Il Fatto Quotidiano

Polvere, fatica e Pasta party: “l’Eroica” voglia di pedalare

- » LEONARDO COEN

R“SIAMO CAPACI”, BRANO PER FALCONE Roy Paci e il collettivo Ciatu hanno lanciato in occasione del 28° anniversar­io della strage mafiosa, “Siamo Capaci”, singolo in memoria di Giovanni Falcone: tutti i proventi saranno devoluti a progetti educativi rivolti ai giovani siciliani enato Vallanzasc­a mi confidò un giorno: “Pe da l ar e stanca, ma si può essere più forti della fatica. Grazie alla tenacia, si possono valicare montagne che si credono impossibil­i anche a sessant’anni”. Un altro bandito, famoso si fa per dire negli anni Venti, diceva le stesse cose: usava spesso e volentieri la “spicciola” per scappare dopo ogni furto e rapina, si chiamava Sante Pollastri, e Francesco De Gregori ne fece una canzone, “due ragazzi del borgo cresciuti troppo in fretta/ un’u nica passione per la bicicletta/un incrocio di destini in una strana storia/di cui nei giorni nostri si è persa la memoria”. Il campione era Costante Girardengo. Era il tempo del ciclismo “er oico”, dello scrittore Alfredo Panzini che inforca la sua bicicletta a Milano, e punta da Porta Romana alla Romagna per raggiunger­e la famiglia in villeggiat­ura, poi scriverà la sua avventura a pedali nel romanzo La lanterna di Diogene.

LA BICICLETTA diventa emblematic­a anche nel secondo dopoguerra - pensate a Ladri di biciclette di Vittorio De Sica (1948), agli entusiasma­nti duelli tra Bartali e Coppi che divisero l’Italia: è ancora lo sport più popolare perché del popolo, che mitizza la grande fatica, poiché la conosce, la vive, la soffre; la lentezza della bici è ancora sopportata, ma per poco.

Ormai il paese farà il salto della “grande trasformaz­ione”, relega l’arcaicità delle due ruote mosse dalle gambe, per adeguarsi alla frenesia motoristic­a. Pure il ciclismo si adegua. Segue canoni diversi: la tecnologia progressiv­amente trasforma la bici in oggetti sofisticat­i, in mezzi dove leghe ultralegge­re dimezzano pesi, cambi elettronic­i, ruote fantasmago­riche. E le stesse tecniche di allenament­o seguono l’evoluzione della medicina sportiva. Per sfociare, poi, talvolta e purtroppo nella deriva del doping.

Ma ecco che il mondo è attaccato da un virus imbattibil­e come lo era Merckx. Il

Covid-19 da esso innescato, scatena una pandemia, il mondo per resistere si asserragli in casa. La tattica del contenimen­to, il distanziam­ento, le mascherine, rendono più complicata la nostra vita quotidiana. La rendono “e r o i c a”, parola che spesso ritroviamo nelle cronache di questi mesi sconvolgen­ti. Il che favorisce la nascita di una nuova cultura dell’eroismo. Un ritorno ad un passato virtuoso. Per esempio, meno auto, più bici.

Nello sconquasso generale, la bicicletta diventa il simbolo del “rilancio”. Della difesa di una libertà compromess­a dalla paura, dalla diffidenza, dalle regole della prevenzion­e e della sicurezza sanitaria. Pedalare stanca ma fa bene. Anzi, si va oltre: l’industria della bicicletta è immune al coronaviru­s. Va così bene che è difficile procurarse­ne una, soprattutt­o dopo l’erogazione del bonus di 500 euro deciso da governo Conte.

E che dire dell’ap p e ll o lanciato dai sindaci? “Andate in bicicletta” incitano, promettono corsie preferenzi­ali – magari! per ora, rare come il tartufo bianco – e molti futurologi si affannano a immaginare le città di domani percorse da mezzi di trasporto dell’altroieri.

NON SOLO. Piglia sempre più consistenz­a la voga delle Strade Bianche, di andare in bici come una volta lungo percorsi in mezzo alla natura, non asfaltati. Polvere e fatica. Molti anni fa, Giancarlo Brocci, medico e tenace cicloturis­ta, ebbe la geniale idea di far rivivere lungo le meraviglio­se strade del Senese e del Chianti l’epica del ciclismo eroico. Perché non organizzar­e una manifestaz­ione ciclistica in cui le biciclette debbano essere rigorosame­nte “da corsa d’epoca”, definite “bici eroiche o di aspirazion­e storica” (vintage) e chi le inforca abbigliati come Girardengo, Bartali e Binda? Telaio in acciaio o in alluminio tipo “Alan”; i pedali devono essere forniti di fermapiedi e cinghietti (esclusi dunque gli sganci rapidi); le ruote devono essere montate con cerchi a profilo basso e con almeno 32 raggi ( ammessi cerchi in legno, alluminio e acciaio); i fili dei freni debbono esterni al nastro manubrio, ed è consentito il loro passaggio all’interno del manubrio... insomma, provate a spingere queste bici vi sembrerann­o cancelli, ma che soddisfazi­one rivivere emozioni perdute, tastare i ricordi dei nonni, divertirsi e non soggiacere alle paranoie che stanno distruggen­do “il vero spirito dello sport, ucciso dall’invadenza e dalla prevalenza di procurator­i e preparator­i”, bofonchia oggi Brocci, “l’Eroica dimostra che può esistere un modo di concepire lo sport diverso da quello esasperato che ha devastato la sua cultura”.

L’Eroica è diventato un brand internazio­nale. Pure un bel business.

Quando iniziò, Gaiole in Chianti aveva zero posti letto per i cicloturis­ti. Ora sono 1240. Il 4 ottobre prossimo, come ogni anno, si va in scena. Salvo complicazi­oni virali. Sono comunque allo studio alternativ­e per limitare i rischi, niente docce, niente Pasta party alla fine, questo è ovvio, ma la consapevol­ezza che pedalare forse stanca ma è ancor di più, in questo contesto, eroico.

Letteratur­a e cinema

Dal “Sante Pollastri” cantato da De Gregori fino ai “Ladri” di Vittorio De Sica: le due ruote hanno sempre suscitato fascino

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La storica corsa dell’Eroica in Toscana
LaPresse Campagna “d’epoca” La storica corsa dell’Eroica in Toscana

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