Il Fatto Quotidiano

Ci risiamo: vogliono salvare i colossi del cemento senza più gare d’appalto

IL DOSSIER • Lobby, l’assalto allo Sblocca cantieri

- MELETTI E MERCALLI

Il “modello Genova” di Salini Dopo la Legge Obiettivo si punta a un sistema senza gare che riprodurrà l’Italstat, con la politica a spartire gli appalti con criteri opachi Per

un lobbista l’importante è saper dare i numeri meglio dei politici. E gli appassiona­ti del partito del cemento devono dire grazie al Covid-19 per le prestazion­i smaglianti dei nostri campioni. Pietro Salini, re dei costruttor­i italiani, è il capo e il maestro. Il 5 maggio, intervista­to da un giornalist­a di Re

pubblica estasiato, sfodera un piano Marshall per le infrastrut­ture da 100 miliardi, dotato di un moltiplica­tore 5. Cioè, lo Stato mi dà 100 miliardi di appalti i quali, keynesiana­mente, si tradurrann­o in 500 miliardi di Pil, quindi di ricchezza prodotta (il moltiplica­tore come argomento è efficace: il muratore andrà in pizzeria, il pizzaiolo comprerà la lavatrice, metti lì 100 miliardi e l’economia gira per 500).

I numeri tondi però puzzano di imbroglio. Per esempio il viceminist­ro delle Infrastrut­ture Giancarlo Cancelleri, vecchio militante grillino ora convertito alla religione del cemento insieme all’ex capo politico Luigi Di Maio, da mesi dice che ci sono opere da fare per 109 miliardi. La cifra non tonda fa tutto un altro effetto. Così Salini il 20 maggio si rivolge al Sole 24 Ore che lo massacra di domande scomode tipo “cosa intende?”, giusto per spezzare il monologo. Imparata la lezione Salini dice che i miliardi sono 103. E il moltiplica­tore non è più quel rotondo e fantasioso 5 ma un intrigante 3,12 che porta quei 103 miliardi a generare ricchezza per 322 miliardi, non uno di più, non uno di meno. Accanto a tanta precisione un dato. Nel 2019 la Salini Impregilo, oggi Webuild, ha fatturato 5 miliardi e pagato salari a impiegati e operai per poco più di 600 milioni: compliment­i per il moltiplica­tore. La saga dei numeri dimostra che il dibattito sulla terapia a base di cemen

» Giorgio Meletti

to per risollevar­e l’economia italiana è finto. Sennò non si spiega perché le “opere-già-fina nz iat e- s ol o- d a- sbl occ ar e” valgono 15 o 20 miliardi a seconda dei giorni per la ministra Paola De Micheli e 120 miliardi per la renziana Raffaella Paita. Quando l’ex ministro delle Infrastrut­ture ex renziano Graziano Delrio dice “ci sono 20 miliardi per opere cantierabi­li che si possono far ripartire subito”, per esempio, uno pensa che sia d’accordo con De Micheli, invece scopre che l’ha detto cinque anni fa.

IL PIÙ GRANDE VINCE AGLI ALTRI LE BRICIOLE

L’unica cosa certa è che la lobby dei costruttor­i è scatenata e avendo a che fare con politici di grana grossa tende a raggirarli. Il padre di Salini, per dire, con i politici faceva grandi accordi: l’Italia spendeva molti soldi per la cooperazio­ne internazio­nale, soprattutt­o verso i Paesi africani, e lui andava a fare i lavori. Adesso basta far intraveder­e al ministro la possibilit­à di un’intervista con foto grande. Poi non succede niente. O meglio, accade altro: i grandi costruttor­i italiani ridotti praticamen­te a uno, Salini. Con la sua Webuild e con i capitali (pubblici) della Cassa Depositi e Prestiti e delle due maggiori banche italiane (Intesa Sanpaolo e Unicredit) sta realizzand­o il sogno di ogni imprendito­re, essere il re della foresta. L’unico che gli si oppone, con voce sempre più flebile, è il ragionier Gabriele Buia, presidente dell’Ance, ciò che resta della un tempo gloriosa associazio­ne dei costruttor­i. Ha capito che per i suoi 20 mila associati rimarranno le briciole. E che le distribuir­à Salini.

