5G, la guerra sulle frequenze tv che arricchiscono i soliti pochi
Le emittenti radiotelevisive locali dovranno cedere parte della loro rete, ma chiedono rimborsi enormi che andrebbero solo a nove operatori su 312
Fare spazio al 5G costa. Per la precisione, può costare fino a 304 milioni di euro in termini di risarcimenti per gli operatori radiotelevisivi che dovranno liberare le frequenze su cui dovrà viaggiare il segnale della rete internet di nuova generazione (700 Mhz). Soldi che dal ministero dello Sviluppo potrebbero andare ai centinaia di editori per permettergli, magari, di partecipare alla gara per l’assegnazione delle nuove frequenze o, visto che i multiplex nazionali nel passaggio al digitale terrestre di seconda generazione si ridurranno da 20 a 10 e quelli locali da 18 a 5, di prendere i soldi e rinunciare. I fondi, certo, non mancano: l’asta per il 5G ha fruttato l’anno scorso 6,5 miliardi di euro. L’abbondanza, però, non giustifica per il Mise le richieste degli operatori e l’alternativa su cui si sta lavorando, ovviamente, fa infuriare chi teme di vedersi sfuggire decine di milioni di contributi pubblici.
LA PROPOSTA arrivata dagli operatori a inizio gennaio prevedeva che ognuno fosse indennizzato sulla base del numero di abitanti presenti nell’area coperta dal segnale delle emittenti del gruppo. Ne era anche stata stimata la cifra: 0,37 euro a persona. Al ministero l’hanno presa in considerazione, tanto da spingersi a farne una simulazione. Veniva però fuori che 80 milioni di euro sarebbero andati a soli nove operatori su 312, in tutta Italia. In pratica, quasi un terzo della dotazione andava a meno del 3 per cento delle emittenti. Numeri che, oltretutto, agli uffici di del Mise non sembravano giustificati dagli investimenti effettuati per le reti e la copertura della popolazione. L’alternativa a cui si lavora, adesso, è rimodulare gli indennizzi, partendo peraltro dai pareri chiesti ad Agcom e Antitrust: le due authority, di fatto, raccomandano di evitare di favorire gli operatori con indennizzi spropositati (soprattutto in ottica di nuove acquisizioni possibili e visto che molte frequenze sono state date a titolo gratuito) e di tenere conto che molte spesso fanno capo allo stesso operatore. L’Agcom propone anche di non far riferimento ai ricavi ma al valore di scambio nella compravendita delle frequenze, il ministero però non detiene tutti i dati sui prezzi di vendita proprio perché molte sono state concesse a titolo gratuito. La soluzione potrebbe essere quella di basarsi sui valori economici degli impianti, l’Antitrust propone di legare gli indennizzi agli investimenti parametrandoli non ai ricavi, ma ai cosiddetti “costi irrecuperabili” sostenuti per la realizzazione delle reti, documentati ad esempio con le fatture. Quale che sarà l’esito, la guerra si è spostata sul piano politico. “Il decreto legge ‘Rilancio’ non dovrebbe più contenere la norma, particolarmente contestata da Aeranti-Corallo insieme alla Associazione Tv locali di Crtv e alla Alpi, finalizzata a introdurre criteri di indennizzo delle frequenze dismesse diversi da quelli adottati con le precedenti procedure - scrivevano nei giorni scorsi le associazioni di categoria - Si basava, invece, su criteri complessi, che presuppongono un lungo iter procedimentale che, come tali, non avrebbero permesso di conoscere immediatamente gli importi degli indennizzi ”. L’ emendamento proponeva la visione del Mise, cara oltretutto alla sottosegretaria Mirella Liuzzi: “Indennizzare sulla base di stime dei valori economici degli impianti trasmissivi in funzione della loro classe di potenza”. Dati che l’Agcom già detiene, semplificando così tutto l’ iter e garantendo una distribuzione più orizzontale degli indennizzi. Visione che ad ogni modo potrebbe trovare spazio in un decreto interministeriale Mise-Mef.
LE EMITTENTI intanto scalpitano. Il 30 aprile il Mise ha pubblicato il bando per il rilascio anticipato delle frequenze e i deputati Federica Zanella e Giorgio Mulè (FI) hanno fatto una interrogazione. Il tema è sia storicamente caro alla destra, sia politicamente allettante per gli interessi che rappresenta. Con il sistema prospettato dagli operatori, 40 milioni di euro potrebbero andare al gruppo Canale Italia Due (riconducibile a Canale Italia, emittente veneta di Lucio Garbo, ex consulente del senatore Maurizio Gasparri), almeno 28 milioni potrebbero andare al gruppo 7 Gold (attraverso diverse affiliate e controllate) e 8 milioni alle emittenti siciliane riconducibili all’editore catanese Mario Ciancio Sanfilippo, l’editore della Gazzetta del Mezzogiorno imputato per concorso esterno in associazione mafiosa.