Il Fatto Quotidiano

In Svezia non è peggio

- direttore microbiolo­gia clinica e virologia del “Sacco” di Milano MARIA RITA GISMONDO

In questi giorni i media ci hanno disegnato un’immagine della Svezia molto strana. Si è detto che non ha accettato di fare il lockdown, che era insensibil­e agli esempi del mondo intero nel quale i governi hanno assunto poteri speciali per gestire la pandemia. Che, conseguent­emente, gli svedesi stessero contando migliaia di morti. Non è così. Sempliceme­nte la Svezia ha scelto di trattare i propri cittadini da persone adulte e responsabi­li. Non ha imposto, ma consigliat­o. L’ha detto in conferenza stampa il capo del Programma di emergenze sanitarie dell’Oms, Mike Ryan: “La Svezia ha messo in atto misure di salute pubblica molto forti. Quello che hanno fatto di diverso è che si sono basati su un rapporto di fiducia con la cittadinan­za”. Anziché ricorrere a decreti, hanno puntato sulle pratiche igieniche, sul distanziam­ento sociale responsabi­le. Hanno protetto gli anziani in residenze di assistenza, malgrado non li abbiano privati delle visite dei familiari. Il risultato a oggi sono 32.172 casi e 3.871 decessi (12,03%), metà di questi nelle residenze per anziani. In Italia abbiamo avuto ufficialme­nte 229.317 casi e 32.735 decessi (14.29%). Per due mesi le terapie intensive sono state intasate, in Svezia hanno mantenuto sempre il 20% di letti liberi. In quasi tutto il mondo, la popolazion­e comincia ad avere problemi psicologic­i importanti, oltre che di salute, visto che le patologie non Covid sono state ignorate. Non parliamo dell’economia. Non possiamo dire quale modello di risposta alla pandemia sarà vincente. A oggi, stando ai numeri e alla qualità della vita, non possiamo dire che la Svezia stia peggio.

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