Falcone: “Mattarella si era sbarazzato dei voti mafiosi”
L’audizione del 1991 al Csm sull’omicidio di Piersanti
Il giudice sul movente: “Il presidente della Regione era felice perché i suoi elettori non erano più concentrati nel suo feudo, zona ad altissima densità mafiosa”
Èla mattina del 15 ottobre 1991. Sono le 9:30. Mancano solo sei mesi alla strage di Capaci e Giovanni Falcone fa ingresso nel Csm. Gli ultimi giorni della sua vita li passa a difendersi. Non soltanto da Cosa Nostra.
Quel giorno deve difendersi da una serie d’accuse infamanti dinanzi ai suoi colleghi, nella prima sezione del Consiglio. Il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, gli imputa di non aver indagato a fondo sull’omicidio del presidente siciliano Piersanti Mattarella – fratello di Sergio, l’attuale presidente della Repubblica – ammazzato il 6 gennaio 1980. Un omicidio mafioso (con presunte complicità mai dimostrate nell’estremismo nero) che ancora oggi, 40 anni dopo, resta senza colpevoli. Falcone – che ha istruito il maxiprocesso, ha inventato e difeso il lavoro in pool, tanto contestato e poi smantellato – viene accusato di non aver esaminato otto pacchi di documenti sulle “sei scuole”, gli appalti scolastici sui quali lo stesso Mattarella aveva avviato un’indagine. Orlando – e non soltanto lui – lo ha accusato di aver “tenuto le prove nel cassetto”. E l’ha costretto a difendersi al Csm. Il Fatto pubblica oggi dei passaggi inediti di quell’audizione.
IL VICEPRESIDENTE della Prima Commissione Giorgio Lombardi sottolinea di aver sempre registrato un “idem sentire” tra Orlando e Falcone – “due campioni di questa lotta” – mentre ora prende “atto che uno attacca l’altro”. “Diceva Enzo Biagi – risponde Falcone – che ‘si può uccidere anche con la parola’...”. Ricordando il fallito attentato contro di lui all’Addaura, avvenuto due anni prima, aggiunge: “C’era chi diceva a tutti i giornalisti, ma non era Orlando, che quelle bombe, quei candelotti di dinamite me li ero messi da solo. Io non voglio parlare degli amici. Quando nel corso di una polemica vivacissima tra Orlando e altri, una giornalista mi chiese cosa ne pensassi di Orlando, io ho detto ‘ma che vuole che possa rispondere di un amico’, ecco. Dopo poche ore, tornato in sede, ho appreso di quell’attacco riguardante le prove nei cassetti. Ecco, questa è la situazione. Non intendo dare valutazioni di nessun genere”. Parole di un’amarezza sconcertante.
C’è persino, al di là delle accuse di Orlando, chi gli ha contestato di non aver indagato, per l’omicidio del generale Carlo Alberto dalla Chiesa, sul cavaliere del lavoro Carmelo
Costanzo. Il mafioso catanese Nitto Santapaola aveva riferito a verbale che Costanzo era preoccupato. Che l’arrivo del generale Dalla Chiesa avrebbe provocato problemi ai loro affari. “Una deposizione che sicuramente è conosciuta” dice a Falcone il presidente della Prima commissione Luciano Santoro. “L’ho raccolta io” risponde laconico Falcone.
Santoro gli legge l’accusa giunta al Csm: “Nessun provvedimento giudiziario è stato assunto nei confronti del Costanzo per il delitto Dalla Chiesa, neppure un’informazione di garanzia che fosse il segno della volontà di sviluppare le indagini”. “E per quale reato? – obietta Falcone – per concorso in omicidio?”. Dopo aver espresso il suo “sdegno” continua: “Cioè, sostanzialmente, io – Costanzo – dico: ‘ Ma a Palermo che fanno, niente, per ammazzare Dalla C hi e sa ? ’. Dopodiché Dalla Chiesa viene ammazzato e noi dovremmo emettere informazione di garanzia, per concorso in omicidio, nei confronti di Costanzo. Io non lo so: siamo tutti giuristi, qua. Mi domando che senso ha un’affermazione del genere”.
Parlando dell’omicidio di Piersanti Mattarella, spiega il suo “punto di vista” sulla vicenda delle “sei scuole”. Evoca anche l’audizione dell’attuale presidente della Repubblica: “Io credo che nell’omicidio Mattarella si sia indagato troppo a lungo su fatti specifici – le famose sei scuole – che, sì, sono sicuramente il sintomo di una querelle tra le organizzazioni mafiose e il compianto Piersanti Mattarella ma, come per esempio mi ha detto in maniera molto lucida e chiara il fratello di Piersanti, in un esame testimoniale che ho raccolto proprio io, sarebbe davvero riduttivo – e contrario alla realtà – pensare che l’omicidio di Piersanti Mattarella sia stato provocato da uno o più appalti rifiutati. La manovra moralizzatrice di Piersanti Mattarella – continua Falcone – era ben più ampia e articolata e cercava, soprattutto, di rendere la classe dirigente siciliana più stabile e coesa e meno permeabile a influenze di qualsiasi genere”.
PER SPIEGARE “l’importanza dell’opera politica”, Falcone riporta la testimonianza resa dall’avvocato Sorgi, che il giudice stima moltissimo e, pochi mesi prima del suo omicidio, aveva accompagnato in auto Mattarella ad Augusta: “Mattarella – racconta Falcone – si confidava con lui, in questo viaggio, dicendogli che era felice perché, mentre prima aveva ereditato il collegio elettorale di suo padre, e veniva votato pressoché esclusivamente a Castellammare del Golfo, dove non si può dire che tutti siano delle brave persone – in realtà Castellammare del Golfo è una delle zone a più alta densità mafiosa –, mentre negli altri collegi elettorali veniva votato molto poco, nelle ultime elezioni prendeva molto meno voti a Castellammare del Golfo, ma in compenso veniva votato un po’ ovunque. Quindi – conclude Falcone – lui era felice per questa azione moralizzatrice che gli aveva fruttato il consenso un po’ ovunque. Fatta questa premessa, io personalmente sono convinto che, se si pensa che dall’esame di un qualsiasi appalto di una scuola si può risalire a qualcosa di significativo, ho i miei dubbi”. Il Csm archivia la pratica il 4 giugno 1992. Falcone è morto da due settimane.
LE PAROLE DEL GIUDICE DAVANTI AL CSM
Il fratello di Piersanti mi disse che sarebbe davvero riduttivo pensare che l’omicidio sia stato provocato da uno o più appalti rifiutati