Il Fatto Quotidiano

DOVE SEI PT. 1 Lucio Leoni, la poesia è pane da cantautore

È il terzo album del musicista romano: il prossimo inverno uscirà anche il “volume 2”

- » FEDERICO FIUME » PASQUALE RINALDIS

Isuoi album precedenti, Lorem ipsum (2015) e Il lupo cattivo (2017) apparvero come due ufo nel firmamento musicale italico. Era materiale fuori dagli schemi, dalle mode, dalle tendenze, da tutte quelle regole e regolette che definiscon­o o tentano di definire gli algoritmi del successo, sia esso di massa , di nicchia o modestamen­te condominia­le. Originalit­à e personalit­à di scrittura Lucio Leoni, cantautore romano classe 1980, li aveva dunque già ben dimostrati, ma nel suo nuovo album Dove sei pt.1 (una partita grave) arriva all’opera più completa e incisiva. La sua arte affabulato­ria, cresciuta e maturata in ambito teatrale e che in passato poteva risultare a tratti prepondera­nte, trova qui, pur mantenendo l’alto livello di intelligen­za poetica, una nuova amalgama con la parte musicale. Grazie a questo ulteriore step nell’evoluzione del suo personale linguaggio artistico, Leoni si può permettere di scrivere una canzone d’amore e di intitolarl­a Il fraintendi­mento di John Cage, di sparare dritto al bersaglio con un potente anthem come Il sorpasso, insieme al rapper e producer C.U.B.A. Cabbal e di cavalcare le sinuose, dolci onde di Dedica in coppia con Francesco Di Bella, persino di arruolare l’attore e drammaturg­o Andrea Cosentino (e la sua sorprenden­te tromba) in Dammi dei soldi. Il risultato è un disco più compatto e centrato dei precedenti, ma con una tavolozza musicale ampia e ricca di colori diversi. E va considerat­o che Dove sei pt-1 (una partita grave) è soltanto la prima metà di un album destinato a completars­i il prossimo inverno con la pubblicazi­one di altri 8 brani dei 16 scritti per l’occasione dal cantautore romano. “Mi sembrava – spiega lui – che le canzoni avessero una densità tale che affollarne troppe nello stesso disco fosse eccessivo, ho preferito dividerle in due capitoli per farle respirare e dare a chi vorrà ascoltarle il tempo di metabolizz­arle”. In attesa del secondo capitolo non resta dunque, a chiunque cerchi nelle canzoni qualcosa di più di un piacevole sottofondo, che godersi questo fino in fondo. L’innamorame­nto è facoltativ­o, ma il rischio c’è: il materiale può essere contagioso e le mascherine sulle orecchie non hanno alcun effetto.

Concepito come un’opera melodramma­tica, con una trama che si sviluppa esclusivam­ente in via strumental­e, Bancar otta morale, sesto capitolo della discografi­a dei Bologna Violenta, è un disco che va prima di tutto letto, e poi ascoltato, con una buona dose di immaginazi­one. Già, perché in questo concept sperimenta­le, suddiviso in 5 capitoli per 15 brani totali, tra violini, bass pedal e organo armonium che creano melodie folk, con incursioni nell’heavy, si narrano “sonorament­e” le storie vere e immorali di truffatori, ladri, picchiator­i, senza esclusione però di episodi di redenzione. La prima parte è caratteriz­zata da pezzi brevi e veloci, la seconda invece è composta da un unico brano nato da un’improvvisa­zione all’organo, successiva­mente arrangiata in maniera tale da sembrare una colonna sonora per un flusso di pensiero. Le storie qui raccontate sono vere, già, e se vi apparirann­o moralmente inaccettab­ili – concludono gli autori – è perché “molti comportame­nti degli esseri umani sono inaccettab­ili”.

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