LUNEDÌ RISTORANTI E BAR. MA NEL BUIO DEI DATI REGIONALI
DPCM IN ARRIVO OK RIAPERTURE, MA SENZA NUMERI CERTI
Il fuggi fuggi non poteva certamente essere fermato a colpi di impugnative in tribunale. E al governo era ormai chiaro che la tabella di marcia che vedeva bar, ristoranti, parrucchieri e centri estetici rimanere chiusi per altre due settimane non sarebbe stata rispettata. Tanto più che i dati sui contagi sembrano confortanti, pur con le gigantesche incognite su tamponi e tracciamenti.
Così, ieri sera, Giuseppe Conte ha detto ai governatori quello che volevano sentirsi dire da un po’: fate voi. O meglio: questo è quello che avverrà nel concreto, anche se Palazzo Chigi ha comunque deciso di annunciare in prima persona le riaperture di lunedì prossimo. Probabilmente tra giovedì e venerdì, quando arriveranno i dati sull’andamento della curva epidemiologica e si potranno confrontare con quelli fermi alla fine del lockdown di dieci giorni fa (li trovate qui a fianco, ndr).
INIZIA COSÌ, per dirla con il ministro Francesco Boccia, la “fase della responsabilità”. Che tradotto significa che chi ha fretta deve aspettarsi un discreto boomerang se qualcosa dovesse andare storto. Un avvertimento che i governatori devono aver bene inteso se, appena uscito dall’i n co n tr o con il premier, il presidente della Liguria Giovanni Toti ha subito detto che “serve che nei prossimi provvedimenti che il governo assumerà si distingua bene tra responsabilità nazionali e locali proprio per disinnescare ogni attrito” .
Durante la videoconferenza con i presidenti di regione, ieri sera, Conte ha infatti chiarito che lascerà sì “la possibilità di integrare la nostra proposta con ulteriori riaperture” ( p al e s tr e , spiagge, etc) ma anche che interverrà con “c hi us ur e territoriali circoscritte” se i parametri anti-focolaio dovessero venire superati.
Un doppio binario, quindi, che risponde al pressing del territorio e al profluvio di ordinanze emanate in contrasto con il Dpcm tuttora in vigore, ma che ovviamente tiene conto delle indicazioni del Comitato tecnico scientifico.
D’altronde era stata una delle critiche a Conte che erano arrivate anche dai governatori più “responsabili”: annunciare fin dall’inizio della fase 2 che la riapertura di bar, ristoranti e parrucchieri sarebbe stata posticipata al primo giugno era parso un po’ troppo prudente, perché non considerava l’evoluzione della situazione dopo settimane di chiusura. Ma è ovvio che vale anche il contrario: se i contagi sono scesi è perché le situazioni di socialità sono state ridotte ai minimi termini. E non a caso, da alcuni governatori trapela una certa cautela sul “liberi tutti” in arrivo, perché sono preoccupati di non essere in grado di gestire l’eventuale ricaduta.
PER QUESTO molto dipenderà dal rispetto delle linee guida che l’Inail ha scritto in queste ore, ovvero i protocolli per la sicurezza delle attività che devono riaprire. Centri estetici e barbieri, ma soprattutto i luoghi della socialità per antonomasia, quelli in cui si va a prendere una birra o a mangiare una pizza in compagnia. Ecco, su questo l’allarme è già alle stelle. Perché secondo la Federazione dei pubblici esercizi, garantire - come dicono le indiscrezioni - 4 metri quadri per ogni tavolo significa ridurre del 60 per cento la capacità di ospitare clienti di bar e ristoranti. A meno che non siano persone già conviventi: secondo quanto anticipato ieri dal Corriere sarà previsto un apposito modulo del Viminale con cui le famiglie potranno autocertificare di potersi sedere a distanza ravvicinata, esonerando così il ristoratore da ogni responsabilità. Nessun riferimento, per ora, ai celeberrimi congiunti che abbiamo scoperto nella fase 2.
Identiche perplessità per il settore balneare: anche qui il rispetto del distanziamento impone una riduzione drastica del numero di ombrelloni, visto che secondo le bozze circolate ce ne sarà uno ogni 6-9 metri. La presidente della Calabria Jole Santelli, fresca di sconfitta al Tar (aveva permesso ai bar di fare servizio all’aperto), già tuona: “Invito il Governo a spiegarmi come sia possibile farlo in Calabria, con una costa in gran parte erosa e frazionata, soprattutto in quelle aree dove il turismo è attività vitale e primaria”. La battaglia, insomma, è appena ricominciata.