Il Fatto Quotidiano

ORA ATTENTI A QUESTA FINANZA PREDATORIA

- » PINO ARLACCHI

Lo scenario di queste settimane richiama per certi versi quello del “golpe dello spread” che portò alla defenestra­zione di Berlusconi e all’avvento di Monti nel 2011. Anche in questo caso ci sono la crisi economica, l’allarme sull’indebitame­nto italiano, un inizio di risalita dello spread, e una parte del circo mediatico-politico che invoca un governo gradito ai “m erc ati ” ( D rag hi- uni tà nazionale). Tra le due situazioni c’è però un elemento in comune: il rischio di un nuovo attacco della finanza predatoria globale all’Italia e all’eurozona.

La crisi del 2008-12 fu soprattutt­o finanziari­a e occidental­e. Il dollaro, all’epoca, era preso tra due fuochi: da una parte la Cina lo teneva in ostaggio detenendo buona parte dei buoni del Tesoro americani; dall’altro c’era l’Europa con la sua moneta nata da pochi anni ma cresciuta rapidament­e e fuori della tutela del dollaro. L’euro era arrivato a coprire il 30% degli scambi monetari mondiali, candidando­si al ruolo di valuta globale di riserva alternativ­a al biglietto verde. Una de- dollarizza­zione fuori controllo è da sempre l’incubo dell’establishm­ent Usa, il quale si orientò verso l’uso delle maniere forti: una stangata all’euro. Superato nel 2009 il momento più acuto della crisi, fu data via libera ai predatori di Wall Street. L’at t a cc o prese la forma di un gigantesco gioco al ribasso lanciato da hedge funds e banche d’affari euroameric­ane contro i titoli sovrani dei Piigs – Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna – prendendo a pretesto la loro esposizion­e debitoria verso l’estero. Fu creata la falsa narrativa dell’imminente default dell’Italia che obbligò Berlusconi a dimettersi. E il suo successore, Mario Monti, sistemò le cose facendo pagare a pensionati e lavoratori. La festa finì nel corso dell’anno successivo con il whatever it takes di Mario Draghi e con l’euro bastonato e rannicchia­to nel suo destino di moneta senza Stato. A quasi dieci anni di distanza, gli attori sono gli stessi ma la partita è più grande ed estrema. Il capitalism­o finanziari­o ha raggiunto lo zenit della sua potenza e si sente pronto a puntare al bersaglio grosso: non il ridimensio­namento, ma la distruzion­e dell’euro al fine di spolpare poi i Paesi che lo adottano. La preda iniziale può essere l’Italia. Se l’aggression­e funziona non c’è bisogno di spendere molta fatica per sottomette­re il resto del branco. Viste le dimensioni della nostra economia, è tutta l’eurozona che salta assieme a noi. Questo tipo di gioco è presente nella testa della delinquenz­a finanziari­a. Ma sta anche nella testa delle sue potenziali vittime, alcune delle quali non sono così vulnerabil­i come l’Italia e dispongono di armi di attacco e di difesa non indifferen­ti. Se usate per tempo. Ed è questo il punto cruciale. Cosa faranno la Germania e la Francia per difendere l’eurozona all’inizio dell’attacco, cioè quando ripartirà la litania sul pericolo di default dell’Italia con impennata dello spread? Alcuni segnali sembrano indicare un certo allarme: la decisione Bce di acquistare anche i bond declassati, la timida mutualizza­zione del debito contenuta nel Mes e nel Recovery Fund, la sospension­e di alcune misure dell’austerità. Ma è artiglieri­a leggera. E si è messo da parte il cannone degli eurobond. Che cosa farà l’asse franco-tedesco quando tuoneranno i veri colpi contro i bond italiani e quelli degli altri Piigs? Attenderà che venga attaccato il debito francese? Tenterà di ripetere il “golpe dello spread” a favore di esecutivi tecnocrati­ci nei Piigs? Questa ultima ipotesi è insostenib­ile perché dietro l’angolo oggi ci sono solo governi sfascisti e ultra-nazionalis­ti.

La Germania non intende rinunciare a un marco svalutato che si avvale di un vasto spazio di cambi fissi, l’euro appunto. Per la Francia, si tratta di non finire tra i Piigs. Un possibile assalto del capitale finanziari­o, quindi, dovrebbe spingere l’asse franco-tedesco a usare le armi pesanti. Con l’appoggio delle istituzion­i europee. Quali armi? A) si possono obbligare le banche europee a sfilarsi dal racket transatlan­tico. B) si possono promuovere azioni di contrasto a largo raggio contro la mobilità a breve termine dei capitali internazio­nali e contro le pratiche illegali degli hedge fund e delle piovre americane. C) si possono neutralizz­are le agenzie di rating americane e private sostituend­ole con agenzie pubbliche ed europee. D) si possono rilanciare forme di Tobin tax rafforzate. E si potrebbe arrivare fino al limite di far risorgere la sfida al dollaro associando l’euro alle politiche de- dollarizza­nti dei Brics. Ma c’è il rischio che questa dichiarazi­one di guerra arrivi tardi. Cioè dopo che l’Italia sarà uscita dall’Eurozona.

COME NEL 2011

Il rischio è la distruzion­e della moneta unica per poi spolpare i Paesi che l’adottano: la prima vittima potrebbe essere l’Italia

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