Sigarette e Cialis con i fondi contro i traffici di minori
Quattro ufficiali di Marina e un arabo contrabbandieri con soldi pubblici
Il denaro per contrastare il traffico di essere umani dalla Libia utilizzato per acquistare sigarette di contrabbando e persino confezioni di “Cialis” che viaggiavano a bordo delle navi della Marina militare italiana da Tripoli fino a Brindisi. Sono le accuse mosse nei confronti di quattro militari italiani e un ufficiale della Guardia costiera libica arrestati ieri mattina.
Sarebbero oltre 7 i quintali di “bionde” nascoste a bordo di nave Caprera e poi scoperti dall'equipaggio durante le operazioni di sbarco ed è stata proprio la denuncia del comandante di nave Caprera a far partire l’indagine che portato in carcere il Tenente di Vascello Marco Corbisiero che per l’accusa ha rivestito il ruolo chiave nella vicenda: l’ufficiale tecnico della Marina è inoltre accusato anche di aver provato a comprare il silenzio dei colleghi. Gli arresti domiciliari sono invece stati ordinati per l’ufficiale libicoMohamed Hamza Ben Abulad, per gli italiani Roberto Castiglione, Antonio Filogamo e Antonio Mosca. Per Mario Ortelli disposto l’obbligo di dimora.
Nell'ordinanza Corbisiero è dipinto dal gip Vittorio Testi come l’artefice una operazione senza scrupoli che avrebbe sfregiato “una nobile missione internazionale" tra le più "prestigiose e vitali dello Stato". L'ufficiale per acquistare i beni di contrabbando "si appropriò del denaro dei contribuenti italiani", destinato "a potenziare" la Guardia costiera libica contro il "turpe traffico di minori, donne, anziani” violentando il "prestigio della Marina, dello Stato e di ogni cittadino che, con le tasse, contribuisce nel tentativo di contenere" il traffico di vite umane.
Corbisiero avrebbe intrattenuto rapporti stretti con Hamza a cui era riconducibile una fantomatica società diventata, grazie all’intervento del militare italiano, unica interlocutrice per la forza armata. E così dall’impresa di Hamza, la Marina acquista pezzi del motore delle motovedette libiche, materiale elettrico, informatico, edile ed idraulico, ma anche sigarette, ciabatte, dentifrici, spazzolini e persino pillole di “Cialis”. I veri acquisti erano mascherati da fatture gonfiate e con causali chiaramente differenti. La società libica, in pochi mesi, incassa 123mila euro spazzando via gli oltre quaranta fornitori che fino a gennaio 2018 avevano lavorato con la Marina militare
Per il giudice Corbisiero agì “perché travolto dalla smania di accumulare denaro" fino alla “evidente e incontenibile esplosione di boria” con cui si vantò della ricchezza accumulata illecitamente. Quando però i colleghi bloccarono le sue operazioni di sbarco, Corbisiero provò a comprare “il silenzio e la complicità" di un commilitone "offrendogli in cambio" una parte del carico. Ma il carico fu sequestrato e furono avviate le indagini della procura e le inchieste interne della Marina che ieri mattina sono giunte alla prima clamorosa conclusione.