Il Fatto Quotidiano

Luci e ombre del Btp da “record”: gli italiani sostituisc­ono gli stranieri in fuga, ma il gioco ha i suoi rischi

RisparmioB­uona notizia, basta che in futuro non si alzino ogni volta i rendimenti offer ti

- » FRANCESCO LENZI

Il collocamen­to del nuovo Btp Italia è andato ben oltre le previsioni. Ai 14 miliardi richiesti dal settore r et ai l , soprattutt­o piccoli risparmiat­ori, si è aggiunta la richiesta per 19,5 miliardi degli investitor­i istituzion­ali. Questi ultimi sono stati soddisfatt­i per meno di metà. L'importo totale emesso sarà così 22,3 miliardi (il Tesoro puntava a 15 miliardi), record per questa forma di titoli di Stato.

L’offerta ai risparmiat­ori era davvero vantaggios­a. Complice il calo dei rendimenti dopo l’ann uncio del piano f r a n c o- t e d esco sul R e c overy Fund, il Btp Italia offriva un rendimento nominale superiore di 20/ 30 punti base rispetto al Btp tradiziona­le, oltre alla protezione dall’inflazione. È andata bene ed è probabile che il Tesoro lo rifarà, nell’ottica di canalizzar­e una fetta più grande dei risparmi degli italiani verso i titoli di Stato che dovrà emettere in abbondanza: secondo le stime del Def, il deficit che quest’anno lo Stato avrà bisogno di finanziare si avvicinerà ai 170 miliardi. Bankitalia, attraverso i vari programmi di acquisto di titoli di Stato che la Bce ha annunciato, arriverà ad assorbirne circa 190/ 200 miliardi.

Il rischio, in questa situazione di precario equilibrio, è rappresent­ato dalla possibile fuga di investitor­i esteri. Lo si è già visto a marzo, stando ai dati della Banca d'Italia: c’è stato un deflusso netto di capitali per oltre 107 miliardi, il più elevato dalla nascita dell’euro e, cosa ancor più grave, ha avuto caratteris­tiche simili a quelle registrati durante la “crisi dello spread” del 2011. Negli anni scorsi i deflussi erano causati dalle decisioni di portafogli­o degli italiani, che re-investivan­o in fondi e titoli esteri il corrispett­ivo che ricevevano dalla Bce a fronte del Quantitati­ve easing, mentre invece la fuga di marzo è dovuta quasi esclusivam­ente all’uscita dei capitali esteri. Gli stranieri hanno ritirato dai titoli di Stato più di 51 miliardi, dai depositi presso le banche italiane altri 50 miliardi. La Banca d’Italia è intervenut­a per fare in modo che i deflussi non si riflettess­ero in una diminuzion­e considerev­ole della liquidità sul mercato e quindi in un rialzo dei tassi d’interesse. Ci sono stati acquisti di titoli di Stato per circa 13 miliardi, prestiti alle banche in dollari per 12 miliardi e rifinanzia­menti a lungo termine per 44: complice anche la spesa del Governo, che ha liberato altri 25 miliardi, la liquidità nel sistema è diminuita in modo contenuto.

In quest’ottica, la strategia del governo di attirare una quota più elevata di risparmio privato italiano ha una duplice finalità: aumentare il numero degli investitor­i “pazienti” e liberare spazio alla banca centrale per assorbire senza ampliare ancora i propri programmi le oscillazio­ni degli investitor­i esteri.

Questo tipo di strategia è esposta però anche a rischi: concentrar­e il risparmio degli italiani in un unico asset lo fa sempre più dipendere dal suo andamento. Se lo Stato, per richiamare quote aggiuntive di risparmio, deve ogni volta ricorrere a condizioni sempre migliori, diminuirà l’appetito di tutti gli altri operatori sul mercato secondario, che rimarranno in attesa della prossima emissione a condizioni sempre più vantaggios­e. La speranza è che gli italiani continuino ad aver fiducia nell’affidabili­tà dello Stato, e che lo Stato faccia tutto quello che serve, anche di più, per meritarsi questa fiducia.

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