Il Fatto Quotidiano

“Siri” ti parla Ma soprattutt­o ti ascolta...

Ladenuncia Un ex appaltator­e dell’azienda chiede alle autorità europee di indagare sulle conversazi­oni rubate: “Ho gli screenshot che lo provano. Ci metto la faccia”

- » STEFANIA MAURIZI

Siete in macchina con una persona cara e state discutendo di questioni strettamen­te personali. Siete in camera da letto o magari siete in soggiorno a giocare con i bambini.

Siete in macchina con una persona cara e state discutendo di questioni strettamen­te personali. Siete in camera da letto o magari siete in soggiorno a giocare con i bambini. Siete un giornalist­a che incontra una fonte, un medico che visita un paziente, o un avvocato che incontra un cliente. Il rischio che le vostre conversazi­oni più intime o profession­almente sensibili possano essere ascoltate non è fantascien­za, se avete vicino un iPhone, un Apple Watch o anche un iPad.

Sì, perché questi device elettronic­i hanno un assistente vocale: si chiama Siri. È quello a cui potete chiedere di trovare il ristorante più vicino, o di fare una ricerca su Internet per sapere di più su una certa malattia. In teoria, si dovrebbe attivare solo quando pronunciat­e le parole “Ehi Siri”, ma il rischio che possa attivarsi da solo, per errore, è una realtà.

QUANTI SONO STATI ascoltati in questo modo, a loro insaputa? È impossibil­e dare una risposta, in assenza di dati certi. Ora, però, le cose potrebbero cambiare: un giovane ex contractor della Apple ha appena presentato una richiesta ufficiale alle autorità europee di protezione dei dati, per chiedere di indagare sull’assistente vocale

Siri. Una vera e propria tegola in testa all’azienda della Silicon Valley che, dopo le rivelazion­i di Edward Snowden, ha tanto investito sull’immagine di gigante con una cultura della privacy.

Il caso Siri è emerso per la prima volta nel luglio scorso, quando il Guardian rivelò il problema sulla base di testimonia­nze anonime. Ora, però, uno degli ex contractor della Apple ci mette la faccia e si espone personalme­nte con la richiesta di indagare presentata alle autorità europee, proprio a due anni dall’entrata in vigore del Regolament­o generale sulla protezione dei dati (Gdpr). Il giovane si chiama Thomas Le Bonniec, è francese, ha una specializz­azione in Sociologia e racconta di agire per ragioni etiche, dopo aver ascoltato conversazi­oni estremamen­te private e in alcuni casi inquietant­i, come le fantasie di un pedofilo.

“Tra il 13 maggio 2019 e il 16 luglio 2019, sono stato assunto da Globe Technical Services, uno dei subappalta­tori della Apple, con sede a Cork, in Irlanda. Ero assegnato al progetto di trascrizio­ne di Siri, chiamato Bulk Data, scrive Le Bonniec nella sua lettera, “ho ascoltato centinaia di conversazi­oni ogni giorno”, racconta, precisando: “Queste registrazi­oni venivano spesso captate al di fuori di ogni attivazion­e di Siri, ovvero al di fuori di un contesto in cui l’utente lo attivava es pre ssa men te per una richiesta e senza che ne fosse consapevol­e e venivano raccolte in database per correggere le trascrizio­ni delle registrazi­oni fatte dal dispositiv­o”.

Le Bonniec scrive che “queste registrazi­oni non erano limitate agli utenti dei device della Apple, ma vedevano anche coinvolti parenti, bambini, amici, colleghi” e così “ho ascoltato gente che parlava del suo cancro, di persone care morte, di religione, sesso, politica, scuola, o droga, senza che qualcuno avesse l’intenzione di attivare Siri”.

L’intervento di operatori umani che ascoltano le istruzioni che l’utente dà a Siri si rende necessario per migliorare le prestazion­i dell’assistente vocale, un processo che tecnicamen­te si chiama grading.

Secondo il racconto di Thomas Le Bonniec, senza l’intervento umano, tecnologie come Siri non potrebbero portare a termine i compiti richiesti. Questo, ovviamente, non significa che per ogni richiesta fatta all’assistente vocale c’è dietro un essere umano in ascolto pronto a eseguirla, ma che la capacità di capire le richieste viene affinata grazie al lavoro umano.

Il Fatto Quotidiano ha interpella­to Apple, che alle nostre domande per sapere quante conversazi­oni sono state ascoltate in questo processo di grading, ha risposto: “Apple non fornisce questi numeri”. Dopo che il Guardian rivelò il caso nell’estate scorsa, l’azienda ha introdotto una serie di cambiament­i. Oggi sostiene che “di default, Apple non conserva le registrazi­oni audio di Siri: gli utenti possono scegliere di aiutare Siri ad apprendere dai campioni di audio delle loro richieste registrate. Questi campioni sono limitati agli utenti di Apple. Questi utenti hanno scelto di condivider­e porzioni delle loro interazion­i per aiutarci a rendere Siri migliore”.

NELLA SUA LETTERA alle autorità europee, Thomas Le Bonniec sostiene che “nulla è stato fatto per verificare se Apple ha davvero chiuso il p r og r a mm a ” e offre la sua collaboraz­ione alle autorità. Al Fatto ha spiegato di aver raccolto molti screenshot per documentar­e quello che afferma. “Il rischio che mi assumo avrà senso solo se a questa lettera seguirà un’inchiesta”, scrive alle autorità europee.

Cupertino nega Dopo l’inchiesta del “Guardian” ha apportato cambiament­i, ma non dà numeri sui dati sottratti

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Il servizio dell’appaltator­e Apple per l’ascolto, secondo il testimone, si chiama “Bulk Data”
Ansa La spia Il servizio dell’appaltator­e Apple per l’ascolto, secondo il testimone, si chiama “Bulk Data”
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