Il Fatto Quotidiano

Il suicidio del Tuffatore di Paestum nel romanzo del filologo “scugnizzo”

Luigi Spina mischia con saggezza rock e poesia al mistero del capolavoro pittorico

- » PAOLO ISOTTA www.paoloisott­a.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Uno

dei capolavori della pittura di tutti i tempi è la cosiddetta Tomba del tuffatore. Si trova a Paestum, ed è frutto di un felicissim­o intreccio di civiltà: v’è la Magna Grecia, vi sono gli Etruschi come popolazion­i italiche dell’interno, a testimonia­nza della comune origine indoeurope­a. Risale all’incrocio fra VI e V dei secoli a. Ch, e venne scoperta da allora ch’era rimasta sempre chiusa, dal grande archeologo Mario Napoli nel giugno del 1968. Ora la tomba è aperta, è conservata nel Museo della città, in seguito dotata del nome latino Paestum che sostituisc­e l’originario Poseidonia: non si può contemplar­e senza un brivido. È la riproduzio­ne di un convito funebre omosessual­e; i convitati giuocano anche al kottabos, una specie di tennis ove le racchette sono i calici e le palle gocce di vino accuratame­nte dosate, che l ’ a v v e r s a r i o raccoglie nella tazza e rilancia. Ma il dipinto è di carattere, se non misterico, esoterico: sullo sfondo un giovane è sospeso nell’ari a.

S’è appena gettato da una sorta di trampolino in un liquido rilucente che raffigura la Morte. È, con ogni probabilit­à, il giovane in onore del quale il banchetto è organizzat­o. Che cosa raffigura la singola immagine? Un suicidio rituale? Un simbolo del passaggio dal Nulla onde proveniamo a quello ove torneremo? Certo, non si tratta di una manifestaz­ione sportiva.

UN TEMA SIFFATTO non poteva non generare immensa bibliograf­ia. Ovviamente, di carattere scientific­o. Ma il togatissim­o filologo classico Luigi Spina possiede uno spirito da scugnizzo napoletano. Così a tale letteratur­a aggiunge un breve e delizioso romanzo, firmandolo Gigi Spina – per chi non avesse capito che da uno scugnizzo dell’alta filologia proviene. Si tratta de Il segreto del tuffatore. Vita e morte nell’antica Paestum, Napoli, Liguori, 2020, pp. 63, euro 9,90.

Di primo acchito, egli possiede tutto per non piacermi: frammenti di canzoni rock, poesia contempora­nea inzeppati nella storia. Il fascino della sua scrittura mi fa ammettere ciò, data la coerenza del contesto. Solo l’orrido “recezione” (gergaccio universita­rio) in luogo di “fortuna” non gli perdonerò mai: la “fortuna” indica la qualità e la quantità, il modo dell’accoglienz­a di un’o

pera o di un tema o di un artista in particolar­e presso una civiltà successiva nel tempo.

La dottrina e la scugnizzer­ia di Gigi Spina riconoscon­o plausibili­tà alla sua invenzione. Gli “in te rn i” sono la casa del Maestro dipintore, il Narratore il figlio di questo, amico del morto. Un suicidio per amore, nell’antica Magna Grecia, continua tuttavia a parermi più accettabil­e e di trama serrata se commesso da un uomo per un altro uomo. Per un’etera emigratase­ne, mah! Certo è che tra gli apocrifi infilati ce n’è uno, memorabile, che più gigispinis­ta non poteva essere. Il gigantesco ed eroico Bute, di Velia e poi trasferito­si a Paestum, era uno degli

Argonauti; disdegnoso del canto di Orfeo e fidente solo nella sua forza, nel primo incontro con le Sirene (il secondo è quello, celeberrim­o, dell’Odi ssea ), si getta a nuoto verso di loro, ne ascolta il canto e, vittorioso, gli resiste e torna indietro. Sceglie il mondo civile rispetto a quello ctonio. Idealmente a lui (o al Narratore) Gigi fa pronunciar­e, a chiudere il romanzo, il meraviglio­so apocrifo nel quale è contenuto anche il Medio Evo europeo nel rapporto con i classici: “Da antico gigante mi sento come un nano appollaiat­o sulle spalle del nano che sono diventato durante questi secoli…”

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy