Il virus torna sul luogo del delitto Nuovi casi a Wuhan e Sud Corea
Nuovi positivi nell’epicentro del Covid e a Shulan: via alle restrizioni. Sud Corea: colpita la comunità Lgbt, scuole chiuse
Il mappamondo sembra un grande Gioco dell’oca, o del virus, e non c’è granché da ridere. A sei mesi dall’inizio del contagio e a uno dall’ultimo morto di Covid-19 in Cina, Wuhan – epicentro della pandemia che conta a oggi 3.976.043 di infezioni nel mondo – torna a essere un cluster del virus. Cinque nuovi casi in un complesso residenziale, a cui si sommano gli 11 contagi di Shulan, cittadina al confine con Russia e Corea del Nord, e un caso a Liaoning di un ragazzo proveniente dalla stessa provincia. Diciassette nuovi malati di Covid-19, dato più alto dal 28 aprile, a una settimana dall’ultima riapertura dopo l’allentamento delle restrizioni, quella di Wuhan, dove sono riprese le attività scolastiche. Lunedì Shanghai aveva riaperto le porte anche di Disneyland, dopo tre mesi e mezzo di chiusura.
LE AUTORITÀ SANITARIE avevano avvertito che il ritorno alla libera circolazione avrebbe aumentato le probabilità di nuove infezioni. E c’è anche da dire che Pechino stava già tenendo d’occhio centinaia di asintomatici non inclusi nel conteggio dei casi. Se a Wuhan si torna indietro sulle scuole e i locali, a Shulan le autorità richiudono tutto – pena la legge marziale – e designano la città “ad alto rischio”, unica nel Paese in questo momento. I residenti tornano in casa, i trasporti pubblici sono fermi e c’è il divieto di prendere il taxi per lasciare la città. La vicina Jilin invece passa da rischio basso a medio, tenendo in allerta il resto della provincia che mette in quarantena chi rientra dalle due città. La situazione non è del tutto sotto controllo. Se si sa che le infezioni sono partite da una lavoratrice 45enne di un ufficio di pubblica sicurezza di Shulan, che a sua volta ha infettato suo marito, tre sorelle e altri membri della famiglia, non è chiaro come si sia infettata. La donna non sarebbe mai uscita dalla provincia recentemente e non avrebbe avuto alcun contatto con altre persone esposte al virus. Ora altri 276 tra i suoi contatti sono stati messi in quarantena e la pista delle autorità per risalire alla catena dei contagi arriva fino nella confinante Russia, dove i malati di Covid sono 200mila; se non addirittura all’altra frontiera, quella della Corea del Nord, seppure ufficialmente Paese Covid-free secondo il dittatore Kim Jong-un. La prima ipotesi pare la più credibile visto che nelle ultime settimane, la vicina provincia di Heilongjiang ha visto un picco di contagi importati da cittadini cinesi di ritorno da Mosca e altre 300 persone a Shulan tra l’8 e il 23 aprile erano state isolate per la stessa ragione.
A preoccupare per il ritorno del contagio non è solo la Cina. La Corea del Sud, che un mese fa aveva annunciato il raggiungimento dei casi 0 anche grazie ai tamponi a tappeto e un’app di tracciamento in grado di individuare precocemente i cluster per poi comunicarli ai cittadini via sms, negli ultimi giorni sta lottando per contenere un focolaio partito da una discoteca. A rendere tutto più complesso è la reazione omofobica che la cittadinanza sta avendo contro la comunità gay, dal momento che pare che il contagio sia partito dai locali Lgbt della città. Questo rende difficile per le autorità sanitarie testare le persone che hanno frequentato le discoteche di Seul interessate dai contagi, per paura che inizi una caccia alle streghe. Di fatto, dei 35 nuovi casi che preoccupano la Corea del
Tutti contro tutti
L’Fbi accusa: “Vaccino nel mirino di hacker di Pechino”. Der Spiegel: “Pressioni di Xi Jinping sull’Oms” Il Dragone: “Basta disinformazione”
Sud, 29 sono riconducibili a Itaewon, distretto gay della capitale: portando a 86 i nuovi contagi. Tanto è bastato per rimandare la riapertura delle scuole, prevista per mercoledì di una settimana. Un ritardo “necessario” per garantire la sicurezza degli studenti, secondo Park Baeg-beom, viceministro dell’Istruzione sudcoreano. Intanto la guerra del
Covid-19 tra Cina, Usa e Europa continua: l’Fbi accusa la Cina di hackerare informazioni e ricerche americane per lo sviluppo del vaccino, secondo il quotidiano Ne w
York Times, che parla di un “public warning” contro l’attacco cinese. Dall’altro lato, il settimanale tedesco Der Spie
gel rivela pressioni del leader cinese Xi Jinping all’Organizzazione mondiale della Sanità, il 21 gennaio scorso, per ritardare le informazioni sulla trasmissione del Covid da uomo a uomo e la dichiarazione di pandemia. Trump ritwitta. Ma per l’Oms la notizia è “info nda ta”, e la Cina attacca: “Basta disinformazione”.