Il Fatto Quotidiano

Il suk delle commission­i: Italia Viva ne reclama quattro, i Dem cinque

Scadono le presidenze elette due anni fa dalla maggioranz­a gialloverd­e

- » GIANLUCA ROSELLI

L’ammuina

di Matteo Renzi sul voto su Alfonso Bonafede ha riacceso i riflettori su un capitolo che stava per passare in secondo piano: il rinnovo dei presidenti delle commission­i parlamenta­ri. Il leader di Italia Viva mercoledì a Palazzo Madama sprizzava buonumore da tutti i pori. Tanto che tra i cronisti ci si chiedeva quale sarebbe stata la contropart­ita per “salvare” il ministro. Anche se poi a votare contro Bonafede è probabile che Renzi non ci abbia nemmeno mai pensato: perché mettere a rischio un esecutivo dove Italia Viva detiene la golden share e può fare il bello e cattivo tempo? La certezza di un altro governo dopo il Conte 2, infatti, non gliela può dare nessuno, tanto meno il Colle, nonostante a suo dire “un altro esecutivo si fa in un quarto d’ora”.

COMUNQUE, in questo passaggio, e continuand­o a mettere in fibrillazi­one la maggioranz­a, può darsi che q u a l c h e p o ltroncina in più il leader di Italia Viva riesca a spuntarla, tra un rimpasto di governo sempre meno probabile e il rinnovo delle commission­i, che invece cadrebbe a fagiolo. Le commission­i, infatti, si rinnovano dopo due anni con una leggera differenza: a Palazzo Madama a due anni dall’inizio della legislatur­a, a Montecitor­io a due anni d a l l ’ i n s e d i amento delle commission­i stesse. In teoria, dunque, andrebbero rinnovate prima le 14 del Senato e poi le co rri spon den ti alla Camera. Ma è quasi certo che il rinnovo sarà complessiv­o, a giugno. “O si fa un ragionamen­to su un pacchetto completo, tenendo conto di tutti gli equilibri della maggioranz­a, oppure la partita rischia di complicars­i”, raccontano dal Pd. E se c’è una cosa di cui il premier Conte non ha bisogno sono nuove tensioni su posti da assegnare.

IL RINNOVO delle commission­i, infatti, è importante perché dovrà riequilibr­are il quadro secondo la nuova maggioranz­a, dato che le attuali presidenze sono il frutto della precedente, quella gialloverd­e. Le Lega, per dire, vanta ben dieci presidenze (tra cui Claudio Borghi alla Bilancio della Camera e Stefano Borghesi alla Affari costituzio­nali del Senato) che dovrà lasciare a vantaggio di Pd, Italia Viva e Leu. Mentre non è ancora chiaro se i pentastell­ati riuscirann­o a mantenere le 15 presidenze attuali o se dovranno cedere qualcosa. Il Pd, per esempio, sembra orientato a ridiscuter­e tutto. Nel frattempo trapelano i “desiderata” di Italia Viva, tutti alla Camera: Luigi Marattin alla Bilancio, Maria Elena Boschi agli Affari costituzio­nali (decisiva perché dovrà gestire il cambio dei

Il totonomi Gli italo-viventi vanno su Boschi, Marattin, Paita e Annibali. I Dem vogliono piazzare il figlio di De Luca

collegi post referendum sul taglio dei parlamenta­ri), Raffaella Paita ai Trasporti e Lucia Annibali alla Giustizia. Alla fine Renzi dovrà accontenta­rsi di 2 o 3. Cinque, invece, quelle che andranno al Pd. Una delle quali potrebbe essere la Lavoro del Senato, con Tommaso Nannicini, ma si punta pure alla Bilancio, con Dario Stefàno. Mentre per i dem, a Montecitor­io, potrebbero entrare in partita Lia Quartapell­e, Debora Serracchia­ni e Piero De Luca. Uno o due, invece, i posti per Leu, tra cui la commission­e Giustizia del Senato, con Pietro Grasso.

Insomma, i giochi si faranno più in Parlamento che nel governo. Dove il rimpasto sembra un’ipotesi sempre più remota. E comunque il rinnovo delle presidenze farà gioco a tutti i contrari (Conte in primis) a mettere mano alla squadra di Palazzo Chigi. Insomma, tutto ciò che non verrà concesso nell’esecutivo potrà venir bilanciato nelle commission­i. “Meglio una presidenza di commission­e di peso (Aff. Cost., Bilancio, Esteri) che un sottosegre­tariato leggero”, si dice in Parlamento. Dove ora ci sono 13 presidenze da assegnare. Comprese le 2 dove siedono Laura Garavini di Iv (Difesa del Senato, subentrata al posto della leghista Donatella Tesei, eletta governatri­ce in Umbria) e Stefano Collina del Pd (Sanità di Palazzo Madama, dove prima stava Pierpaolo Sileri, ora viceminist­ro alla Salute).

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Il deputato pd Stefano Ceccanti ha immortalat­o il “salotto” in cui di solito si incontrano deputati e giornalist­i parlamenta­ri: a causa dell’emergenza Covid-19 è diventato parte dell’Aula
Il Transatlan­tico Il deputato pd Stefano Ceccanti ha immortalat­o il “salotto” in cui di solito si incontrano deputati e giornalist­i parlamenta­ri: a causa dell’emergenza Covid-19 è diventato parte dell’Aula

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