Il Fatto Quotidiano

“Un’opera inutile, andai via sbattendo la porta”

Alberto Zangrillo Il primario del San Raffaele lo aveva detto: sarà pronto quando i ricoveri in terapia intensiva saranno in calo

- G. B.

Questa volta sta ben attento a non farsi sfuggire neppure una parola contro l’ospedale alla Fiera di Milano, 21 milioni per 21 pazienti in terapia intensiva. Alberto Zangrillo, primario di Anestesia e rianimazio­ne al San Raffaele di Milano, non vuole alimentare ulteriori polemiche: “Basta critiche. Voglio essere propositiv­o, voglio indicare una via”. Ma in Regione si ricordano bene quando se ne andò sbattendo la porta, durante una delle prime riunioni sull’ospedale da impiantare in Fiera.

U N’OPERAZIONE INUTILE, disse senza troppi giri di parole al presidente Attilio Fontana e all’assessore Giulio Gallera. Perché Zangrillo prevedeva che quando la struttura sarebbe stata pronta, la curva di ricoveri in terapia intensiva sarebbe stata in calo; e così è stato. E perché riteneva, e continua a ritenere, che “una rianimazio­ne non possa essere svincolata, anche in termini di spazi, da una struttura ospedalier­a”. Inoltre, sostiene Zangrillo, “credo che non si possa assemblare un reparto di terapia intensiva senza fondarlo su un gruppo di medici e infermieri abituati a lavorare insieme”.

Non gli hanno dato retta. L’ospedale in Fiera era lo spot da esibire in mancanza di tutto il resto: tracciamen­to, medicina territoria­le, protezioni per medici e infermieri, tamponi, test sierologic­i. Oggi, volendo “essere propositiv­o”, il professor Zangrillo comincia comunque non andandoci giù leggero: “Sono in completo disaccordo con chi mette al primo posto, negli interventi per adeguare il servizio sanitario, il rafforzame­nto delle terapie intensive. Lo ripeto: fa di più un infermiere ben preparato che cento ventilator­i da terapia intensiva. Bisogna rafforzare invece i presidi medici territoria­li”.

Zangrillo snocciola qualche cifra: “In Italia abbiamo 8,8 posti di terapia intensiva ogni 100 mila abitanti. In Germania sono 24, anche se loro contano pure le terapie sub-intensive. Per adeguarci ai numeri tedeschi ci vogliono molti soldi e molto tempo. Ma subito possiamo e dobbiamo fare un’altra cosa: migliorare quello che già c’è. La terapia intensiva è l’ultima op

zione. Prima si deve intervenir­e sul processo di presa in cura del paziente, prima di essere costretti alla terapia intensiva. Bisogna intervenir­e tempestiva­mente innanzitut­to nell’assistenza domiciliar­e, che nella prima fase della pandemia da Cavid- 19 non c’è quasi stata. Poi si deve intervenir­e, sempre con tempestivi­tà, nella fase ospedalier­a, quando questa è necessaria: in questi mesi molti pazienti sono arrivati in ospedale troppo tardi. Infine c’è la terapia intensiva: è l’ultima fase”.

POI ZANGRILLOp­rova a fare una previsione: “Sono sicuro che tra 10, 15 giorni sul carro di coloro che sostengono che il virus stia diventando meno cattivo ci saranno solo posti in piedi”. E se invece ci sarà una nuova ondata di contagi? “Dobbiamo sperare che non accada, ma farci trovare pronti se accadrà”.

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Ansa L’assessore al welfare, Giulio Gallera
 ?? Ansa © RIPRODUZIO­NE RISERVATA ?? Primario Alberto Zangrillo, primario di Anestesia e rianimazio­ne all’ospedale San Raffaele di Milanoi
Ansa © RIPRODUZIO­NE RISERVATA Primario Alberto Zangrillo, primario di Anestesia e rianimazio­ne all’ospedale San Raffaele di Milanoi

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