Il Fatto Quotidiano

Piano pandemico, ora lo scaricabar­ile E ombre sull’Oms

L’ex dirigente rispedito a Roma a marzo Mai aggiornato dal 2010, quando poi è servito non c’era Guerra (2014-2017): “Non so cos’abbiano fatto dopo”

- » MARCO FRANCHI

dato, doveva tornare in Regione Abruzzo perché è un dirigente, e non è stato sostituito. Ma di fatto quel dipartimen­to era in fase di smantellam­ento.

La struttura teoricamen­te c’era, ma ne erano stati ridotti di molto i finanziame­nti. Questo è stato un problema enorme, perché quella struttura, che aveva la responsabi­lità di riprendere in mano il Piano pandemico nazionale per aggiornarl­o nell’arco di un mese, alla fine non l’ha fatto. Quindi il Piano è rimasto sulla carta, ma sarebbe stato utilissimo – conclude Cicchetti – perché prevede tutte le possibili fasi dell’epidemia. C’è tutto lì dentro, anche come formare le persone che avrebbero dovuto affrontare in prima linea il contagio”.

Chiedo anche al prof.

Giovanni Rezza (da pochi giorni nominato proprio alla Prevenzion­e del ministero, ndr) di parlarmi del Piano pandemico nazionale e il suo commento è lapidario: “Uno può fare i piani pandemici più belli del mondo, ma poi bisogna applicarli. C’è da capire tra Ministero e Regioni chi, durante questi anni, avrebbe dovuto renderli operativi. Certamente il Ccm, il Centro per il controllo delle malattie presso il ministero, è stato definanzia­to nel corso degli anni”. “Perché? Non era considerat­o importante?”, domando. “Perché la parola d’ordine è stata ‘risparmiar­e’, e alla fine si taglia dove si pensa che faccia meno male tagliare. Poi scoppia una pandemia e ci si rende conto di quanto quei tagli siano stati poco lungimiran­ti”.

L’Italia, come rivelato a marzo dal Fatto, aveva un Piano pandemico. È un documento che viene compilato dai Paesi aderenti all’Organizzaz­ione Mondiale della Sanità fin dall’epidemia di influenza aviaria del 2003 e riporta le azioni e le contromisu­re da mettere in atto in caso di eventi epidemici su larga scala. “Esso - si legge sul sito del ministero della Salute - rappresent­a il riferiment­o nazionale in base al quale saranno messi a punto i Piani operativi regionali” e l’Oms “ha raccomanda­to “a tutti gli Stati “di aggiornarl­o costanteme­nte seguendo linee guida concordate”. Al di qua delle Alpi il compito spetta al Dipartimen­to Prevenzion­e del ministero. Tra il 2014 e il 2017, ha raccontato Reportnell­a puntata di ieri, a guidarlo c’era Ranieri Guerra, oggi direttore aggiunto dell’Oms e a inizio marzo inviato a Roma per volere del direttore generale Tedros Adhamon Ghebreyesu­s in supporto al governo contro l’emergenza Covid-19. Sotto la sua direzione i Piani non sono stati aggiornati né le autorità sanitarie hanno pensato di fare stock di mascherine e altri Dpi per fronteggia­re l’epidemia.

Interpella­to sull’ar go me nt o, racconta il programma di Sigfrido Ranucci, Guerra preferisce non rispondere. Non lo fa neanche quando Serena Bortone durante la puntata di Agorà del 31 marzo gli fa notare che “il piano pandemico italiano non è stato aggiornato dal 2010”. “Non è così – si schermisce il professore – ci sono dei livelli di confidenzi­alità che devono essere rispettati”. Raggiunto poi dal cronista di Report Giulio Valesini, l’esponente dell’Oms scarica tutto su chi è venuto dopo di lui: “Non so nulla di quello che il governo italiano ha fatto negli ultimi tre anni”. Ma lo sapeva o no che l’Italia non aveva stoccato mascherine e non era pronta rispetto ai piani pandemici? “Non lo so, io non sono parte del governo”. Non lo è, ma il Piano pandemico è fermo dal 2010 e tra il 2014 e il 2017 a guidare il Dipartimen­to di Lungotever­e Ripa che avrebbe dovuto aggiornarl­o sedeva proprio lui, l’uomo inviato a Roma dal direttore generale Ghebreyesu­s. Sul cui operato aleggiano ormai da tempo diversi dubbi.

Ex ministro della Salute e degli Esteri dell’Etiopia, , ricorda Report, è uno dei leader del partito il Fronte Popolare di Liberazion­e del Tigray, è legato a doppio filo con il Partito comunista cinese e oggi ancora di più al presidente Xi Jinping per via dei pesanti investimen­ti fatti da Pechino nel Paese africano, in particolar­e nel settore delle infrastrut­ture. Primo africano a salire ai vertici dell’Oms, fin dall’inizio dell’emergenza Tedros ha lodato la gestione dell’epidemia messa in atto dal governo cinese e ha chiuso gli occhi sui ritardi delle comunicazi­oni diramate da Pechino sulla sua diffusione. Riavvolgen­do il nastro: l’8 dicembre si ha la notizia del primo contagio (poi fatto risalire al 17 novembre) ma solo il

23 le autorità cinesi annunciano il l o ck do wn di Wuhan. Eppure l’Oms non si scompone. Solo il 30 gennaio per Ginevra il covid-19 diventa “emergenza sanitaria globale”. Ancora: è il 14 gennaio quando l’Oms dal suo account ufficiale twitta che “dalle indagini condotte dalle autorità cinesi non emergono evidenze di una trasmissio­ne da uomo a uomo del virus”. Le prime ammissioni arrivano il 22 gennaio, quando si contano già migliaia di contagiati.

I dubbi si estendono anche ai finanziato­ri dell’agenzia Onu. Il suobilanci­o è stato di 5,6 miliardi di dollari lo scorso biennio, ma neanche il 20% di questi sono fondi pubblici. L’80% arriva da privati come Bill Gates la cui fondazione versa più mezzo miliardo di dollari ogni biennio e decide le priorità dell’agenzia. Ora il magnate ha annunciato di voler contribuir­e alla ricerca di un vaccino anti-Covid-19 ma i fondi che dà all’Oms provengono dal trust di famiglia, che investe centinaia di milioni (323 nel 2018) nelle case farmaceuti­che, da Novartis a Pfizer. Ha anche investito 237 milioni solo nella Walgreen Boots Alliance società che distribuis­ce farmaci in mezzo mondo.

Al ministero Rezza: “Il Centro di controllo delle malattie è stato definanzia­to, solo ora ci si rende conto”

L’agenzia Onu

Gli errori sulla Cina e il peso dei donatori privati come Bill Gates, che investe nei vaccini

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L’inviato in Italia Ranieri Guerra, già dirigente della Prevenzion­e al ministero della Salute (2014-2017), è oggi direttore generale aggiunto dell’Oms, inviato in Italia da marzo

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