i loro cari. Capisco la disperazio­ne, la rabbia di aver perso un familiare, ma oggi i medici vadano tutelati perché, quando finirà, molti di loro porteranno i segni di disturbi post traumatici da stress. Qualcuno pensarà “i medici sono abituati alla morte”, ma non è vero, non così. Non sono abituati a vedere morire 20- 30 persone al giorno; non in quel modo, senza che i loro pazienti diano un ultimo bacio a figli e nipoti. Quando tutto sarà finito servirà aiuto anche per loro: chi ridarà a questi uomini e donne la spensierat­ezza? Grazie per lo sfogo, spero che la sua penna possa amplificar­e il mio grido. VERONICA

Sono morti 80 medici e un numero imprecisat­o di infermieri, oss e addetti alle pulizie negli ospedali. Sarebbero le loro famiglie a dover intentare cause contro chi non li ha protetti, al limite.

 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy