Battiato canta ciò che vuole (e non c’è niente da capire)
Chiariamo
subito: non siamo qui a difendere Franco Battiato dall’accusa di aver scritto testi che a leggerli bene sono “minchiate assolute” (così ieri la scrittrice Michela Murgia, scherzando su YouTube con la scrittrice Chiara Valerio, al contrario ammirata dalla suggestività dei versi del suddetto) per affermarne invece la profonda catarsi, la mistica elevatezza, l’intrinseca filosofia.
Chiariamo subito: non siamo qui a difendere Franco Battiato dall’accusa di aver scritto testi che a leggerli bene sono “minchiate assolute” (così ieri la scrittrice Michela Murgia, scherzando su YouTube con la scrittrice Chiara Valerio, al contrario ammirata dalla suggestività dei versi del suddetto) per affermarne invece la profonda catarsi, la mistica elevatezza, l’intrinseca filosofia. Gioco troppo facile, peraltro già scassato da Edmondo Berselli in Venerati maestri: qualcuno in vena di rivelazioni alla Fantozzi (il capolavoro X è una cagata pazzesca) dice che Battiato fa il profondo mentre non lo è affatto, e subito qualcuno tra i suoi fan ( adepti? Fulminati?
Dis cepol i?) ci casca, e si mette a sciorinare i suoi testi più pregni e significativi, a dire del Poeta la Poesia, del Maestro la Maestria, del Venerato la Venerabilità. Eh, no. Lasciamo l’ovvio a chi non ha capito niente di Battiato, e in questo non sia letta alcuna presunzione di averlo capito, avendo semmai dato per acquisito che in lui, in questo creatore di immagini, enigmi, personaggi e fantasmi, di musica sottomarina, tropicale, religiosa, superficiale e cosmica, non c’è niente da capire.
PER LUI È SEMPRE valsa la legge di Carmelo Bene: “Il talento fa quel che vuole, il genio fa quel che può”, e figuriamoci se a Battiato sia mai importato che lo si giudicasse un autore troppo astruso o esoterico, o un produttore di nonsense ecalembour per fare rima, se insomma queste categorie avessero un qualche senso per lui. Cosa cambia se uno capace di scrivere versi come “Cuccuruccuccù paloma ahia-ia-ia-iai cantava… Da quando sei andata via non esisto più. Il mondo è grigio il mondo è blu” accanto a versi come “Dio differisce dalla pietra perché questa, dice, è finita. La teologia vi invita anzi vi impone di immaginare una pietra infinita”, sia uno toccato dal Demone, dalla Grazia, o ci stia solo prendendo in giro? Come perdonargli “L’esotomia I’IBM-azione de-cloro-de-fenilchetone essedi- etilizzazione” accanto alla facilità commovente de La cura?
Lui è sempre stato fuori dalla Macchina, specialmente da quella del Significato. Ha sempre rifiutato di essere artista di Stato, persino quando andava alla Radiotelevisione Italiana e cantava in playback con una faccia che era tutto un programma di lontananza e di sovranità personale e artistica; così come di essere un ribelle, un outsider, benché cercasse l’oblio lisergico quando tutti andavano in India a cercare sé stessi, e quando tutti volevano i soldi e la notorietà lui frequentava amici sufi e dervisci rotanti, infatti partecipava a Un disco per l’estate (con Fisiognomica!) e poco dopo incontrava il filosofo Sgalambro, che gli offrì testi in greco antico, citazioni di Platone, versi di Baudelaire, filastrocche, e Lux eterna Domine in excelsis Deo tra noi due ho scelto me.
È paradossale che oggi, nel 2020, quando è risucchiato nell’assenza di sé e nell’afonia sotto la cura dei parenti (come i grandi attraversati dai fulmini, come Nietzsche), Battiato sia finito, nella geografia dell’Italia musicale, dentro il calderone degli impegnati o quantomeno degli impegnativi, quelli che scri