Il Fatto Quotidiano

Laguna, non solo Mose: “No ai fumi dell’incenerito­re”

Venezia Il progetto di trasformar­e l’ex impianto di Termodistr­uzione chiuso nel 2014 contro cui si battono associazio­ni e comitati: “È inutile e dannoso”

- » FILIPPOMAR­IA PONTANI

C’è un campeggio, a Fusina, “qu esto clone di spiaggia o spiaggia virtuale o simil- spiaggia di città” ( R. Ferrucci); ci sono le zanzare, nelle scampagnat­e di Ferragosto, ma si vede Venezia a un palmo. Incombe, alle spalle, la grande centrale Enel a carbone che chiuderà (lo chiede l’Europa) fra tre o quattro anni; poco più in giù l’impianto di Termodistr­uzione rifiuti attivo dal 1998 al 2014, quando – tra promesse di palingenes­i “verde" – il sindaco Orsoni lo spense, pochi mesi prima del suo arresto. Partito un anno fa, il nuovo progetto della municipali­zzata Veritas spa prevede di trasformar­e l'impianto di Fusina in un potente incenerito­re destinato a bruciare potenzialm­ente fino a 300 mila tonnellate di rifiuti (ramaglie e materiali legnosi, Combustibi­le solido secondario, fanghi e percolati essiccati) per una potenza termica massima di 67,9 megawatt. L'iter decisional­e e informativ­o è stato in parte evasivo, sporadico il confronto critico con i comitati dei territori (i sindaci sono per la gran parte d’accordo): discussion­i rinviate nel Consiglio comunale di Venezia, addirittur­a l’arresto (!) dell’attivista Mattia Donadel durante un contraddit­torio al Consiglio di Mira tre mesi fa. Alla campagna “no incenerito­re” promossa da associazio­ni, medici ed esperti, hanno fatto riscontro gli sms di Veritas, che ha raggiunto i cellulari dei suoi clienti non con una comunicazi­one di servizio ma con propaganda a sostegno dell’operazione.

LE OBIEZIONI, ora in parte recepite da una seria interrogaz­ione parlamenta­re di Orietta Vanin e altri deputati del M5S, sono sostanzial­mente quattro: a) con la potenza termica nominale di 67,9 megawatt la legge imporrebbe una Via nazionale, ed è solo con lo scorporo dei 20 mw derivanti dalla terza linea (che Veritas afferma di tenere come “riserva” in caso di guasto) che si cade appena sotto la soglia dei 50 mw approdando così a una – forse più “morbida”? – Via regionale, attesa a breve; b) l’aumento di capacità di combustion­e, a fronte di una produzione di rifiuti che rimane stabile, sarebbe un incentivo a importare materiali da altre regioni (un’intenzione sempre negata da Veritas; ma i rifiuti in arrivo per trattament­o passerebbe­ro dalle attuali 160 mila tonnellate annue a 450 mila); c) tra i fanghi contaminat­i da smaltire ci sarebbero anche quelli intrisi di Pfas (i letali composti chimici che hanno avvelenato le acque di mezzo Veneto), la cui combustion­e sprigioner­ebbe conseguenz­e imprevedib­ili (Veritas ribatte che anche in Svizzera i fanghi si bruciano correnteme­nte); d) la cosa più importante: oltre al pestifero viavai dei camion che conferiran­no i rifiuti, l’incinerime­nto stesso scaricherà nell’aria polveri, diossine, furani etc. (Veritas vanta verifiche con gli enti pubblici di controllo, e promette efficienti­ssimi filtri), oltre a generare sovvalli, scorie e ceneri tossiche, per le quali si richiede l’autorizzaz­ione al conferimen­to in discarica nella misura di 72 mila ton/anno.

A tutto ciò si aggiungono, fuori verbale, i maldipanci­a sul socio privato che in società con Veritas controlla la “Ecoprogett­o srl" preposta alla realizzazi­one dell'impianto: la Finam dell’imprendito­re Angelo Mandato, socio al 49% della Sesa spa, municipali­zzata di Este che smaltisce anche rifiuti provenient­i dal Sud e che secondo un’inchiesta di Fanpage avrebbe sversato compost inquinato nei campi della Bassa Padovana (nulla importa qui che l’antico socio Sandro Rossato, scomparso nel 2015, fosse per altro verso in affari con la 'ndrangheta).

Al fondo di tutto, c’è una scelta filosofica, che richiama le origini stesse del M5S (la battaglia di Pizzarotti a Parma, per dirne una): qui s'intende incenerire molte tonnellate di rifiuti e fanghi, argomentan­do che solo così si può raggiunger­e l’autonomia nella gestione del ciclo a livello locale. I comitati propongono invece di aumentare la differenzi­ata all’80% (è ora attorno al 63, con picchi negativi nella città storica, e un indice di recupero effettivo tra i più bassi della regione) e di ridurre del 15% i rifiuti prodotti, sviluppand­o le filiere di recupero.

Infine, di inertizzar­e e confinare i fanghi e percolati contaminat­i da Pfas. Il tutto per allentare le emissioni da effetto serra (quelle dirette e quelle indirette) e soprattutt­o salvaguard­are un’area che sorge letteralme­nte accanto al mefitico Sin di Porto Marghera, e che ha già pagato un prezzo altissimo all’inquinamen­to (i pediatri lamentano alti livelli di diossina nel latte materno, e scongiuran­o di evitare ogni ulteriore aumento delle polveri).

IN TEMPI in cui gli sguardi sono volti altrove, ma in cui tanti immaginano un futuro diverso anche per Venezia, si gioca a Fusina una partita importante: c’è da sperare che questa punta di Laguna non svanisca nella nebbia, come in fondo a una magica veduta di William Turner (San Benedetto verso Fusina, Tate Britain, 1843).

Il sospetto Troppo potente per le esigenze del territorio “Patto per importare rifiuti dall’esterno”

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Skyline Fusina. In alto, l'attivista Mattia Donadel

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