Il ministero: “I test: buco nero per efficacia”
Neo capo della Prevenzione, Gianni Rezza: “Nessuna rilevanza diagnostica”
L’ultimo
flop della battaglia contro il Covid-19 sono i tanto sbandierati test sierologici. Non offrono alcun patentino di immunità, sono soggetti a errori e non hanno rilevanza diagnostica. La bocciatura arriva dal ministero della Salute attraverso una circolare di quattro pagine del 9 maggio fir ma ta anche dal Direttore generale della Prevenzione sanitaria Giovanni Rezza. A pagina due si legge: “Le attuali conoscenze scientifiche relative ai test sierologici per il Covid-19 sono lacunose relativamente alla capacità di fornire informazioni sulla presenza di anticorpi neutralizzanti in grado di proteggere dall’infezione e sulla persistenza degli anticorpi a lungo termine”. Insomma, buco nero sia sulla durata sia sull’efficace.
REZZA riprende le linee dell’Organizzazione mondiale della sanità. Tanto chiare quanto sconfortanti. “Secondo l’Oms, sebbene l’impiego di kit di più semplice esecuzione rappresenti un’esigenza in situazioni di emergenza come quella attuale, gli approcci al momento tecnicamente più vantaggiosi e attendibili per una diagnosi d’infezione da SarsCov2 rimangano quelli basati sul rilevamento del virus in secrezioni respiratorie”. Tradotto: i tamponi nasofaringei, la “cui diagnosi molecolare va eseguita presso laboratori di riferimento regionali”. E non in laboratori privati come si sta ipotizzando per i test sierologici. Il documento diventa di una chiarezza cristallina a pagina tre. Qui Rezza scrive: “I test basati sull’identificazione di anticorpi IgM e IgG per la diagnosi di infezione da SarsCov2, secondo il parere espresso dal Comitato tecnico scientifico istituti presso il Dipartimento di Protezione Civile, non possono sostituire il test molecolare basato sull’identificazione di Rna virale dai tamponi nasofaringei”.
C’È DI PIÙ. La presenza o meno di anticorpi, secondo il ministero, “non è indicativa di una infezione acuta in atto e quindi della presenza del virus nel paziente”. Fosse solo questo. Questi test possono rilevare sì un coronavirus, ma non quello che produce il Covid-19.
Si prenda ad esempio il test acquistato dalla Regione Lombardia. Circa 2,5 milioni di kit della ditta Diasorin. Questi rilevano gli anticorpi IgG, che indicano un’infezione datata e non in corso (IgM). Dopodiché intercettano due parti del virus, S1 e S2, che altro non sono che le famose Spikes, chiavi di accesso del virus nelle cellule umane. “Queste due parti – spiega la professoressa Maria Rita Gismondo dell’ospedale Sacco di Milano – sono crociate, il che significa che possono riferirsi a un altro tipo di coronavirus, come ad esempio il raffreddore”. Particolare fondamentale rilevato anche dal professor Rezza nella sua circolare. “Per ragioni di cross-reattività – si legge nel documento – con differenti patogeni affini, quali altri coronavirus umani, il rilevamento degli anticorpi potrebbe non essere specifico dell’infezione da SarsCov2”.
Errori e lacune La presenza di anticorpi “non indica infezioni acute e quindi il virus”: piuttosto un raffreddore