Il Fatto Quotidiano

Fontana, l’ansia di riaprire Il governo: “Contano i dati”

Il governator­e della Lombardia non vuole i confini chiusi dopo il 3 giugno In serata minaccia nuove restrizion­i: “Ho visto assembrame­nti e movida”

- » LUCA DE CAROLIS

Il governator­e assediato teme i confini ancora chiusi, le stimmate di presidente del disastro in Lombardia anche dopo il 3 giugno, il giorno in cui tra le Regioni dovrebbe tornare la libertà di circolazio­ne. Così il leghista Attilio Fontana avverte, ma soprattutt­o implora su Repubblica:“Non ci sarà bisogno di tenerci bloccati, anche per il giro d’affari che c’è, non ce lo meritiamo”. Ma dal governo ripetono a più voci che a comandare saranno i numeri, cioè i dati, proprio come si era deciso: “Se la prossima settimana in Lombardia il rischio di contagio dovesse essere alto non si potrà uscire o entrare dai suoi confini”.

L’ENNESIMO GIORNO di schermagli­e tra l’esecutivo e le giunte locali passa ancora di lì, per la Lombardia dove secondo la Protezione civile ieri i nuovi casi di contagio da coronaviru­s sono stati 441, circa il doppio di tutti quelli registrati nelle altre regioni, 228. Anche per questo da Roma citano il nuovo Dpcm, in base a cui il governo potrà a impedire qualsiasi giunta di spalancare le porte dopo il 3 giugno se i 21 parametri per la verifica segnassero bandiera nera. E ieri sera anche quei numeri hanno spinto Fontana a rialzare la voce: “Siamo pronti a intervenir­e con nuove restrizion­i per evitare che il lavoro svolto finora venga vanificato da alcuni incoscient­i”. Lo dice, il governator­e, “dopo aver visto nelle ultime ore foto e video di assembrame­nti e movida in diversi comuni lombardi”. Ma la partita è quella delle riaperture dei territori, un treno che Fontana non vuole perdere. Anche perché ogni giorno cresce il numero di chi ne chiede il passodi lato,c on l’hashtag # commissari­atela lombardia che si dilata. “La pressione delle associazio­ni locali è fortissima” nota un esponente di governo del M5S. Il primo problema per il Fontana che giura di non “aver fatto errori” e nel contempo smentisce il suo assessore alla Sanità Giulio Gallera: “Ha detto che la zona rossa avremmo potuto farla noi? Ha sbagliato”. E proprio Gallera accusa: “Contro la Lombardia ci sono attacchi politici”. Da fuori, il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia usa toni conciliant­i: “Dobbiamo abituarci a un monitoragg­io settimanal­e che può far suonare l’allarme, nessuna regione deve sentirsi offesa se viene paragonata a un’altra”.

Fuori virgolette, fonti di governo: “I numeri in Lombardia, Molise e Umbria oscillano molto tra i vari livelli di rischio. La prossima settimana valuteremo in base ai dati”. Per stemperare gli animi, martedì Boccia andrà a Milano con un volo dell’aeronautic­a, portando con sè un centinaio di infermieri destinati agli ospedali del Nord. Incontrerà il prefetto e Fontana, per fare il punto. Anche se non c’è certo solo la Lombardia da gestire. Il governator­e del Veneto Luca Zaia, anche lui leghista ma con altri numeri e un altro consenso, continua a forzare: “Le Regioni hanno superato l’esame di maturità, Roma percepisce ogni forma di autonomia come una sottrazion­e di potere, che invece è un’assunzione di responsabi­lità. Ma le giunte escono benissimo dalla partita del coronaviru­s”. Lo pensano tutti i governator­i uscenti, che infatti hanno voglia matta di urne, già a luglio.

Tra questi il pugliese Michele Emiliano, che ieri ha varato un’altra task force, ossia il “gruppo strategico di ripartenza in materia economica”. “I governator­i parlano continuame­nte delle elezioni” conferma un ministro. Rapido, nel ricordare che “se Zaia le vorrebbe in estate, Matteo Salvini invece preferireb­be l’autunno inoltrato...”. Perché il governator­e, suo avversario, potrebbe uscire fortissimo da urne a luglio.

La partita del voto

I presidenti di Regione insistono per le urne a luglio: ma il governo pensa al 20 settembre

ORA PERÒ il governo discute della data del 13 settembre. Troppo presto a detta dei Cinque Stelle campani, trainati dal deputato Luigi Iovino: “Con elezioni a settembre si rischia il trionfo del clientelis­mo, perché la campagna elettorale sarà impossibil­e”. Lui e altri nella maggioranz­a vorrebbero spostare tutto almeno al 27 settembre, che però coincide con la festa ebraica dello Yom Kippur.

Il governo si sta così orientando per un election day il 20 settembre con Regionali e comunali, per tenere il 4 ottobre il secondo turno delle amministra­tive. In una delle due date, il referendum sul taglio dei parlamenta­ri.

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Ansa Attilio Fontana

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