“Stop al calcio al primo caso positivo”
Sì agli allenamenti, ma se uno si infetta ci si ferma: sarà impossibile giocare
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in ritiro: il governo mette il pallone in quarantena. Alla Serie A che smania per giocare (cioè per incassare i soldi dei diritti tv), alla Figc che si agita per trovare una soluzione tra protocolli zoppicanti e formule stravaganti, il ministro Vincenzo Spadafora risponde con la più classica melina: via libera dal Comitato tecnico scientifico, ma solo per gli allenamenti, non per le partite su cui se ne riparlerà “almeno fra una settimana”. E comunque a condizioni così severe ( isolamento per tutti al primo contagiato, responsabilità a carico dei medici dei club) che riprendere il campionato appare un’utopia.
IN TEORIA è una buona notizia: il parere “non ostativo” degli scienziati è arrivato, dal 18 la Serie A comincia a scaldare i motori. Il diavolo, però, si nasconde nei dettagli. O negli aggettivi: il verbale del Cts definisce “largamente lacunosa e imperfetta” la documentazione fornita dalla Figc, e aggiunge che “non si sono avuti riscontri adeguati ai rilievi sollevati”. Insomma, il protocollo con cui la FederCalcio pensava di azzerare i rischi e far ricominciare la Serie A proprio non stava in piedi: bisognerà riscriverlo. I tecnici spiegano pure come.
Bastano una o due prescrizioni, infilate nei punti deboli di quel documento, per complicare i piani di ripartenza. La Figc contava di chiudere i calciatori in ritiro, fare esami in continuazione e trattare gli eventuali contagiati come semplici “infortunati”. Non andrà così: il Comitato pretende che “per ovvie ragioni di prevenzione” in caso di contagio anche di un solo membro l’intera equipe dovrà fare 14 giorni di quarantena. Significa che, al primo caso, il “countdown ” delle due settimane iniziato il 18 maggio ripartirà da zero: adesso parliamo di allenamenti, ma se dovesse ricominciare il campionato, con partite ogni 72 ore per finire entro agosto, con questa regola un positivo farebbe saltare tutto il calendario.
Basterebbe ciò per far crollare le speranze di Lotito &C. Ma c’è altro. I tamponi non dovranno “minimamente imp at ta re ” sulla disponibilità dei reagenti, che però scarseggia in alcune Regioni. Il ritiro – quasi un sequestro di persona, visto che i tesserati non potranno uscire neanche per una passeggiata – non potrà limitarsi solo ai calciatori e ai tecnici come ipotizzato dalla Figc (che distingueva fra un gruppo interno e uno esterno con norme più blande), ma riguarderà tutti: dirigenti, assistenti, maestranze, lavoratori, chiusi per settimane. E la responsabilità ricadrà tutta sul pallone, cioè sui medici sociali, proprio mentre gli specialisti dei club erano già in rivolta e chiedevano una depenalizzazione.
Adesso la Figc si affannerà a riscrivere il protocollo, a mettere toppe ai buchi (si parla di una polizza per coprire i rischi sanitari), ma dai medici ai calciatori non mancheranno i malumori per queste condizioni (quasi) impossibili. Tornare ad allenarsi, spendere soldi per poi non giocare sarebbe una doppia beffa, che i club non possono permettersi: infatti adesso il calcio andrà in pressing sul premier Conte per ottenere certezze sulla data di ripresa della Serie A.
NON SEMBRA una preoccupazione di Spadafora, ministro dello sport e non del calcio, come ricorda lui: “La prudenza è la linea giusta da seguire, avremo bisogno almeno di un’altra settimana per vedere la curva dei contagi e poter poi decidere sul campionato”, ha tagliato corto, prima di cambiare argomento e annunciare le linee guida per riaprire entro maggio palestre e impianti. Altro che Serie A.