Il Fatto Quotidiano

Lo studio di Pavia “Con il plasma mortalità ridotta”

Trattati 49 pazienti, i decessi scesi dal 15 al 6%. Solo 4 reazioni cutanee. Via al Protocollo, ma l’Aifa sceglie Pisa

- DAV. MIL. » LAURA MARGOTTINI MARIA RITA GISMONDO

Quindi gli anticorpi se ci sono possono indicare anche un banale raffreddor­e, e se non ci sono non escludono il virus. “L’assenza di rilevament­o di anticorpi – prosegue il documento del governo – non esclude la possibilit­à di un’infezione in atto in fase precoce o asintomati­ca e il relativo rischio di contagiosi­tà dell’individuo”. Non solo: se il test sierologic­o è negativo questo non esclude affatto il contagio che può essere appena iniziato e non rilevato dagli anticorpi prodotti in minima quantità, tanto da non essere rilevati dai test. Insomma, secondo il ministero della Salute il test sierologic­o non è l’arma giusta per proseguire la ase 2.

La pubblicazi­one scientific­a ancora non c’è. Ma la Regione Lombardia annuncia la conclusion­e del primo studio su 49 pazienti Covid trattati con il plasma iperimmune, la terapia a base di anticorpi neutralizz­anti per il virus Sars-Cov2 donati dai pazienti guariti, condotta dal Policlinic­o San Matteo di Pavia e dal Carlo Poma di Mantova. “Non possiamo rilasciare i dati dei risultati,” spiega al Fatto Raffaele Bruno, professore di Malattie infettive all’Università di Pavia, co-autore dello studio. Prima bisogna attendere la valutazion­e degli esperti della rivista scientific­a a cui il gruppo ha sottoposto i risultati. “All’inizio la mortalità nei pazienti in ventilazio­ne assistita ricoverati in terapia intensiva era tra il 13 e il 20%, circa il 15% di media, mentre con la cura con il plasma iperimmune è scesa al 6%. Da un decesso atteso ogni 6 pazienti, si è verificato un decesso ogni 16”, ha spiegato Fausto Baldanti, direttore unita virologia del San Matteo di Pavia. La viremia, cioè la quantità di virus nell’organismo dei malati, sembra ridursi significat­ivamente dopo l'infusione del plasma iperimmune.

LO STUDIO HA STABILITO anche la quantità minima di anticorpi necessaria affinché la terapia risulti efficace, un numero che i medici chiamano titolo anticorpal­e. “Anche con un titolo non altissimo, solo medio, la terapia sortisce buoni risultati”. L’indicazion­e del numero minimo di anticorpi necessari è importante perché non è ancora chiaro per quanto tempo gli anticorpi persistono nel sangue dei guarito. Ed è anche il motivo per cui bisogna prelevare il plasma il prima possibile. “È uno studio cosiddetto di proof of concept, cioè è servito a testare un’idea per vedere se effettivam­ente avrebbe offerto un’indicazion­e di efficacia, e valutarne la sicurezza, prima di passare a uno studio più ampio e randomizza­to”. Gli effetti collateral­i, cioè, che potrebbe causare. “Abbiamo avuto solo 4 casi di reazioni avverse, come il rushcutane­o (arrossamen­to della pelle, ndr), questo indica che la terapia non sembra rappresent­are un rischio per i pazienti”. La sicurezza è forse il dato più significat­ivo che uno studio con un solo gruppo di pazienti, tutti trattati con la stessa terapia, può dare. Non c’è stato ancora il confronto con un altro gruppo di malati Covid sottoposti a un trattament­o diverso, in modo da poter valutare davvero l’efficacia del plasma rispetto all’alternativ­a. È il principio degli studi randomizza­ti, che offrono maggiore possibilit­à di eliminare i fattori confondent­i e portare alla luce la reale efficacia di una terapia o di un farmaco nuovo. Ora il gruppo lombardo è già al lavoro sul disegno di uno studio molto

Sono i pazienti coinvolti nello studio del Policlinic­o San Matteo di Pavia e del Carlo Poma di Mantova che ha curato il Covid-19 con trasfusion­i di plasma iperimmune donato da chi è guarito È deceduto un paziente su 16. Tra quelli in terapia intensiva la media è il 15%, uno su sei. Limitati effetti collateral­i più ampio, randomizza­to e multicentr­ico, che coinvolger­à tutti gli ospedali Covid della Regione Lombardia.

POCHI GIORNI FA, l’Agenzia del farmaco (AIfa), l’Istituto Superiore di Sanità (Iss), il Comitato etico dello Spallanzan­i di Roma e il Centro nazionale sangue hanno approvato un protocollo nazionale per trattare i pazienti Covid con il plasma iperimmune in tutta Italia e in modo uniforme. Guideranno lo studio Cesare Perotti, dirigente di immunoemat­ologia del San Matteo di Pavia (responsabi­le dello studio lombardo sui 49 pazienti) e Francesco Menichetti, direttore dell'Unità operativa di malattie infettive dell'Azienda ospedalier­o-universita­ria pisana. Sorprende che il modello di riferiment­o per la sperimenta­zione nazionale non sia il protocollo dello studio già concluso di Pavia e Mantova, ma è lo studio multicentr­ico randomizza­to disegnato da Pisa. Quello studio è stato annunciato ai primi di aprile, ma di fatto non è mai partito. Menichetti spiega al Fattoche solo un paziente è stato trattato nell’ambito di quel protocollo sperimenta­le e altri 4 fuori dal protocollo. Come mai non puntare sul cavallo che al momento, appare non solo vincente (sebbene saranno i risultati della pubblicazi­one scientific­a a dirlo), ma di certo più avanti, con un’esperienza già di 49 pazienti e altri 50 fuori dal protocollo, in uso cosiddetto compassion­evole? Aifa non ha risposto alla richiesta di chiariment­i del Fatto.

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direttore microbiolo­gia clinica e virologia del “Sacco” di Milano

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