“Su Fca Conte parli con Parigi Il futuro è in mano francese”
Giorgio Airaudo Per il sindacalista ex-Fiom l’aiuto pubblico copre i nodi della fusione con Peugeot: “Taglieranno in Italia?”
Giorgio Airaudo, che pensano a Mirafiori del prestito di 6,3 miliardi da Intesa San Paolo? E che ne pensa la Fiom di Torino, la città dove si continua a dire Fiat invece di Fca?
Non è facile saperlo. Il gruppo è quasi tutto in cassa integrazione. La realtà è che gli operai di Fca stanno assistendo a una discussione surreale e preoccupante.
È sbagliato contestare una garanzia così ampia per chi ha la sede fiscale a Londra? Sì, la vicenda della sede fiscale è vecchia e senza più rimedio. Bisognava sollevarla quando fu trasferita, invece di plaudire a Marchionne e a Elkann che, allora, era sotto tutela del primo. Marchionne, uno che aveva trattato con Obama, avrebbe potuto modificare le sue scelte. Oggi siamo di fronte a qualcosa di diverso.
Cerchi di spiegarlo. L’emergenza sanitaria ha portato alla ribalta la fusione con i francesi di Peugeot che, mesi fa, era stata quasi ignorata dal nostro governo. Chi sono gli interlocutori con i quali discutere ora delle condizioni per quella garanzia, per esempio del mantenimento dell’occupazione in Italia? Elkann oppure i francesi e il governo Macron che è azionista di Peugeot?
Sarebbe poi così diverso? Sì, perché cambierà tutto. Un po’ come per il gruppo Gedi, dopo che Elkann ha aggiunto Repubblica a la Stampa, con pezzi d’informazione che si sono messi a fare lobbying per Fca. Nel 2020, il controllo passerà nelle mani dell’ad Carlos Tavares, sarà francese anche il direttore finanziario e Parigi prevarrà nel consiglio di amministrazione. Mesi fa il governo non l’ha fatto, ma ora il premier Conte deve chiedere rassicurazioni in Francia.
Nel 2021 è fissato anche il famoso concambio tra il gruppo Psa e Fca che dovrebbe portare a Torino almeno 5 miliardi. È stato presentato come la compensazione per quel mercato Usa che i francesi non avevano. È così?
Io credo di più a chi dice che quel tesoro è il pagamento della rinuncia a comandare nel nuovo gruppo. Ed è proprio il dividendo verso Exor di quei 5 miliardi il vero oggetto della discussione legata al prestito. Chi l’ha capito meglio di tutti è Carlo Calenda, anche se quando era ministro non pretese da Fca un piano industriale credibile.
E come potrebbe giocarsi la partita tra Italia e Francia attorno a quei 6,3 miliardi di prestito?
Pretendendo garanzie sull’occupazione dai francesi prima di tutto e poi imponendo con chiarezza un blocco dei dividendi per tre anni, cioè la durata del prestito. E con la certezza che esso non riguarderà solo Fca Italia, ma anche la holding che ha la sede fiscale a Londra. Altrimenti, il prestito diventerà uno strumento utile per poter gestire proprio il dividendo straordinario per Exor.
Peugeot è davvero coinvolta nella querelle italiana? Deve chiudere senza intoppi.
Magari chiederà di diminuire il concambio, tenuto conto delle previsioni di un crollo delle vendite in Europa sino al 50%, ma deve approdare negli Usa. Anche i francesi sono interessati al prestito: è decisivo per i rapporti con Exor.
Non le sembra un po' esagerata questa ricostruzione? Per nulla. Servono garanzie sull’occupazione in Italia, serve una scelta etica da parte di Fca: nessun dividendo per tre anni. E serve stanare i nuovi padroni, i francesi, compreso lo Stato che è azionista di Peugeot: che cosa faranno degli stabilimenti italiani? Sulla questione etica Intesa Sanpaolo e i giornali legati a Fca parlano dell'intera filiera dell'auto che può trarre giovamento dal prestito. È vero o no?
Questa è la vera esagerazione. Marchionne aveva già delocalizzato la maggior parte dell’indotto Fiat fuori dal nostro paese. Fca Italia poi, dalle voci che raccogliamo tra chi lavora per il gruppo, è – diciamo così – un pagatore lento: 120, 180 anche 210 giorni prima di saldare. E a qualcuno, in piena pandemia, è stato chiesto addirittura un ‘gesto generoso’: sconti su fatture già emesse. I francesi hanno sul loro territorio un indotto che è perfettamente sovrapponibile a quello di Fca e che può sostituirlo. Ci risulta che proprio Conte abbia sottolineato questo rischio nei suoi incontri con i vertici dell’azienda.
Una consiglio per Elkann? Di fare come volle Marchionne quando fu presentata a Torino la nuova Ypsilon nel maggio 2011: lui e il giovane Elkann si presentarono con al bavero la spilletta che diceva Paid. Significava che avevano pagato, con 6 anni di anticipo, il debito col governo Usa per Chrysler. Ecco, dicano che entro tre anni restituiranno quello da 6,3 miliardi e che, nel frattempo, non incasseranno nessun dividendo.
Stop ai dividendi per i tre anni del prestito o così tuteliamo solo gli Agnelli. E servono certezze sugli impianti italiani quasi fermi