“Svolta verde: la Bce cancelli il debito pubblico degli Stati”
La proposta di due professori francesi
Ese la Banca centrale europea accettasse di cancellare il debito degli Stati per dar loro più ampi margini di manovra e aiutarli a finanziare la transizione ecologica? È la proposta avanzata da Laurence Scialom e Baptiste Bridonneau, rispettivamente docente di Economia e dottorando all'università Paris-Nanterre.
Dottor Scialom, questa crisi sanitaria e economica rimette in discussione tutte le regole finora condivise.
Già prima della crisi del Covid-19 molte convinzioni legate al nostro modello di sviluppo stavano vacillando. Ma bisogna restare cauti. Anche durante la crisi del 2007-2008 si diceva: niente sarà più come prima. Detto questo, mi sembra che oggi si sia più consapevoli del carattere vulnerabile delle nostre economie. Emergono dibattiti sulla necessità di trasformare i modelli di produzione e di consumo per far fronte all'emergenza climatica e per combattere le disuguaglianze. Questa crisi sta riattivando le forze centrifughe in Europa, perché i paesi più colpiti dall'epidemia sono anche i più fragili sul piano economico. Il neoliberismo ha alimentato a oltranza il processo di globalizzazione, contribuendo ad accelerare la crisi ecologica e causando oggi gravi interruzioni di forniture di prodotti strategici, come le mascherine e i farmaci. Questa crisi è forse il punto di svolta e posso sperare questa volta che alle parole seguiranno i fatti. Tutti abbiamo visto che coloro che oggi si ritrovano “in prima linea” tutti i giorni, infermieri, cassieri, rider, gli “invisibili” del sistema neoliberista, rappresentano un ingranaggio indispensabile dell'economia.
In un vostro lavoro, proponete che la Bce cancelli i debiti degli Stati della zona euro. Come è nata questa idea?
Baptiste Bridonneau: da una considerazione, i livelli di debito pubblico oggi sono così elevati che vincolano ogni investimento futuro. Di qui la necessità di lavorare sulla ristrutturazione del debito pubblico. La storia ci offre molti esempi: il caso dell'America Latina negli anni 1980- 90, l'Argentina nel 2001 e quindi la Grecia. Sfortunatamente, le ristrutturazioni, con il loro impatto disordinato sul sistema bancario, possono causare più danni che benefici. Si dà il caso che la Bce presti agli Stati anche riacquistando il loro debito. In questo modo si riducono i tassi dei debiti sovrani. Ormai la Bce ridistribuisce gli interessi, ma gli Stati devono comunque rimborsare l'essenziale del loro debito! Cosa accadrebbe invece se la Bce rinunciasse al denaro che gli Stati le devono e dicesse loro di usarlo per gli investimenti? Da una parte si potrebbero finanziare i servizi pubblici e la transizione ecologica. Dall'altro si risponderebbe alla lentezza economica: dal momento che la domanda privata è debole, l'unico modo per rilanciare l'economia è giocare sulla domanda pubblica. Ma la politica monetaria, con i tassi già a zero, sta incontrando enormi difficoltà a rilanciare la domanda. Di fronte a questa impasse, la spesa pubblica è necessaria ed anzi è un bene, talmente è grande la necessità di investire in certi settori. Si risolverebbe un doppio problema, economico da un lato e ecologico-sociale dall'altro.
Perché la cancellazione dei debiti sarebbe più efficace della monetizzazione o dei riacquisti di quote nell'ambito della politica di alleggerimento monetario quantitativo?
B.B.: la Bce potrebbe rinnovare in modo costante la quota di debito che detiene degli Stati. In poche parole: potrebbe accordare nuovi prestiti quando maturano quelli vecchi. Ciò ritarda il rimborso e non aggiunge interessi. Ma condizionare le cancellazioni dei debiti agli investimenti pubblici è meglio. Si rilancia la domanda pubblica: quale governo non avrebbe voglia di investire a fronte di una cancellazione del debito per lo stesso ammontare?
Pensate che si debba applicare la regola dell'uguaglianza tra i paesi membri?
B.B.: Non necessariamente. La cancellazione dei debiti potrebbe servire anche a risolvere un altro problema della zona euro: gli shock asimmetrici. Oggi, in una zona euro eterogenea, esiste un'unica politica monetaria. Il meccanismo di cancellazione renderebbe possibile una politica monetaria differenziata. In certi Stati ci potrebbero essere più investimenti condizionati alla cancellazione dei debiti. Possiamo immaginare la riluttanza di alcuni. Che vantaggio trarrebbe la Germania se il suo debito non fosse cancellato, mentre quello dell'Italia sì? Il Parlamento europeo potrebbe stabilire dei settori prioritari in cui investire perché, anche quando a investire sono solo i paesi che beneficiano della cancellazione del debito, tutti ne traggano beneficio. Settori come le energie rinnovabili e la ricerca sui vaccini. Si aggirerebbe il problema della mancanza di un vero bilancio comune, che mina l'unione monetaria da sempre.
Ma dei paesi della zona euro potrebbero opporsi al principio di cancellazione, contrario ai trattati europei...
