Wuhan prova a guarire anche l’economia
Fabbriche e uffici riaperti: per la città-simbolo ci vorranno mesi per colmare il gap
Irreali
sorrisi a volto scoperto si sono allargati su facce stupefatte, senza mascherine, qualche ora fa a Wuhan. Nella città focolaio del Corona è stato smantellato il labirinto giallo, quel serpente di barriere che sigillava un quartiere dall’altro e rendeva prigione un’intera città. I cittadini hanno aperto le porte delle case e sono usciti dai compound, complessi abitativi, dove sono rimasti immobili per due mesi di isolamento totale. Ora un passo dietro l’altro, inseguendo il loro stupore, passeggiano i wuhanesi: da domani, ufficialmente, potranno anche varcare i confini della megalopoli verso altre latitudini patrie. Devono abbracciare la sfida della riapertura e quella più gravosa della prossima rinascita, che Pechino già celebra con timido trionfo nei telegiornali allineati.
Al teatro di Qintai una squadra di volontari spara disinfettante con fucili dorati, in scafandro bianco, tra le poltroncine rosse per chi si siederà ad assistere al prossimo spettacolo. Ragazzi si scattano foto intorno alla pagoda della Gru gialla, quartiere Wuchang: immagini che provano che dove l’incubo è iniziato, è finito prima che nel resto del mondo.
GLI ABITANTI PASSEGGIANO sul ponte del fiume Yangtze ma lì accanto al lussuoso centro commerciale Wuhan International Plaza, nessuno entra: comprano fiduciosi cibo dagli ambulanti sui marciapiedi. Passano i bus, incrociano i percorsi delle auto, rimangono i mezzi in fila ai semafori di strade non più spettrali. Gli operai, dopo settimane di chiusura, hanno risentito di nuovo il cigolio dei cancelli aperti delle fabbriche d’acciaio e dell’industria automobilistica.
Lo spessore dell’emergenza virale è ridotto a poco più di una linea sottile sui grafici, il Covid-19 è in gabbia come prima lo erano i cittadini: gli ultimi 54 nuovi casi sono “d’importazione”, non domestici. Nove su 13 distretti sono fuori pericolo o, nel gergo del direttorio del Consiglio di Stato, risultano “a basso rischio epidemiologico”, come l’intera provincia di Hubei.
“L’EPIDEMIA CAUSERÀ problemi allo sviluppo economico nel breve periodo, ma non fermerà lo slancio di crescita a lungo termine”. Ieri la ripresa plurale e simultanea di lavori e servizi è stata “migliore del previsto”, più rapida di quanto pronosticato, ha confermato il vice-sindaco Hu Yabo: la produzione delle maggiori imprese ha registrato subito una percentuale che sfiora il 100%, mentre quella delle società di servizi ha superato il 93% della capacità produttiva. Sostegno a pioggia alle aziende dal governo: sussidi, riduzioni delle tasse e liquidità; un fondo iniziale di 20 miliardi di yuan - poco meno di 3 miliardi di dollari - per uscire dal pantano.
Culla del virus, Wuhan è divenuta ormai sinonimo di epidemia. Soggetto non più di epidemiologi ma di economisti, la megalopoli teme di essere associata per sempre al virus che ha fatto crollare sistemi sanitari e Borse del mondo. Nonostante la propaganda della vittoria dello Stato cinese sul Corona, tutti sanno che non ci sarà resurrezione subitanea, ma un inclemente risveglio. Il Covid-19 ha provocato moltissimi “danni significativi”, dichiara Chen Bo, professore di Economia dell’Università di Wuhan: “La perdita fiscale è pari a un miliardo di dollari, l’impatto psicologico per investimenti futuri e turismo durerà”. I wuhanesi sono sopravvissuti, ora dovrà provare a farlo il loro business.
Tornati in strada Gli abitanti stanno riprendendo le loro abitudini, ma la ripresa degli affari è assai più lenta