“Problema di democrazia”. “Vale anche in Rai”
Le opinioni di Gatti, Gabanelli e Jones: “Chi non può lavorare in modo libero se ne vada”
Vecchia
questione, quella che lega editori, economia e politica. E che influisce su come i cittadini esercitano la democrazia. Questo il pensiero di Claudio Gatti, giornalista d’inchiesta (i suoi ultimi libri, Enigate e I demoni di Salvini): “Il giornalismo libero e intellettualmente onesto è elemento fondante di una società democratica interessata a evolversi verso giustizia, equità e moralità. Non sono 40 anni di giornalismo che mi portano a dirlo, ma 50 di impegno sociale e civico in cui mi sono reso conto che una cittadinanza non consapevole di quel che succede intorno è menomata nella capacità di decidere sul più importante contributo che le è concesso dare alla società, il voto”. D’altra parte, “per votare ‘bene’ occorre essere informati, cioè avere accesso a fatti, analisi e opinioni”, ma quelli di maggior peso “sono quelli che riguardano i soggetti di potere politico o economico”: “Se il giornalista – continua Gatti – si mette al servizio di quei soggetti, non solo non contribuisce al ‘buon voto’, ma fa l’esatto contrario”. Eppure neanche se i media fossero tutti “di proprietà di lettori/utenti” si otterrebbe “il risultato desiderato, perché il giornalismo sarebbe libero ma non per forza intellettualmente onesto”: “Per informare ‘bene’, ai giornalisti non serve tanto una proprietà non invasiva quanto essere pronti a fare le valigie quando non è concesso di lavorare in modo libero e intellettualmente onesto”.
MA IL CASO Fca/ Repubblica , secondo la firma del Corriere Milena Gabanelli, non c’entra con conflitto di interessi dell’editore: “Riguarda altre questioni. Innanzitutto il dividendo: se chiedi un prestito e vuoi che lo Stato faccia da garante, non ti spartisci gli extra, li investi. E poi il prestito deve essere vincolato alla transazione verde, come richiesto dal Green deal europeo. Queste sono decisioni che spettono al Governo, indipendentemente da quello che scrivono i 3 giornali del gruppo Gedi”. Il tema, però, esiste: “Mi fa piacere – prosegue la Gabanelli - che Orlando abbia scoperto che gli editori non puri comprano i giornali per esercitare pressioni. Ma i giornali costano, i lettori preferiscono non pagare e avere notizie online gratis e nessun editore ha voglia di spendere soldi”. E neanche la Rai, che dovrebbe essere editoria pura per eccellenza, si può considerare tale: “Rappresenta gli interessi dei partiti e dei loro dante causa. Se fosse davvero indipendente, avrebbe una forza tale da rendere questo dibattito quasi privo di senso”.
Secondo Gavin Jones, corrispondente da Roma di Reuters, l’equivoco sugli editori è “il cuore delle recenti accuse di Orlando”: “Molti hanno notato un cambio nella linea editoriale di Repubblica, inclusi alcuni giornalisti che ci lavorano. È legittimo che gli editori abbiano altri interessi, ma il lettore si deve sempre chiedere se l’articolo che legge sia stato scritto così per pura scelta giornalistica o per promuovere altri interessi”. Non è azzardato dunque sostenere che quegli editori si muovano per provocare un effetto politico: “Quando si vuole ridicolizzare qualcuno – dice Jones – gli si attribuisce la parola ‘complotto’, che Orlando non ha mai detto. Ci sono però interessi singoli e separati che vorrebbero la caduta del governo. Ma dovremmo fare un governo Draghi con dentro Lega, FdI, M5S, Pd? Su cosa andrebbero d’accordo?”
La tv pubblica, che dovrebbe essere editoria pura per eccellenza, rappresenta i partiti e i loro dante causa
MILENA GABANELLI