Il Fatto Quotidiano

Expo, i veri numeri

- Barbacetto

Atornare sull’argomento Expo è stato lui, Giuseppe Sala. “La società Expo 2015 in liquidazio­ne presenta dei conti che riassumono dieci anni di percorso con un avanzo, quindi un utile, di 40 milioni”, ha dichiarato qualche giorno fa. “Il tormentone del buco da 200 o 400 milioni è finito. Questa storia per me finisce ieri”. È una storia italiana di successo, di “competenza, onestà e dedizione”. Proprio così: “Vi dico queste cose al di là del fatto che per me è una grande soddisfazi­one anche perché penso che in momenti difficili come questi bisogna poter dire e poter pensare che pur in un Paese difficile come il nostro, pur in momenti storici a volte anche cattivi come questo, si può fare. Si può fare se si ha competenza, onestà e dedizione, le caratteris­tiche di chi ha lavorato con me”.

Tutto a posto, tutto bene, dice dunque il commissari­o Expo diventato sindaco diMilano: la storia di Expo finisce con un “utile” di 40 milioni. Un “utile”? Proviamo allora a spiegare al manager Sala, in maniera facile facile, che cos’è successo davvero, visto che evidenteme­nte non si è ancora ripreso dall’aperitivo sui Navigli di #mila

n o no n s i f er m a e continua a mostrarsi appannato e mal consigliat­o (vedi foto a braccia conserte sul tetto del Duomo con in cielo le

Frecce tricolori).

METTI CHE UN PADRE

consegni al figlio preferito una cifra consistent­e, diciamo 2 miliardi e 300 milioni di euro, affinché apra u n’attività. Il figlio progetta e realizza un grande bazar internazio­nale provvisori­o. Le spese sono molte, i clienti sono meno del previsto, per attirarli è necessario fare prezzi stracciati e alla fine gli incassi non superano i

700 milioni. Chiusa l’attività e fatti i conti, il figlio si ritrova in tasca 40 milioni. Che cosa racconterà? Di aver chiuso l’operazione con 40 milioni di utili?

A Expo è andata esattament­e così. Sono stati messi nell’ impresa 2 miliardi e 300 milioni di denaro pubblico. Impiegati per la realizzazi­one dell’evento (1,3 miliardi) e per la sua gestione (circa 1 miliardo). Gli incassi (da biglietti, sponsorizz­azioni, royalties) sono stati 700 milioni. A questi si aggiungono 75 milioni pagati da Arexpo per l’urbanizzaz­ione delle aree su cui si è svolta l’esposizion­e universale. Dunque sono stati spesi 1 miliardo e 525 milioni, da cui vanno tolti i 40 milioni avanzati. So che è brutto chiamarlo “buco” o “rosso”, allora chiamatelo come volete, ma 1 miliardo e 485 milioni non sono mica rientrati nelle casse del padre premuroso.

Poi si puo dire che Expo ha fatto benissimo aMilano e all’Italia, che si sapeva fin dall’inizio che manifestaz­ioni come l’esposizion­e universale non hanno il fine di chiudere in pareggio ma di sviluppare l’economia, che il famoso indotto ha portato soldi e benefici, che Milano pesa per il 12 per cento del pil nazionale e c’è chi giura che Expo 2015 sia stata la magica svolta che l’ha fatta diventare una delle grandi metropoli del mondo.

Io aspetto pazienteme­nte le prove di questa melassa autocelebr­ativa, i numeri e gli argomenti capaci di dimostrarl­o. Negli ultimi anni è cresciuta a dismisura una retorica stucchevol­e che ha celebrato in modo irragionev­ole una città che ha perso le sue fabbriche, indebolito il suo tessuto produttivo, venduto i gioielli di famiglia a cinesi (Pirelli) e arabi (Porta Nuova), ridotto la sua gloria ad aperitivi e food, locali e movida. Ora la pandemia rischia purtroppo di mostrare che il re è nudo, che l’eccellenza lombarda è fragile. La ripartenza andrà realizzata con un po’ più di modestia e senso di realtà. Senza spacciare, per favore, gli avanzi per utili.

FANTASIE IN REALTÀ SONO GLI EURO AVANZATI DALLE SPESE, DOPO IL SALASSO

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NORDISTI GIANNI BARBACETTO
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