Il Fatto Quotidiano

Caro Marco

La conurbazio­ne dei dividendi nel gruppo Gedi: che fatica guidare un quotidiano

- » ANTONIO PADELLARO

Caro Marco, il 25 Aprile è la festa della Liberazion­e, e anche della Costituzio­ne a cui abbiamo dedicato fin dal primo numero il nostro giornale. Rappresent­a dunque un’occasione per chi fa il nostro mestiere: ricordare l’i mp o rt a nz a dell’articolo 21 della Carta, presidio di quella libertà di stampa e di opinione che va difesa sempre e da ogni attacco. Vorrei farlo alla larga da quella retorica bolsa e pontifican­te che entrambi detestiamo, aiutandomi se ci riesco con il sorriso amaro dell’ironia. Quando, un secolo fa, facevo il mozzo nelle sentine del Corriere della Sera, il mio sogno (come tutti quelli alla catena) era di diventare un giorno direttore. Non certo della prestigios­a testata: presuntuos­o sì, ma non del tutto stupido, considerav­o modelli inarrivabi­li gli Spadolini, Ottone, Cavallari, Stille e le altre divinità che in quegli anni avrebbero poggiato le loro terga sulla cattedra adornata dalla maestosa (e forse ancora intonsa) Encicloped­ia Treccani.

Oggi, se leggo che qualche bravo e stimato collega è stato nominato direttore di un grande quotidiano vorrei stringergl­i commosso la mano e dirgli che mi dispiace tanto. Tra un momento cercherò di spiegarti il perché. Prima di tutto però grande rispetto e stima, neanche a dirlo, per chi è stato chiamato alla guida di Repubblica­e Stampa, firme di assoluto valore (con Massimo Giannini ho sempre sentito una certa sintonia di idee). Anche se non mi è chiaro per quale motivo sia stato cacciato Carlo Verdelli che bene aveva fatto, con il sostegno della redazione e dei lettori. Per carità, siamo nella normalità dei rapporti tra proprietà e direzione, e pur cercando di farmi i fatti miei ho provato, ti confesso, un certo smarriment­o quando per saperne di più mi sono inoltrato, incoscient­emente, nel comunicato dell’editore. Infatti, dopo qualche passo mi sono perso tra Cir, Gedi, Exor, Giano Holding, Mercurio, Sia blu. Poi, bloccato del tutto quando ho cercato di capire (ma non ho la testa per certe cose) come fa Exor ad avere il 60,9% del capitale e il 63,21% dei diritti di voto, con rassegnato sconforto ho atteso che Giano o Mercurio mi conducesse­ro all’uscita. Improvvisa­mente ho avuto come un’apparizion­e: non era la Madonna, ma un giovane uomo dal’aria cordiale e sorridente. Si chiama John Elkann mi ha spiegato Gedi, ed è il presidente molto umano di questa meraviglio­sa conurbazio­ne di dividendi che a te (a me) che non capisci niente appare come un dedalo inestricab­ile di accomandit­e e società di diritto. E dove posso trovarlo, chiesi timidament­e? Ad

Amsterdam, e anche a Londra, e anche negli Stati Uniti, disse Sia blu con la soavità di chi deve spiegare a un non vedente i misteri della Luce: in quel preciso istante finalmente compresi il fenomeno della transustan­ziazione dell’editore. Qui, caro

Marco, vengo al punto. Che mestiere è diventato oggi quello del direttore che ogni giorno, oltre alla fatica di fare il giornale, di combattere con la crisi delle edicole, di confrontar­si con le giuste preoccupaz­ioni dei colleghi, non sa più a quale holding votarsi? Lo chiedo a te con il leggero rimorso di chi cinque anni or sono ti passò il testimone sapendo che saresti imbiancato precocemen­te. Ma anche con la serena consapevol­ezza che il nostro amato brigantino Fatto Quotidiano, non sarà mai di proprietà di alcune figure mitologich­e con triplo domicilio fiscale. Questo, come vogliamo chiamarlo, apologo della realtà mi è sembrato il modo più giusto per celebrare il mio, il nostro, 25 Aprile.

Che mestiere è diventato quello del direttore, che oltre alla fatica di fare il giornale, non sa più a che holding votarsi?

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Ansa A “Rep” Maurizio Molinari
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