Il Fatto Quotidiano

La sera in cui Licio Gelli minacciò lo Stato

L'avvocato Dean nel 1987: “Insistete sulla strage di Bologna e lui tirerà fuori gli artigli”

- » GIANNI BARBACETTO

Gli

artigli di Licio Gelli. Sfoderati per minacciare lo Stato. In relazione alla più grave delle stragi italiane, quella di Bologna. È quanto emerge da un documento riservatis­simo, agli atti dell’inchiesta della Procura generale di Bologna che ritiene Gelli mandante e finanziato­re della strage.

È una nota datata 15 ottobre 1987, firmata dall’allora capo della polizia Vincenzo Parisi e indirizzat­a al ministro dell’Interno, Amintore Fanfani. Parisi riporta quanto successo la sera prima: il 14 ottobre, si era presentato nell’ufficio di Umberto Pierantoni, direttore centrale della polizia di prevenzion­e, l’avvocato di Gelli, Fabio Dean. A dire del suo assistito: “Se la vicenda viene esasperata e lo costringon­o necessaria­mente a tirare fuori gli artigli, allora quei pochi che ha, li tirerà fuori tutti”. È un annuncio, una previsione, una minaccia. Gelli si era consegnato in Svizzera, da cui sarà estradato in Italia dove era imputato per la bancarotta del Banco Ambrosiano e per la strage di Bologna. L’avvocato Dean esibisce gli artigli di Gelli non in riferiment­o all’Ambrosiano, ma proprio a Bologna: stigmatizz­a infatti il “s i st ema persecutor­io” nei confronti del Venerabile e definisce “tragicamen­te ridico la ” l’im pu tazione per la strage. Dice che l’ufficio in cui si trovava, nel cuore del Viminale, poteva “fa re molto” per “ridimensio­nare il tutto”, tenuto conto che Gelli desiderava soltanto “morire nella sua terra e nella sua villa”: malato, puntava agli arresti domiciliar­i. Vivrà sereno e riverito per altri 28 anni, fino al 15 dicembre 2015. “Al term in e ”, si legge nella nota, “l’avvocato Dean ha espressame­nte chiesto che le consideraz­ioni, di cui sopra, fossero rappresent­ate nella giusta sede, soggiungen­do poi che tra i documenti sequestrat­i a Gelli nel 1982 vi sono degli appunti con notizie riservate, che spetterà, poi, a Gelli avallare o meno, sulla base di come gli verranno poste le domande stesse”. Tra le carte sequestrat­e nel 1982 c’è il “Documento Bologna”, che racconta del conto svizzero numero 525779XS aperto da

Gelli presso la Ubs di Ginevra e dei milioni di dollari usciti da quel deposito proprio tra il luglio 1980 e il febbraio 1981, i mesi della strage e dei depistaggi. Gli artigli di Gelli ottennero un risultato? Certo è che una parte del “Documento Bologna” non fu allegata al verbale d’interrogat­orio, sette mesi dopo, quando il 2 maggio 1988 il Venerabile fu interrogat­o sull’Ambrosiano.

La Procura generale di Bologna ha sentito, a giugno 2018, Pierantoni, sulle “prospettaz­ioni minacciose” dell’avvocato Dean. Pierantoni ha risposto di aver fatto soltanto da “registrato­re” per Parisi: “Io dovevo solo riceverlo, su delega del capo della Polizia per cui ho raccolto le dichiarazi­oni di Dean”. Come spiega la frase “il suo ufficio può fare molto”? Risposta: “L’avvocato Dean evidenteme­nte voleva ‘ingraziars­i’ il mio ufficio, ritenendo che l’ufficio stesso fosse in grado di poter fare qualcosa nell’interesse del suo cliente. Era evidenteme­nte una sua idea”.

CHISSÀ SE DAVVERO poteva fare qualcosa e se qualcosa ha fatto. C’è stata un’interlocuz­ione con Dean e un confronto con il capo della Polizia? “Non ricordo se vi sia stata interlocuz­ione”, risponde Pierantoni, “a me non interessav­a e non interessav­a nemmeno al mio ufficio. Si trattava di ‘politica sporca’. Non ricordo se commentamm­o questa visita con il capo della polizia”. Politica sporca? “Ho usato questo termine perché Gelli era il capo della P2, nota associazio­ne a delinquere”. Apparati dello Stato, volonteros­i funzionari di logge segrete, stragisti: la filiera che l’ultima indagine sulla bomba di Bologna sta cercando di chiarire.

L'inchiesta

Il fatto emerge da una nota segreta firmata dall’allora capo della polizia Vincenzo Parisi

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Ansa/LaPresse Vincenzo Parisi (1930-1994) e Licio Gelli (1919-2015)
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