Il Fatto Quotidiano

MASTERIZZA­TI

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vono testi difficili con un presunto significat­o da smontare, categoria che lui non detestava per il preciso motivo che in lui tutto si ribella all’alternativ­a, che lui era ed è del tutto estraneo alla dicotomia tra impegno e disimpegno, ironia e pesantezza, etica e estetica, politica e intratteni­mento.

Battiato è indife ndibile perché non è raggiungib­ile da nessun attacco, è un ingegnere di cattedrali matematich­e e liriche inespugn abili, sia da un verso che dall’altro, l’inventore di una Fortezza Bastiani che non esistendo esiste.

È il Battiato interiore che difendo, autore di stringhe testuali che riemergono dalla coscienza come i versi di Eliot o di Pessoa (amato e citato nella sua canzone più splendente, Segunda feira de Lisboa ), inventore di armonie consolator­ie e assurde come le preghiere, fonti interiori di conforto e di sempre nuove associazio­ni mentali.

Torneremo ancora, l’ultimo brano di Battiato (in tutti i sensi, anche fisico) è forse un esperiment­o di m ar keting, più che un testamento, e il canto di un corpo esausto. Perciò è un altro verso, l’ultimo di Come un cammello in una grondaia, che viene a soccorrerc­i in questi strani orribili giorni: “Come piombo pesa il cielo questa notte Quante pene e inutili dolori”.

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