Il Colle sul caso Di Matteo: “Fece tutto il Guardasigilli”
Il Quirinale conferma la versione di Via Arenula: nessuna pressione dall’alto
Isospetti e le allusioni, pervicaci e resistenti, aleggiano dall’inizio della settimana. Chi è il “Qualcuno” che avrebbe bloccato l’ascesa al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del magistrato Nino Di Matteo? E così mercoledì 6 maggio è stato Il Giornale per la firma di Augusto Minzolini a mettere al centro dei veleni il presidente della Repubblica. Sarebbe stato lui con la sua tradizionale moral suasion a bloccare la nomina del pm diventato simbolo del processo sulla Trattativa fra Stato e mafia, nel periodo di transizione fra la Prima e la Seconda Repubblica.
PER SUPPORTARE la tesi, viene ovviamente ricordata la brutta e imbarazzante storia delle quattro telefonate distrutte tra Giorgio Napolitano, predecessore di Mattarella al Colle, e Nicola Mancino, l’ex ministro dc imputato poi assolto nel processo sulla Trattativa. Viene anche riportato un dettaglio che illumina meglio questa versione. È all’interno di una parte dei Cinque Stelle che alligna questo sospetto: “Il no a Di Matteo non è farina del sacco di Bonafede. È venuto da molto, molto in alto”.
Lo stesso 6 maggio, alla Camera, il Guardasigilli Alfonso Bonafede interviene durante il question time. L’occasione ideale per smentire, in Parlamento: “Nel giugno del 2018 non vi è stata alcuna interferenza, diretta o indiretta, nella nomina del capo del Dap”. Il riferimento, trapela da ambienti della Giustizia, vale soprattutto per il Quirinale. Ma questo non basta a stroncare le allusioni. L’ultima è arrivata venerdì sera aSono le venti, il tg di Peter Gomez sul
Nove. Sul caso Di Matteo viene interpellato un grillino di rango: Nicola Morra, a capo della commissione parlamentare Antimafia. È lui a rilanciare la tesi del mandante istituzionale. Morra dice di “pensare a qualche precedente vertice istituzionale”. Continua: “È noto a tutti che il dottor Di Matteo nelle sue indagini sarebbe inciampato in alcune intercettazioni che poi, se non ricordo male, sarebbero state distrutte, salvo potersene trovare qualche copia forse a Caltanissetta e dintorni”. Gli chiedono di Napolitano e Morra risponde che “il riferimento è puramente voluto e intenzionale”.
Ancora la Trattativa, ancora le intercettazioni. Morra non cita Mattarella ma la tesi del mandante istituzionale si basa anche su una presunta e alquanto improbabile continuità tra l’attuale capo dello Stato e il suo predecessore. Laddove, nella gestione delle crisi politiche e di alcuni dossier delicati, è stata smentita in modo plateale. Epperò quando si parla di “manina dall’alto” in questo caso scoppiato una settimana fa nella trasmissione di Giletti su La7, l’ala irriducibile del grillismo filo-Di Matteo pensa spesso al Colle più alto.
ED È PER QUESTO che al Quirinale apprendono con fastidio e irritazione le allusioni sul “Qualcuno” che avrebbe bloccato la nomina del pm al Dap. Si ripete che “il presidente non entra mai nelle scelte di ogni singolo ministro e che Bonafede non ha mai consultato il Quirinale”. Ma soprattutto si ricorda il contesto in cui avvenne il 27 giugno l’investitura di Francesco Basentini, altro magistrato, all’epoca procuratore aggiunto a Potenza. Nei giorni precedenti c’erano stati gli incontri tra Di Matteo e Bonafede ed erano uscite le intercettazioni sui boss “preoccupati” per la possibile nomina del pm di Palermo al Dap. Il nome di Di Matteo, poi, era già circolato come probabile ministro o sottosegretario del primo governo di Giuseppe Conte. Ed è proprio la nascita dell’esecutivo gialloverde il contesto richiamato dal Colle. Il 27 maggio, infatti, Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista chiedono pubblicamente l’impeachment di Sergio Mattarella per la bocciatura di Paolo Savona al ministero dell’Economia. Ergo, un mese dopo i rapporti tra il capo dello Stato e i Cinque Stelle, compreso il premier Conte, sono riassumibili nella classica formula del “grande gelo”. Non solo. A distanza di poche settimane dall’affaire Savona con la richiesta d’impeachment, Mattarella si sarebbe messo a brigare contro Di Matteo, aprendo un altro fronte di guerra nei Cinque Stelle?