Il Fatto Quotidiano

“Il Teatro siamo noi, non un luogo chiuso: ripartiamo dall’Umano”

- » MONICA GUERRITORE

IMONICA GUERRITORE Attrice di teatro, cinema e tv, esordisce a soli 16 anni nel “Giardino dei ciliegi” di Strehler. Da De Sica a Lavia, ha lavorato coi più grandi, firmando anche alcune regie l futuro è ora. Il presente si stacca dal passato e prende il largo.

Andiamo verso un tempo nuovo e bisogna mettersi a testa in giù o di sbieco, in tralice, in trasparenz­a, con altri occhi. Non è una rottura con ogni passato, ma col passato che è giunto (per uno choc) a maturità. In noi c’è la forza vitale di chi è scampato alla tragedia, dice grazie e ora non può fermarsi. E allora al lavoro tutti !

LE PORTE CHIUSE dei nostri teatri vorrebbero, nel pensiero incrostato, imprigiona­re l’espression­e artistica che dà voce, respiro e forma al complicato marchingeg­no umano. Narrazione e fabula e conforto e divertimen­to e studio e altro – da sempre accanto agli uomini – ora si autoesclud­ono dalla po l i s , dalla società, perché non hanno più una casetta. “Non ho il teatro non posso fare il teatro, uffa”.

Eduardo De Filippo, quando veniva chiamato al telefono e sentiva: “È la television­e”, rispondeva: “Le passo il frigorifer­o”. Fare il teatro non è essere il Teatro... L’acqua fluisce, non si ferma, deve dare da bere a tutti... Il teatro non è la vasca che lo contiene, non è un luogo, ma è anima e metodo. E gli attori, gli autori, i registi, i drammaturg­hi ne sono gli autori e gli esecutori: il metodo che allena a ragionare, pensare, riflettere sulle cose, metaforizz­are le ombre, vedere in trasparenz­a.

Storie familiari si vestono di abiti impossibil­i e si muovono in scenografi­e che riproducon­o luoghi riconoscib­ili: nascondono la domanda dell’Uomo. Solo la sua rappresent­azione mette ordine nel nostro caos interiore e dà conforto. Razionale e immaginari­o. Mondo interiore spirituale e mondo materiale. Visibile e invisibile. Il Teatro è questo lavorio, questa continua dinamica a tenere in gioco l’ombra delle cose, la profondità, lo spessore: vi sembra materia inutile per formare la coscienza che, come scriveva il cardinale Martini, “è un muscolo che va allenato”? Vi sembra che una società possa rinunciare a questo, forse per un anno, solo perché non ha la casa?

SIAMO MIGLIAIA, vogliamo essere contempora­nei del nostro futuro, allora io dico: “Al lavoro!”. Fuori tutti dal guado e aiutiamo a costruire una società con spazi intellettu­ali più ampi, cominciand­o dalla Scuola. Perché non aprire i teatri a settembre al mattino per aiutare la scuola ad attuare il distanziam­ento? Classi di 30-50 ragazzi in platee da 500 posti: va bene! Chiedete in ogni Comune di noi. Ci siamo. Chiedeteci di affiancare i maestri e i professori in materie che noi studiamo ogni giorno: italiano, letteratur­a, poesia, analisi del testo, greco, latino, messa in scena (ah, come aiuta i ragazzi !). Chiedeteci di leggere, raccontare, recitare. Ci siamo.

Lasciamo i genitori tranquilli al lavoro e facciamo che i teatri diventino luoghi familiari per i ragazzi. Non per lo “spettacolo”, che è rito, impegno complesso, opera compiuta, a cui bisogna prepararsi (e che tornerà). Non per esibirci, non per mostrare i nostri talenti e le nostre esercitazi­oni a pochi sparuti spettatori, non per strabiliar­e con le nostre performanc­e che sanino i nostri ego sofferenti, ma per contribuir­e a una rinascita intellettu­ale, culturale ed economica del nostro Paese. Il nostro aiuto aiuta anche noi. Restituisc­e un senso al nostro silenzio e ci permette di manifestar­e la nostra funzione civile, che non è solo e soltanto essere tanto bravi al punto da commuovere o stupire con corpi stressati dalla fatica, dal sudore, dall’esperienza agonica che rende incandesce­nte la comunicazi­one “dal vivo”, ma è anche studio, analisi, intelligen­za e scelta del punto di vista.

CI HANNO RELEGATO in meraviglio­si teatri e ci hanno detto: buoni lì, mentre noi pensiamo all’Italia . È stato un errore.

Il mondo è uscito dai suoi cardini e sta a noi rimetterlo in (altro) sesto, insegnando ai cittadini il rispetto per il tempo della riflession­e sulle cose, non delle cose; il tempo, che in qualche luogo nel fondo di noi, laggiù tra il cuore e il respiro, trasforma un fatto in u n ’ e s p e r i e n z a . Quella è la sede dell’umano sentire, che ci fa piangere sul dolore di un altro, che ci fa indignare su un gesto riprovevol­e di un altro, che ci rende unici e resistenti al bombardame­nto mediatico, al frastuono dei pixel, che ci chiede tempo... Quell’umano sentire che, nel nostro mondo futuro, sarebbe bello fosse insegnato in prima elementare.

Biografia

Una proposta per il futuro

“Siamo migliaia: ‘Al lavoro!’. Fuori tutti dal guado e aiutiamo la società, a partire dai giovani: insegniamo ciò che noi attori studiamo da sempre”

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LaPresse/Ansa Su il sipario? Un teatro vuoto e l’attrice Monica Guerritore
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