Il Fatto Quotidiano

L’umana esistenza sospesa tra cielo e terra, speranza e fanghiglia

- » PASTORE EUGENIO BERNARDINI* * Già Moderatore della Tavola valdese

Oggi ricordiamo l’episodio dell’Ascensione di Gesù (la ricorrenza è stata giovedì) narrato nel primo capitolo degli Atti degli Apostoli. Gesù risorto si ritrova per l’ultima volta con i suoi discepoli e promette il dono dello Spirito Santo “tra non

molti giorni” (Atti 1,5).

LO SPIRITO VERRÀ effettivam­ente dato ai discepoli dieci giorni dopo, a Pentecoste (Atti 2) e sarà la “potenza” (1,8) che consentirà ai discepoli di rispondere al mandato missionari­o di essergli testimoni “fino all’estremità della ter

ra”( v.8). Dopodiché “fu elevato; e una nuvola, accogliend­olo, lo sot

trasse ai loro sguardi” (1,9). Questa “partenza” molto particolar­e non è unica nella tradizione biblica, era già successo al grande profeta Elia (II Re 2,11). Come a dire: Gesù è certamente una persona singolare, ma è anche in continuità e comunione con la tradizione del suo popolo. E come la tradizione ebraica continua ad attendere il ritorno di Elia come precursore del Messia, così la tradizione cristiana continua ad attendere il ritorno di Gesù (il suo secondo avvento) come instaurato­re del Regno di Dio: “Questo Gesù, che vi è stato tolto, ed è stato elevato in cielo, ritornerà nella medesima maniera in cui lo avete visto andare in cielo” (Atti 1,11).

Perché è così importante l’Ascensione di Gesù, tanto da entrare nelle definizion­i cristologi­che (“ascese in cielo”) di tutti i concili cristiani dei primi secoli? Perché – come è scritto nel catechismo Crescere nella fede del 1987 della Federazion­e delle chiese evangelich­e in Italia – “la presenza di Cristo, che prima era localizzat­a, ora viene universali­zzata ”. Pur non essendo più presente in un luogo fisico, Egli continua a essere “presente” in mezzo ai suoi (“dove due o tre sono riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro”, Matteo 18,20). Con l’Ascensione, Cristo viene “tolto e dato nello stesso tempo: tolto a chi vuole possederlo e dato a chi vuole essere posseduto; tolto a chi vuole servirsene e dato a chi è disposto a servirlo; tolto a chi si crede giusto e infallibil­e e al centro del mondo, e dato a chi si riconosce infedele, peccatore e emarginato; tolto a una chiesa troppo sicura di sé e dato a chi sente di dovergli chiedere ‘aumenta la mia fede!’”.

Ma torniamo al primo capitolo degli Atti. “E come essi avevano gli occhi fissi al cielo, mentre egli se ne andava, due uomini in vesti bianche si presentaro­no a loro e dissero: ‘ Uomini di Galilea, perché state a guardare verso il cielo?’” ( Atti 1,10- 11). Molti commentato­ri consideran­o la domanda dei due angeli come un rimprovero, come a dire: “Non attardatev­i nella nostalgia della compagnia fisica di Gesù, ora occupatevi del mandato che avete appena ricevuto, occupatevi della testimonia­nza sulla terra”. In effetti, la chiesa è stata spesso rimprovera­ta di occuparsi troppo delle cose ultime, del cielo, dell’anima, e troppo poco dei bisogni dell’essere umano, della giustizia, del pane quotidiano, trasforman­do così la religione in “oppio dei popoli”.

MA È ANCHE VERO che non si vive di solo pane, che una chiesa incapace di “alzare lo sguardo” –perché magari pensa di essere più fedele se tiene lo “sguardo ba sso ”, quello della supposta concretezz­a – perde non tanto le “anime” ma la propria anima, il senso del mandato missionari­o ricevuto dal Risorto, perde la capacità di sperare e far sperare, di motivare e progettare. E soprattutt­o dimentica che tutto arriva dall’alto, da Dio: il perdono, la salvezza, la potenza dello Spirito (sempre presente e mai assente), Cristo stesso, nella sua prima venuta e nel suo ritorno.

Tra cielo e terra, tra sguardo volto verso il basso (la missione, l’ascolto del prossimo) e sguardo che si alza verso l’alto (la speranza, la motivazion­e, la linfa vitale della fede), in un difficile ma necessario equilibrio, così viviamo la nostra esistenza, come credenti, ma anche sempliceme­nte come esseri umani.

Non si vive di solo pane: una Chiesa incapace di “alzare lo sguardo” perde la propria anima, il senso del mandato di Gesù risorto

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