Il Fatto Quotidiano

’O Sceriff del Regno campano

I NOSTRI RITRATTI: VINCENZO DE LUCA

- » PINO CORRIAS

Lo chiamano il Mike Tyson del Volturno per via della gentilezza. Spara ganci ai nemici in forma di parole: “Cafone”, “Fesso”, “Sfessato”, “Farabutto”, “In fame ”, “S omar o”, “Chiavica”, “Iettatore”, “Pippa”, “Mezza pippa”. “Nullità”.

È il grande, inarrivabi­le Vincenzo De Luca, santo patrono della Campania, anello di congiunzio­ne tra l’universo e Salerno, tra la politica e la commedia dell’arte che ogni giorno da trent’anni gli spalanca il sipario, con tripudio di applausi, fischi, denunce, plebisciti, processi, tricchebal­lacche e struffoli alla crema. Nell’ora più buia della nazione, i suoi occhi sempre fiammeggia­no. In questi tre mesi De Luca ha preso il virus a mazzate e qualche volta pure il governo Conte, pilotando sulle curve di una pandemia a bassa intensità.

Invece di essere contento, nella notte in cui nasceva la rocamboles­ca Fase 2, tra gli strilli dei 20 governator­i, se n’è uscito dalla sala parto sbattendo la porta. E intorno alle tre e mezza ha dettato “Io non firmo”. Era il suo modo di fare il fenomeno in faccia al mondo. Cosa che gli riesce quasi sempre: “Devo difendere la mia immagine di carogna”.

DE LUCA nacque potentino, anno

1949. Crebbe a Salerno. Divenne comunista. Fece il militare con Fausto Bertinotti, peccato che nessuno sceneggiat­ore, tipo i Vanzina, se ne sia mai accorto. All’università provò con Medicina, poi scelse Filosofia, più congeniale al suo eloquio, tesi discussa con Biagio De Giovanni, il filosofo, che lo indusse a considerar­si allievo di Gramsci e di Gobetti: “Le mie radici sono a Torino”.

A Salerno scese in piazza con i braccianti taglieggia­ti dalla camorra. Lo chiamavano il Professore, il suo slogan era: “Resisterem­o un minuto in più dei casalesi”. Quando archiviò i braccianti e scese a combattere le lotte di corridoio del Pci-Pds-Ds, il suo slogan divenne: “Resisterò un minuto in più di Bassolino”.

Di quella inimicizia si raccontano mirabili litigi. Con rischio collisione fisica. E un povero Fassino segretario nazionale che provò a pacificarl­i (“E adesso datevi la mano”) ma scese il gelo in sala e l’istante dileguò. In palio due temperamen­ti e il popolo.

De Luca il popolo lo massaggia di elogi e lo mastica di improperi. Lo asseconda in piazza e lo fulmina in tv. Quattro volte sindaco a Salerno, per vent’anni ha fatto il bello e il cattivo tempo, ripulito strade, aperto asili nido, sottratto il ciclo dei rifiuti alle emergenze con la differenzi­ata al 70 per cento, la Sanità sopra la media, la criminalit­à sottotracc­ia. Ma ha anche moltiplica­to il debito della città, 200 milioni a occhio, e il cemento sul paesaggio: “C’è chi apre la bocca e chi apre cantieri”, ha detto, lodandosi.

ANNOVERA un numero cospicuo di denunce. “Me le leggo dal barbiere e le distribuis­co”. Sono un discreto campionari­o del codice penale: abuso d’ufficio, abuso edilizio, truffa, corruzione, concussion­e, associazio­ne a delinquere. Lui non si stropiccia la pettinatur­a, ma combatte con una batteria di avvocati e massima tigna, orientando­si dentro un labirinto di processi, rinvii, condanne, appelli, revisioni, che manderebbe ai pazzi pure Perry Mason. Politicame­nte è stato dalemiano, bersaniano, renziano. Senza dimenticar­e Letta e Zingaretti.

In Parlamento ci capitò una legislatur­a, ma s’a nn o ia va : “Mi si anchilosò il dito a forza di schiacciar­e”. L’opera della sua vita è stupefacen­te anche nel nome, il Crescent, una enorme mezza luna di colonne e vetro-cemento a quadretti, lunga 300 metri, alta 30 che imprigiona una piazza, il mare e l’horror vacui. Un monumento d’alta geometria con l’anima funeraria, uno di quegli immensi ossari da Dopoguerra, firmato dal catalano Ricardo Bofill, l’ennesimo archistar che disegna non-luoghi buoni per qualunque luogo, dall’Alaska ai Tropici. È stato proprio De Luca a certificar­ne la vocazione cimiterial­e quando all’inaugurazi­one dei lavori, anno 2007, si commosse: “L’urna con le mie ceneri starà proprio qui, al centro della piazza”. Evviva, hanno pensato i meno superstizi­osi. Per sua fortuna il cantiere ha ancora infiniti guai da attraversa­re, una ventina di denunce di Legambient­e, altrettant­e fazioni che difendono l’opera o che la odiano, magistrati e carabinier­i che indagano: tutto secondo lo standard italiano delle grandi opere.

IDENTICO destino capitato a lui che modestamen­te si considera una grande opera del Sud assediata da insulsi nemici, i “consumator­i abusivi di ossigeno” che battezzand­olo Vincez’o Sceriff gli rimprovera­no di avere armato i vigili urbani di manganello e spray. Di avere promesso “calci nel culo agli zingari” e galera “ai cafoni imbratta-muri”.

Eppure l’animo gentile non gli manca. Ha una ex moglie, due figli, una nuova compagna. E quando è di buonumore riempie le piazze con le fontane, le aiuole di fiori, i viali di graziosi grattaciel­i. Miracolo che sta provando a replicare da quando, anno 2015, ha conquistat­o la Regione Campania appoggiato a sinistra, ma pure a destra con il suo amico Caldoro, vincendo la poltrona di governator­e: “Adesso cambierà la musica”. Invece partì un altro contenzios­o giudiziari­o, politico, psichiatri­co. Perché in base a una condanna per un parco acquatico, avrebbe dovuto restituire lo scettro, cosa che lui considerò un’offesa, anzi “una puttanata”, alla quale mostravano di credere solo pochi “giornalist­i sfessati” come Travaglio , “spero di incontrarl­o di notte, al buio”, e Rosy Bindi che ai tempi dell’Antimafia, lo dichiarò “impresenta­bile”. Gentilezza alla quale replicò: “Rosy? Una infame da uccidere”.

Per Carlo Verdone, De Luca è “il più grande attore vivente”. Un retore che costruisce ponteggi di parole, promesse come cupole, insulti a campanile: “A forza di teleconfer­enze avremo ministri con la faccia da tablet”, “Salvini è uomo da inzuppare i würstel”, i giornalist­i “bestie malvissute”. È teatro da applauso. Con l’orazione finale da dedicarci a vicenda: “A dio piacendo salverò i miei polmoni dal virus, non il mio fegato dagli imbecilli”.

BREVE CAMPIONARI­O DEGLI INSULTI DELUCHIANI

Cafone, fesso, sfessato, farabutto, somaro, chiavica, iettatore, pippa, mezza pippa, nullità, consumator­e abusivo di ossigeno, infame da uccidere

SEMPRE AL CENTRO DEL PALCOSCENI­CO

Per Verdone è il più grande attore vivente Uno capace di battute così: ‘A dio piacendo salverò i miei polmoni dal virus, non il mio fegato dagli imbecilli’

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Illustrazi­one di Francesco Federighi

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