Salvini fa lo sciacallo anche contro Silvia
Gogna sulla conversione
■ La cooperante ieri a Milano. Per la sua liberazione utilizzati i droni. Polemica per il giubbotto “turco” che indossava, gli 007 italiani: “No, è nostro”
Ci sono stati depistaggi, piste ingannevoli e ritardi delle autorità keniote nella vicenda di Silvia Romano, la volontaria rilasciata dopo un rapimento durato 18 lunghi mesi. Ma c’è stata pure una nuova tecnologia messa in campo fin dall’inizio dall’intelligence italiana: ricerche effettuate con droni dotati di raggi infrarossi.
Ieri la 25enne è arrivata a Milano, accolta tra gli applausi e i cartelli di bentornata nel proprio quartiere. Ora Silvia Romano chiede solo una cosa: “Rispettate questo momento” ha ripetuto.
INTANTO gli investigatori, che domenica l’hanno interrogata, stanno ricomponendo i pezzi di questa vicenda. In quattro ore, davanti al pm romano Sergio Colaiocco, la 25enne ha ricostruito i giorni della prigionia. A partire dal 20 novembre 2018 quando è stata rapita in un villaggio a 80 chilometri da Malindi, dove si trovava per la onlus Africa Milele. Il sospetto è che qualcuno l’abbia tradita per poi consegnarla a una banda di criminali che a loro volta l’hanno venduta al gruppo jihadista Al-Shabaab, un’organizzazione somala affiliata ai terroristi di al Qaeda. Su questo ci sono verifiche in corso. Probabilmente Silvia, prima del rapimento, era spiata da giorni. Lo sostiene anche Liliana Sore, fondatrice di Africa Milele onlus, interrogata dal Ros dei carabinieri nei mesi scorsi. “Silvia era controllata”, dice la Sore, la quale sospetta anche “che alcuni componenti del commando abbiano dormito vicino a casa nostra prima del rapimento”. A proteggerla, aggiunge, c’erano però “due masai armati di machete”. Uno, durante il rapimento, era andato al fiume. Anche questo aspetto è al vaglio degli investigatori
Quel 20 novembre 2018 quindi un commando di otto persone rapisce Silvia Romano. Di lì a poco la consegnano a un altro gruppo di tre persone, jihadisti di Al Shabaab, che parte per la Somalia. Qui si registra il primo ritardo, forse decisivo: le autorità locali, secondo quanto riportato da fonti di stampa keniote, arrivano sul posto del rapimento dopo due ore, consentendo ai sequestratori “di portarsi a Garissa prima di passare in Somalia”. Inoltre un veicolo militare sarebbe stato dislocato in aiuto alle ricerche solo “il giorno dopo a mezzogiorno”. Quarantotto ore dopo il rapimento arrivano in Kenya anche gli uomini dell’intelligence italiana, che iniziano a condurre le ricerche con l’ausilio di droni di nuova tecnologia dotati di telecamere ad alta risoluzione con infrarossi, utilizzati anche durante la notte. Intanto però la giovane veniva spostata da un covo all’altro, affrontando lunghi viaggi, spesso a piedi.
Nel frattempo gli uomini dell’Aise, guidati dal generale Luciano Carta, si mettono sulle sue tracce e individuano il gruppo di Al-Shabaab. Per evitare millantatori e depistaggi, gli 007 chiedono prove che Silvia Romano sia viva. Il mezzo sono i video: la giovane ne avrebbe girati tre. Uno ad agosto del 2019, quando per la prima volta ci si rende conto che una speranza ancora c’è.
SAREBBERO stati registrati poi altri due video, uno a novembre e un altro il 17 gennaio 2020. Silvia Romano nel frattempo è cambiata: si è convertita all’Islam e ha scelto come nome da prigioniera Aisha, come la terza sposa del profeta Maometto. Il rito di conversione sarebbe stato fatto davanti ai suoi rapitori, ma nonostante ciò, racconta al pm, la sua è stata una scelta libera.
L’ultimo video arriva nelle mani degli 007 ad aprile, e sarà quello della liberazione, che avviene, dietro riscatto, l’ 8 maggio.
“L’intelligence turca ha contribuito a salvare” la volontaria, ha voluto sottolineare l’agenzia di stampa turca Anadolu, diffondendo una fotografia della volontaria che indossa un giubbotto ritraente la mezzaluna. Ma gli 007 italiani precisano: “É stata recuperata dagli uomini dell’intelligence italiana con quello stesso giubbetto che si vede nella foto che è dotazione rigorosamente italiana e che le è stato fornito senza alcun simbolo”. Insomma, spiegano, “non è da escludersi che la foto sia un fake”.
La prova Una delle registrazioni risale all’estate del 2019 “Controllata da giorni prima del rapimento”