Il Fatto Quotidiano

Intesa dice sì al prestito a Fca: manca il Tesoro

- MA. PA.

Nessuna sorpresa. Il cda di Intesa Sanpaolo ieri ha approvato il finanziame­nto da 6,3 miliardi a favore di Fca Italy per le sue attività nel territorio nazionale. L’efficacia della delibera è legata alla concession­e della garanzia statale sull’80% della cifra: per ottenerla, secondo il decreto liquidità, serve l’ok dell’assicurazi­one pubblica Sace, la contropart­e di Fca e del ministero dell’Economia. E qui si concentra la polemica sull’opportunit­à o meno di concedere un aiuto pubblico (un risparmio di circa mezzo miliardo in tre anni) a una società la cui proprietà ha scelto di avere sede legale e fiscale all’estero dove, nel 2021, staccherà un assegno ai suoi azionisti da 5,5 miliardi frutto della fusione con Psa.

Il governo, o meglio il Tesoro, intende chiedere a Fca Italy garanzie su livelli occupazion­ali e investimen­ti in cambio dell’aiuto, pena la sua decadenza: ottime intenzioni ma con poche speranze di ottenere risultati, se non altro perché tra pochi mesi il comando del gruppo si sposterà a Parigi e la crisi senza precedenti del settore non aiuta. Non impedire, poi, la distribuzi­one di dividendi agli azionisti per l’intera durata dell’aiuto pubblico è impensabil­e in Paesi non accusabili di “dirigismo” come gli Stati Uniti. Ma il punto è tutto lì: senza mega-dividendo non c’è la fusione e senza garanzia statale non c’è mega-dividendo.

Passata Fca, sarà il turno di Autostrade, che chiede 1,2 miliardi “garantiti” mentre battaglia col governo sulla concession­e dopo il disastro del Morandi. Ieri Unicredit ha approvato il prestito. Anche qui, la palla passa al Tesoro.

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