La ricetta Il Parlamento Ue potrebbe stabilire i settori in cui investire perché tutti nell’Unione ne traggano beneficio
B.B.: Da un punto di vista teleologico, il divieto di finanziamento degli Stati da parte della Bce ha l'obiettivo di evitare la deriva inflazionistica. Nelle circostanze attuali, mentre l'economia europea è minacciata dalla deflazione, queste regole non hanno più motivo di esistere. È necessaria una seria discussione sui trattati, e forse non è nemmeno necessario modificarli. È dunque solo una questione di rapporti di potere. Al Consiglio europeo ogni modifica richiede l'accordo di tutti gli Stati. Ma la discussione sugli eurobond mostra che l'unanimità è impossibile. Alla Bce è richiesta invece la maggioranza qualificata dei due terzi ed esiste un sistema di voto a rotazione: ogni mese quattro paesi sono privati del diritto di voto. Ciò vuol dire che per almeno due mesi all'anno il governatore tedesco non può votare. Sono i momenti per far passare le misure più delicate. Lo fece anche Mario Draghi nel 2012 quando furono instaurate le Omt ( Outright mone
tary transactions: le Operazioni che permettono alla Bce l'acquisto diretto di titoli di Stato emessi da paesi in grave difficoltà economica. Fu il momento in cui Draghi pronunciò il famoso “whatever it takes”, n
dt.). Il presidente della Bundesbank era contrario a questa misura, ma il meccanismo fu comunque adottato, anche se nella pratica non è mai stato utilizzato. Non varrebbe la pena ricorrere di nuovo ad una politica senza consenso ma che potenzialmente potrebbe salvare la zona euro?
Fino a che punto la Bce, un'istituzione non democratica, potrebbe spingersi in una politica europea senza consenso?
L. S.: È in effetti un paradosso. Se la Bce accettasse di cancellare i debiti, sarebbe la seconda volta che, in un periodo piuttosto breve, questa istituzione compenserebbe la negligenza dei governi e la mancanza di una visione politica comune per salvare la zona euro. In cambio della cancellazione, bisogna mettere sul piatto gli investimenti per la riconversione ecologica delle economie. Il momento è cruciale: si porrà il problema della ripartenza delle economie e del loro orientamento. Ecco perché la nostra idea è che, se la Bce annulla parte dei debiti pubblici, le decisioni sui progetti da sostenere non vengano presi a livello intergovernativo, ma a livello del Parlamento europeo. Questo dà legittimità democratica alla nostra proposta. La questione ecologica, poiché trascende i singoli interessi, è potenzialmente in grado di rilanciare il progetto europeo. Per riuscirci, bisogna che i popoli comprendano che esiste un legame stretto tra questa pandemia e la distruzione degli ecosistemi, la deforestazione, l'antropizzazione dei territori e la distruzione della biodiversità.
Immaginiamo che la BCE cancelli il debito degli Stati. Siamo sicuri che, alla fine della crisi, gli Stati accetterebbero di finanziare la transizione ecologica piuttosto che l'economia esistente, anche solo per salvare i posti di lavoro?
L.S.: È una domanda legittima. Essa implica il problema della svalutazione di certi attivi legati a settori ad alta emissione di carbonio destinati a scomparire o a contrarsi in modo significativo. Il governo non può permettersi di far fallire Air France perché la disgregazione sociale sarebbe enorme, ma tutti sappiamo che, per riuscire la transizione ecologica, il traffico aereo dovrà essere ridotto. La nazionalizzazione di Air France potrebbe essere fatta in cambio di un impegno forte a ridurre l'attività e a rinunciare a certi scali. La stessa logica vale per i cantieri navali che costruiscono navi da crociera giganti – una vera calamità ecologica -, e che senza dubbio incontreranno grandi difficoltà in futuro. La conversione ecologica delle nostre economie non consiste solo a investire nel “verde”, ma anche a organizzare la perdita di valore degli attivi legati a queste attività e a attenuare i costi sociali che ne deriveranno. Queste perdite potrebbero essere compensate anche dalla cancellazione del debito da parte della Bce. La cancellazione contribuirebbe alla riconversione ecologica dell'economia, per esempio con iniziative ambiziose sul mix energetico e con un programma vincolante di ristrutturazione energetica degli edifici. Permetterebbe anche di assorbire le perdite legate al naufragio delle attività nocive per il clima. Naturalmente sarebbe necessario anche un grande piano di formazione ai mestieri e alle competenze indispensabili alla riconversione ecologica. La nostra proposta è di ridare margini di manovra finanziari e di rimettere il Parlamento europeo al centro del processo decisionale in materia di transizione ecologica.
Nel 2008, molti dicevano che nulla sarebbe stato più come prima e invece nulla è cambiato. Come fare perché questa volta le cose vadano diversamente?
L. S.: Partecipando al dibattito pubblico, favorendo l'emergere di idee nuove. Credo nel contro-potere della società civile e nelle Ong. La tecnologia digitale consente l'organizzazione orizzontale ed efficiente di questi contro-poteri, come mostrato dai lea
ks che sono riusciti ad abbattere degli ostacoli per cambiare le cose. È arrivato il momento di ascoltare la società civile e di creare nuovi rapporti di potere. Il blocco delle nostre economie dovuto all'epidemia, questa pausa forzata nel trambusto delle nostre vite, deve aiutarci a pensare il mondo di domani e a darci gli strumenti per realizzarlo.