Il Fatto Quotidiano

“Bene il dl Bonafede: liberare i boss è come dimenticar­e le stragi”

Intervista al procurator­e aggiunto di Firenze

- » ANTONELLA MASCALI

Il decreto antiscarce­razioni dei mafiosi “è opportuno. Non dobbiamo mai dimenticar­ci delle stragi mafiose, dei lutti, delle vittime”. A parlare con Il Fatto è Luca Tescaroli, attuale procurator­e aggiunto di Firenze, prima pm a Roma. Negli Anni 90 tra i giovani magistrati che volle andare nella frontiera antimafia, in Sicilia. A Caltanisse­tta è stato pm del processo per la strage di Capaci. Fu tra i primi, con l’inchiesta “sistemi cr im in al i” a capire che le bombe del ’92-’93 avevano dietro non solo Cosa Nostra, ma pezzi deviati dello Stato: “Non dobbiamo dimenticar­e le stragi - prosegue - perché bisogna ricordare il pericolo per la democrazia che è la mafia. Ricordo che, con riferiment­o alle bombe del 1993, il presidente del Consiglio (Carlo Azeglio Ciampi, ndr) disse di aver avuto paura che fossimo a un passo da un colpo di Stato”.

Perché il decreto anti scarcerazi­oni le fa venire in mente quegli anni tragici? Perché c’è sempre un rischio di rimozione, di disattenzi­one. Perché il silenzio costituisc­e l’ossigeno vitale in virtù del quale i sistemi criminali mafiosi si riorganizz­ano e si rafforzano, con la conseguenz­a per tutti di diventare un po’ meno liberi. Soprattutt­o fa dimenticar­e il grave pericolo che rappresent­a la mafia per la tenuta dello Stato e ciò può indurre a interpreta­zioni giurisprud­enziali che vanno incontro ad aspettativ­e dei mafiosi, pur essendo dettate da sentimenti umanitari, anche alla luce della pandemia che stiamo attraversa­ndo”.

Cosa significan­o per lei le scarcerazi­oni, gli arresti domiciliar­i concessi dai giudici a detenuti per mafia, in questi due mesi di emergenza coronaviru­s? Penso alle vittime, a chi ha accusato quelle persone e se le ritrova nel suo territorio. Il loro ritorno può riaffermar­e la forza della criminalit­à mafiosa e può dare l’impression­e di una concession­e da parte dello Stato. Questo dovrebbe tenere a mente chi è chiamato a prendere decisioni.

Quindi lei sta criticando le ordinanze dei giudici che hanno preso quei provvedime­nti...

Lo spirito di servizio mi impone il massimo rispetto delle decisioni di ciascun magistrato. Occorre avere una sensibilit­à a ogni livello, non si può attribuire la responsabi­lità a quel giudice o a quell’altro, ma a un sistema. Il sistema penitenzia­rio deve essere efficace per tutelare le garanzie dei cittadini, soprattutt­o di quelli che sono esposti alle aggression­i mafiose. Non si può dimenticar­e la peculiarit­à della mafia altrimenti si rischia, ribadisco, che la mafia ottenga quello che voleva , a suon di bombe, nel ‘92-‘93. Il governo con questo decreto ha detto proprio questo, pur rispettand­o doverosame­nte l’autonomia dei magistrati che sempre saranno chiamati a decidere sulla base di tutte le informazio­ni.

Quindi trova necessario il decreto che prevede una rivalutazi­one delle ordinanze anche sulla base di indicazion­i del Dap su possibili strutture sanitarie del circuito penitenzia­rio dove far stare i detenuti malati?

A me è parso opportuno, fermo restando la libertà di scelta della classe politica.

Cosa pensa delle accuse al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede di essere responsabi­le di quelle scarcerazi­oni?

Preferisco al riguardo non prendere posizione perché non mi compete, la sua domanda esula da valutazion­i tecniche, le uniche che può fare il magistrato. Dico, però, che contano le iniziative. Prima del decreto di sabato, ce n’è stato un altro, a fine aprile, sempre su proposta di Bonafede, sulle istanze di detenuti mafiosi ( o loro “gregari”): è obbligator­io il parere della Direzione nazionale e delle direzioni distrettua­li antimafia. Cosa ne pensa?

È estremamen­te utile, per i giudici che devono decidere, disporre delle informazio­ni che derivano da chi ha il polso della situazione. Dispongono in questo modo di risultanze specifiche sui detenuti per mafia che presentano istanze, frutto di processi o di indagini in corso. La mafia è e deve essere considerat­a emergenza principale del nostro Paese.

Il ministro Bonafede ha dovuto rispondere alle Camere sulla mancata nomina al Dap del pm antimafia Nino Di Matteo, nel giugno 2018, dopo che il magistrato lo ha detto in tv. Che idea si è fatto?

Non ho elementi per dire alcunché sul ministro e non mi compete. Conosco da molti anni Di Matteo (hanno lavorato insieme a Caltanisse­tta, ndr) e mi riferì nel 2018 esattament­e ciò che ha detto nei giorni scorsi (il ministro mi propose di scegliere tra capo Dap e affari penali del ministero, ma il giorno dopo mi disse che mi preferiva al ministero, che rifiutai perché avevo scelto il Dap, ndr). Le polemiche, però, favoriscon­o Cosa Nostra e bisogna sempre evitarle. Sono convinto, come Giovanni Falcone, che il contrasto alla mafia non ha un colore politico, ci deve essere una unità di intenti proiettata a contrastar­la sempre e comunque.

Decreto opportuno, il ritorno dei mafiosi sul territorio può dare l’impression­e di una concession­e dello Stato

Per i giudici che devono decidere, è fondamenta­le avere informazio­ni da chi ha il polso della situazione

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy