Bolsonaro punì i federali per salvare i figli
Il presidente ai ministri: “Se non posso cacciare gli agenti manderò via il loro capo”
Appare
sempre piu vicino il tracollo e la messa in stato d’accusa del presidente Jair Bolsonaro, dopo che il Tribunale Supremo ha diffuso un audio-video in cui ad aprile lo stesso Bolsonaro, lamentando di non ricevere informazioni adeguate sulle attività degli investigatori, ammette ai suoi ministri: "Non posso sempre restare sorpreso dalle indagini! Accidenti, la Polizia Federale non mi fornisce informazioni, lo stesso fa l'intelligence delle Forze Armate, e pure l'Abin ha i suoi problemi”. Poi prosegue: "Ho cercato di sostituire gli ufficiali della sicurezza a Rio de Janeiro e non ci sono riuscito, è finita. Ma non aspetterò che la mia famiglia o i miei amici restino fregati". Il presidente prosegue: "Se non puoi cambiare un funzionario delle forze dell'ordine, cambia il capo. Se non riesci con il suo capo, allora punta al ministro".
COSÌ AVVENNE, con una differenza: il ministro della Giustizia, Moro, anticipò Bolsonaro e si dimise dopo che il presidente aveva licenziato il capo della polizia federale Mauricio Valeixo, senza spiegazioni. Valeixo aveva lavorato con Moro all'inchiesta Lava Jato che portò alla luce il sistema di corruzione con il coinvolgimento dell'intera classe politica brasiliana. Se Bolsonaro non aveva dato una motivazione a quel siluramento, fu Moro a fornirla, accusando il presidente di volere un nuovo capo della polizia federale che gli avrebbe fornito informazioni sulle indagini che coinvolgono la sua famiglia. I figli del capo di Stato sono sotto inchiesta: Flavio Bolsonaro, senatore, è accusato di riciclaggio di denaro e appropriazione indebita; Carlos Bolsonaro, membro del consiglio comunale di Rio de Janeiro, è sospettato di essere il regista della campagna di disinformazione e delegittimazione verso coloro che criticano il modo di condurre il paese da parte del padre. Bolsonaro ha fornito la sua versione scrivendo sui social che quando parlava di agenti della sicurezza si riferiva a membri della scorta personale e non ad alti funzionari di polizia. "In ciò che ho detto non c'era alcuna indicazione di interferenza nel lavoro della polizia federale". Di certo la pubblicazione del dialogo ha suscitato grande interesse se è vero che il sito web del Tribunale Supremo non ha retto alle migliaia di accessi. La riunione di gabinetto con Bolsonaro contiene anche altre situazioni compromettenti, con il ministro dell'Ambiente Ricardo Salles che suggerisce di approfittare del coronavirus – dato che la stampa "guarda dall'altra parte" – per semplificare le normative ambientali sull'Amazzonia, e il suo collega dell'Economia, Paolo Guedes, che parla apertamente di vendere il Banco do Brasil. Le reazioni politiche sono veementi. Il senatore del PT Umberto Costa dichiara: "Bolsonaro confessa un crimine: come presidente è finito".
Una crisi politica che arriva quando il Brasile diventa il terzo Paese al mondo per contagi da Covid-19 con 330.890 infetti e 21.048 morti.