Governo di unità entro Pasqua Ma a rischio festività ebraiche
premier Benjamin Netanyahu è impegnato in queste ore negli incontri con il leader di Blu e Bianco, Benny Gantz per la formazione di un governo di unità nazionale. L’intenzione è quella di accelerare le trattative per raggiungere un accordo prima dell’inizio della Pasqua ebraica, il Pesach, o meglio la settimana di festività, il Passover, che durerà fino al 15 aprile. In realtà l’intera celebrazione – a partire dalla cena del seder – potrebbe saltare travolta dell’inizio della serrata totale contro il coronavirus che il premier starebbe per attuare. Finora infatti, Israele ha registrato 8.611 casi e 53 vittime. In Cisgiordania i contagi sono 225 e un morto, mentre a Gaza gli infetti sono 12, per un tasso di mortalità dello 0,65%: uno dei più bassi al mondo. Nonostante questo però Netanyahu ha introdotto misure di contenimento graduali che – con l’arrivo delle festività – ha deciso di inasprire partendo dallo stop alle processioni per la domenica delle Palme, suscitando le rimostranze degli ortodossi. L’Autorità nazionale palestinese ha chiuso moschee e chiese, compresa quella della Natività a Betlemme.
IERI MATTINAufficiale su Twitter, Johnson o chi per lui, ha inviato un messaggio rassicurante: “Sono di ottimo umore e in contatto con il mio team, per lavorare insieme nella lotta a questo virus e per proteggervi tutti”. E ancora: “Vorrei ringraziare il brillante staff dell’Nhs che si sta prendendo cura di me e di altri in questo periodo difficile. Siete la parte migliore del Paese”. Un riconoscimento quasi obbligato, sulla scia dell’omaggio già presente nel discorso di Elisabetta e della ondata di sostegno al servizio sanitario che sta attraversando il Regno Unito. Ma accanto alle parole di gratitudine e agli applausi per medici e infermieri che uniscono i britannici ogni giovedì alle 8 di sera, c’è la rivolta del personale medico, mandato al fronte senza maschere, guanti, visori. Il 23 marzo scorso, quando Johnson non risultava ancora infetto, 4.000 fra infermieri e medici gli avevano rivolto un appello pubblico chiedendo l’invio di materiale protettivo. Che, malgrado grandi promesse del governo, dopo due settimane non è ancora arrivato in molti ospedali. L’Nhs, il primo servizio sanitario pubblico della storia, è una creatura laburista di cui i britannici vanno fierissimi. È anche una delle grandi vittime di una lunga stagione di austerità, gestita da successivi governi conservatori. Anni di tagli, ridimensionamenti, stipendi congelati, scontri fra il governo e il personale, manifestazioni di piazza. Nel 2017 proprio Johnson, come l’attuale ministro della Salute Matt Hancock e i conservatori più in vista che oggi applaudono l’Nhs, votarono contro la proposta laburista di sbloccare gli stipendi pubblici, compresi quelli del personale infermieristico, e alcuni gioirono sguaiatamente della sconfitta di quella proposta, con commenti del livello: le infermiere non arrivano a fine mese perché non sanno gestire i soldi. Johnson ha strumentalizzato la crisi dell’Nhs, prima durante la campagna per il Leave al referendum su Brexit, quando si faceva campione della promessa di liberare, una volta usciti dall’Ue, 350 milioni a settimana per la Sanità. Poi, durante la marcia per le politiche vinte a dicembre, promettendo grandi risorse al sistema sanitario. Promesse non ancora mantenute. La responsabilità, oggi, dell’impreparazione dell’Nhs è politica, e che ora la vita di Johnson dipenda da un sistema sanitario che ha contribuito a scarnificare è una svolta beffarda. Intanto i morti in ospedale alle cinque di pomeriggio di ieri erano 5.373, un aumento di 439 sul giorno precedente, in calo rispetto al picco di 708 sabato. Ma nella conferenza stampa giornaliera il Chief Medical Officer Chris Whitty, uscito guarito dall’isolamento, ha dichiarato di non sapere quando aspettarsi il picco di decessi.