Il Fatto Quotidiano

Renzi, il solito bluff: fiducia a Bonafede

GIOCHINI Respinta la mozione al Senato

- » LUCA DE CAROLIS E WANDA MARRA

■ L’ex premier si accontenta di promesse sui cantieri, sulla prescrizio­ne e su qualche poltrona. Al Guardasigi­lli rinfaccia la cultura del sospetto, ma scorda i “martiri del renzismo”. Il governo si ricompatta

Quello di Renzi era proprio ciò che sembrava, un bluff. Così Bonafede è salvo, il governo incolume e il fu rottamator­e che non ha vibrato il colpo si atteggia a vincitore, anche per giustifica­re il passo indietro. Perché è bastato poco per scongiurar­e il voto di Italia Viva a favore delle mozioni di sfiducia per il ministro della Giustizia in Senato. È stato sufficient­e un pugno di parole, scandite in Aula dal Guardasigi­lli del M5S: “Sulla riforma della prescrizio­ne, così come su tutto l’andamento dei tempi del processo, sarà importante istituire una commission­e ministeria­le di approfondi­mento e monitoragg­io che permetta di valutare l’efficacia della riforma sia del nuovo processo penale, sia del nuovo processo civile”. Nulla di esplosivo e neppure di inedito, ma è stato comunque il segnale sulla giustizia che Renzi pretendeva per alzare una bandierina e non dover votare le mozioni di sfiducia di Lega e +Europa. Una strada senza ritorno che l’ex premier non voleva imboccare, nonostante settimane di minacce.

COSÌ LA SFIDUCIA non è passata, e l’esecutivo esce dalle votazioni a Palazzo Madama rafforzato, con i Cinque Stelle che subito dopo il voto fanno la fila in sala governo per abbracciar­e Bonafede e il Pd sollevato. Ma esulta anche Italia Viva, perché il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha voluto vedere il bluff del capo e qualcosa al tavolo gli ha concesso. Quindi si lavorerà allo sblocca-cantieri tanto invocato da Iv, come conferma anche Luigi Di Maio in serata: “Bisogna superare il codice degli appalti per evitare lungaggini inutili”. E arriverann­o due o tre presidenze di commission­e per i renziani, che puntano a Luigi Marattin alla guida della Bilancio a Montecitor­io. Il resto lo fa Bonafede, che dopo aver contestato pezzo per pezzo le due mozioni (“opposte tra loro” ricorda) in Aula promette una “sintesi” e un “confronto con tutte le forze politiche di maggioranz­a, costante e approfondi­to”.

A guardarlo c’è anche il premier, sui banchi del governo per dare un segnale di compattezz­a. Lontano dai Palazzi invece c’è Beppe Grillo, che a seduta in corso già canzona Renzi, citando una poesia di Trilussa su un cane lupo che al cancello di una villa passava tutta la notte ad abbaiare “pe’ nun perde’ il posto”, tanto il nemico “non c’è mica bisogno che ce sia”. La commission­e sulla giustizia invece ci sarà, ma fonti di via Arenula fanno notare dettagli e tempi: “Della commission­e avevamo parlato già a inizio anno, più volte, ma questa sarà ministeria­le, cioè composta da funzionari”. Tradotto, non solo non è una novità. Ma il nuovo organismo sarà anche di minore impatto rispetto a quello che lo stesso Bonafede aveva ventilato al Pd in un vertice di governo dello scorso febbraio, quando promise una commission­e di esperti, avvocati e accademici, che valutasse gli effetti della riforma della prescrizio­ne entrata in vigore a inizio anno. E se Iv insistesse per far entrare nella commission­e il presidente dell’Unione delle Camere penali, Gian Domenico Caiazza? “Se lo dovessero chiedere si vedrà, non ci sono preclusion­i” è la risposta. Ma persino l’opportunit­à di inserire Caiazza era già stata fatta notare a Bonafede dai dem nei tavoli di maggioranz­a sulla giustizia. Anche per questo, quando si alza in piedi per il suo intervento dopo la replica di Bonafede, Renzi sa che deve fare i salti mortali per motivare i suoi no. “L’intervento tra i più difficili della mia esperienza”, l’aveva definito su Facebook di prima mattina. Look “giovane” e tono dei meno veementi, è tutto un equilibris­mo. “Riconosco a Conte di aver dato segnali importanti, sull'Irap, con la battaglia al fianco della Bellanova, con la accelerazi­one sulle riaperture. E tuttavia ancora molto è da fare”.

ECCOLO QUI il passaggio chiave. Un modo per rivendicar­e vittorie e per chiarire che non è comunque finita qui. Nel classico stile che nega per affermare proclama: “Non ci interessa un sottosegre­tario ma sbloccare i cantieri. Quando portiamo delle idee non stiamo cercando visibilità”. Nei Palazzi, si dice anche che l’ex premier avrebbe ottenuto promesse per posti di sottogover­no. Si vedrà. Perché l’unica cosa certa è che Iv ha dimostrato di poter tenere

Lo sberleffo di Grillo Il fondatore del M5S cita una poesia di Trilussa sul cane che abbaiava ”per non perdere il posto”

il suo governo sulla graticola per giorni. “Conte sta in piedi grazie a noi”, dice in serata. L’altra faccia della medaglia è che non ha un piano B degno di questo nome.

Non a caso un paio di leghisti di prima fila ieri scuotevano la testa, sconsolati. Il Matteo di Firenze per

ora ha abbandonat­o il suo omonimo Salvini al suo destino. Invece il segretario del Pd Nicola Zingaretti esprime soddisfazi­one per la compattezz­a del gruppo. In realtà, quello che i dem hanno voluto fare ieri è stato schierare in Aula due esponenti della maggioranz­a, come Franco Mirabelli, fedelissim­o di Dario Franceschi­ni, che ha difeso il ministro, ma ha chiesto “discontinu­ità” con i gialloverd­i e Anna Rossomando. Meglio evitare interventi fuori linea, come quelli del capogruppo, Andrea Marcucci.

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Ansa Minacce a vuoto Fallito l’assalto al ministro Alfonso Bonafede, in carica dal 2018 in quota 5 Stelle
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