Addio Valerio, il vero Casalese che seguì sempre Don Peppe Diana
La vita di Valerio Taglione cambiò all’improvviso una mattina alle 7,30. E da allora fu una vita straordinaria. Quel giorno, il 19 marzo 1994, un tizio entra nella chiesa di San Nicola a Casal di Principe, chiede del prete. “Chi è don Peppe?”, i pochi parrocchiani presenti indicano la sagrestia. Il prete è lì. Il tizio entra e spara. Cinque colpi. Mortali. Uccide Don Peppe Diana, il prete ostinato, un angelo per la sua gente, il diavolo in persona per i boss che in quegli anni dominavano incontrastati a Casale e nell’Agro aversano. “In nome del mio popolo non tacerò”, diceva don Peppe. Ed accendeva cervello e anima dei giovani. Di Valerio, cattolico e scout, che credeva nel riscatto della sua terra e che in don Peppe vedeva uno straordinario punto di riferimento. Quante riunioni, quanto incontri, anche con gente che aveva pensieri e idee diversi. Con Renato, medico per passione e professione, comunista e cattolico, con i vecchi braccianti che di lotte per la dignità ne avevano fatte, con altri preti giovani e scout. Di don Peppe i boss spensero la voce, ma lui continuò a parlare. Perché dal giorno del suo omicidio in tantissimi, e Valerio Taglione non si fermò mai, decisero di non “tacere”, di parlare in nome del popolo di don Peppe Diana. Furono venticinque anni di lotte, paure, sacrifici, vite dedicate. Per arrivare a costruire la Casal di Principe di oggi. Con le ville e i terreni dei boss confiscati e diventati occasione di socialità e lavoro, i grandi capi in galera e per sempre. La riconquista della libertà. Valerio Taglione è morto venerdì scorso, sconfitto da un tumore. È stato un “partigiano del bene”. Uno dei tanti eroi civili partoriti dalle terre del Sud. “Non siamo Gomorra, siamo la terra di don Peppe”, diceva. E non si accontentava mai: “Dobbiamo fare ancora di più, dobbiamo battere strade, inseguire nuovi sogni, dobbiamo risalire sui tetti e annunciare parole di vita”. Valerio era un Casalese vero e onorato.