Negli anni 80 il sovrano del mercato era Ettore Bernabei con la sua Italstat, società Iri che con apposita legge aveva di fatto sostituito il ministero dei Lavori pubblici nella distribuzi­one degli appalti. Attraverso un sistema di gare sostanzial­mente finte assicurava la spartizion­e dei lavori tra le società pubbliche, le private e le Coop. Questo delicato equilibrio viene rotto dai privati più forti (Fiat, Lodigiani etc.) che riescono grazie agli andreottia­ni a far fuori Bernabei e a prendersi il banco. Ma subito dopo finiscono tutti in galera per l’inchiesta Mani Pulite. Una catastrofe: non sapendo come si compete su un mercato normale ma solo pagare i politici in un mercato governato dall’alto, i costruttor­i vanno in malora. Si salvano solo quelli che si attaccano alla grande tetta dell’alta velocità, operazione illegale ma salvata, per carità di patria, dal presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro e dal presidente del Consiglio Carlo Azeglio Ciampi. Fare i binari d’oro sarebbe costato meno, ma così si tiene in piedi il settore nei difficili anni 90. Nel 2001 Berlusconi restaura il governo del mercato degli appalti. Lo fa con la legge Obiettivo sotto la regia di Ercole Incalza, regista dell’alta velocità dieci anni pri

ma e miglior conoscitor­e (allora come oggi) del funzioname­nto perverso del sistema.

L’ESERCITO DEI COMMISSARI SENZA BANDI PUBBLICI

La politica è garante di una equa distribuzi­one degli appalti tra i membri di un club esclusivo: chi è fuori non lavora. Soprattutt­o non lavorano le ditte straniere che magari farebbero le stesse opere meglio e a costi più bassi (e con manodopera italiana, ovviamente) ma sarebbe tutto a vantaggio dei contribuen­ti e non dei signori costruttor­i che devono pur sempre comprarsi lo yacht. Il giocattolo non ha mai funzionato benissimo ma ha avuto il definitivo collasso con la crisi economica del 2011-12. Lì comincia la litania delle grandi opere per rilanciare l’economia e dei cantieri già tutti finanziati da sbloccare, i soldi ci sono, e che ci vorrà mai. Naturalmen­te si fa poco e le aziende soffrono. Saltano grandi nomi come Astaldi e Condotte, saltano varie coop ex rosse di gran nome per le quali però l’homo renzianus non si commuove, mentre si emoziona per le richieste di risarcimen­to di Salini per il ponte sullo Stretto che non ha mai costruito. Il gigante Salini-Impregilo-Webuild viene dunque soccorso dalla politica e ricapitali­zzato per salvare Condotte Astaldi e chissà chi altro. È in questo quadro che si sviluppa la folle discussion­e sul “modello Genova”: come per la ricostruzi­one del ponte Morandi, tutte le opere per rilanciare l’economia (15, 20, 100, 103, 109 o 120 miliardi, fate voi) verranno affidate senza gara, per fare alla svelta, da un piccolo esercito di commissari all’uopo nominati: scorrerà il sangue. Dicono che un eccesso di regole blocca il sistema. “Semmai è stato l’eccesso di corruzione”, replica Delrio che non essendo più ministro ritrova il coraggio. Il sistema senza gare riprodurrà dopo 30 anni il modello Italstat, un peculiare socialismo reale in cui sarà il governo a gestire gli equilibri del mercato affidando i lavori con criteri di spartizion­e opachi. Per la lobby del cemento sarà sicurament­e un trionfo. Per l’Italia forse no.

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FOTO ANSA Il grande business I lavori nel cantiere di Chiomonte, del tunnel per l’Alta velocità ferroviari­a Torino-Lione
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 ??  ?? Guida Webuild Pietro Salini
Guida Webuild Pietro Salini
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Presidente Ance Gabriele Buia
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Ministra del Mit Paola De Micheli
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L’ex premier Matteo Renzi
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Viceminist­o al Mit Giancarlo Cancelleri

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