Fondo Ue, Austria & C. fanno il lavoro sporco
I Paesi “frugali” fanno pressione per dimezzare la proposta franco-tedesca
Ieri
era il giorno, atteso, del poliziotto cattivo nel balletto in corso attorno alla risposta europea alla peggiore recessione mai avvenuta in tempo di pace. La Commissione Ue, com’è noto, la prossima settimana dovrà avanzare ai governi nazionali riuniti nel Consiglio europeo la sua proposta sul Recovery Fund: dopo quella già al ribasso di Francia e Germania, i poliziotti (quasi) buoni, arriva dunque il “non paper” dei cosiddetti “Paesi frugali”, Austria, Danimarca, Paesi Bassi e Svezia che – in buona sostanza – è che la Ue non faccia nulla.
PER GLI AMANTIdei particolari il “non paper” dei nordici sostiene che la reazione alla crisi debba risolversi in prestiti “a condizioni favorevoli”, bontà loro, della durata di due anni, vincolati a obiettivi Ue e su cui dovrebbero vigilare “la Corte dei conti europea, l’Ufficio Ue anti-frode e la Procura europea”. In cambio i felici percettori dei prestiti si impegnano a fare le riforme (austerità) sotto il controllo di Bruxelles. Per tutto il resto ci sono l’ex fondo Salva-Stati, il famigerato Mes, il programma “Sure” contro la disoccupazione e quello della Banca europea degli investimenti per le imprese: una massa di manovra molto teorica da 500 miliardi, tutti sotto forma di prestiti (e per il Mes con possibili “condizioni” a posteriori) e solo dopo che i singoli Paesi avranno fornito garanzie in denaro pro-quota. Quanto al budget Ue – at t u al m e nt e all’1% del Pil europeo – che Merkel e Macron vorrebbero temporaneamente raddoppiare, “le nostre idee non cambiano”: cioè resta all’1% del Pil e loro quattro vogliono pure che sia confermato lo sconto sui contributi che versano.
In sostanza, la proposta dei “frugali” è un insulto, ma nessuno – neanche loro – pensa che sia realistica: è solo un mezzo di pressione sulla Commissione di Ursula von der Leyen e sugli altri Paesi europei in vista della trattativa che si apre questa settimana.
Per capire dove si va a parare sarà meglio un breve riepilogo delle posizioni. All’inizio c’era la proposta di un Fondo per la ripresa da 1.500 miliardi avanzata dai Paesi periferici (Italia, Spagna, Portogallo, Irlanda, etc.) appoggiata dalla Francia e informalmente dalla Bce a guida francese: l’idea è che un’azione comune dell’Ue in termini di sussidi e non prestiti consenta agli Stati più colpiti di non vedere la propria finanza pubblica uscire dai binari col rischio di finire in procedura di infrazione appena il Patto di Stabilità, oggi sospeso, tornerà a vivere.
LA GERMANIA, esattamente come i suoi satelliti che oggi fanno il poliziotto cattivo, ritiene che la reazione corretta sia “prestiti in cambio di riforme”: sfortunamente, però, gli acquisti massicci della Bce hanno protetto i Paesi deboli, che uno dopo l’altro hanno rifiutato il ricorso al Mes. Berlino, a quel punto, ha trovato un generico compromesso con la Francia su un Recovery Fund da 500 miliardi che, attraverso un’emissione di debito comune, erogherà sussidi a zone e settori più colpiti (ma i dettagli non ci sono) in cambio di riforme e basso deficit: quel debito andrà ripagato pro-quota da tutti secondo il loro peso economico in un arco di tempo medio-lungo (anche qui i dettagli non ci sono).
Angela Merkel, così, spera di disinnescare la mina aperta dalla sentenza della Corte costituzionale tedesca sugli acquisti della Bce, giudicati sproporzionati e in aperta violazione dei Trattati Ue. Tradotto: c’è il Fondo europeo, la Bce torni a cuccia. E qui arrivano i “frugali”: il loro obiettivo è ridurre la portata della proposta franco-tedesca sui sussidi fino a dimezzarla o giù di lì. L’Italia, ovviamente, ha già respinto ufficialmente la proposta: la partita vera si gioca a partire da mercoledì.