“Ora decidono i presidenti” Gimbe: rischio non calcolabile
Fase 2, delegare alle regioni la gestione sanitaria significa “r isch io non calcolato e non calcol abile ”. La denuncia arriva da Fondazione Gimbe: l’a ssenza di una strategia sanitaria centralizzata a livello nazionale e la mancanza di un sistema di monitoraggio completo potrebbero avere pesanti conseguenze nella situazione attuale in cui, di fatto, i risultati sul contenimento sono affidati alle responsabilità dei singoli cittadini. Insomma, mascherine e norme di distanziamento sociale potrebbero non bastare. La linea di demarcazione nel cambiamento di strategia è il “passaggio di consegne” tra ministero della Sanità e regioni: un “decentramento decisionale” che per il presidente di Gimbe, Nino Cartabellotta, accentua “il cortocircuito di competenze tra governo e regioni in tema di tutela della salute”. Cartabellotta parla di “giravolta normativa senza precedenti nella storia della Repubblica”: il dl 16 maggio 2020 n. 33 (art. 1, comma 16) demanda infatti interamente alle regioni la responsabilità del monitoraggio epidemiologico e delle conseguenti azioni lasciando al ministero il ruolo di “spettatore passivo”.
Il messaggio è chiaro: delegare per non incorrere in contrasti di competenze. Ma c’è dell’altro: secondo un report le regioni finora non hanno fornito tutti i 21 indicatori previsti dal decreto stesso, e tra quelli inviati non tutti coinciderebbero con quanto previsto; dunque non utilizzabili per la definizione del livello di rischio. Da rimarcare inoltre la “propensione diversificata ad effettuare tamponi diagnostici” e i ritardi nell’avvio delle indagini siero-epidemiologiche oltre alle diseguaglianze su organizzazione e gestione delle Unità Speciali di Continuità Assistenziali ( Usca): primo e fondamentale presidio di individuazione di possibili nuovi casi e potenziali veicoli di trasmissione di contagio.