Il Fatto Quotidiano

Celle aperte, altro che alta sicurezza

“La rieducazio­ne non c’entra”

- BARBACETTO E LILLO

In 13 penitenzia­ri le celle dei detenuti (pericolosi­ssimi) in alta sicurezza furono spalancate nel 2015 (e ora si torna indietro). Ma secondo Caterina Malagoli, responsabi­le della sezione, la decisione fu senz’autorizzaz­ione

Lalettera chiede ai direttori delle carceri di “regolarizz­are” le sezioni dell’Alta sicurezza dei penitenzia­ri. Perché le celle stanno aperte oltre le ore consentite e le regole vigenti per i mafiosi e i terroristi detenuti non sono rispettate. La lettera, visionata dal Fatto , è stata spedita il 4 giugno scorso dal direttore del settore Alta Sicurezza delle carceri italiane, Caterina Malagoli, già magistrato antimafia in Sicilia, entrata al Dap nel 2018 e dal febbraio 2019 Direttrice dell'Ufficio V del Dap. La dottoressa è la responsabi­le di un circuito che conta 10 mila detenuti circa. Ci sono gli ex 41 bis (AS1) i terroristi (AS2) e i membri delle organizzaz­ioni criminali (As3). Per fare qualche esempio, Massimo Carminati quando è uscito dal 41 bis (non essendo stato condannato per associazio­ne mafiosa ma semplice) è entrato nel circuito. A Padova in As1 c’è Antonio Papalia, classe 1954, boss della ’ndrangheta nel Nord Italia. A Frosinone c’è il boss della mafia catanese Giuseppe Mangion, classe 1959; a Benevento c’è il boss di Misilmeri Salvatore Sciarabba, classe 1950. Dopo le rivolte di marzo per il Covid e le centinaia di scarcerazi­oni da parte dei magistrati, dopo il terremoto ai vertici del Dap con le dimissioni di maggio del capo del Dap Francesco Basentini e del Direttore trattament­o detenuti Giulio Romano, si scopre un altro elemento di preoccupaz­ione sulla tenuta del sistema carcerario.

La dottoressa Malagoli il 22 gennaio 2020 aveva chiesto ai direttori delle carceri quali fossero le modalità di custodia dei detenuti di Alta Sicurezza. Dopo i mesi del coronaviru­s, il 4 giugno scorso la direttrice torna alla carica: “Dai riscontri pervenuti si evince che ben 13 istituti penitenzia­ri attuano la 'custodia aperta' nelle sezioni in Alta Sicurezza: Ancona, Benevento Bologna, Civitavecc­hia, Frosinone, Lanciano, Larino, Latina, Padova, Piacenza, Roma Rebibbia Femminile, San Gimignano (una sezione dedicata al Polo Scolastico) e Tempio Pausania”.

Il punto, secondo la Malagoli, è che nulla di tutto ciò sarebbe stato autorizzat­o: “Rispetto ai 13 istituti, agli atti dell'ufficio risulta essere autorizzat­a in via sperimenta­le solo una Direzione ad adottare tale modalità custodiale”, cioè Tempio Pausania.

La situazione sembra uscita dal controllo: “In alcuni casi si è appurata l’attuazione della custodia chiusa, ma con la possibilit­à da parte dei detenuti di muoversi liberament­e ambito corridoio della sezione”. Malagoli nella lettera evidenzia “che la circolare n. 3663-6113 del 23 ottobre 2015 esclude per ovvi motivi legati alla particolar­e tipologia dei detenuti ascritti al circuito Alta Sicurezza ‘ la possibilit­à di adottare la custodia aperta presso le sezioni dedicate al circuito dell’alta sic urezza’ ”. La circolare del 2015 aveva previsto condizioni che secondo la Malagoli non sono rispettate perché “Eventuali eccezioni per prevedere l’attuazione della custodia aperta anche in alcune sezioni istituite presso le Case di reclusione dotate di circuito AS, dovranno essere portate all ’attenzione della competente Direzione generale detenuti e trattament­o, corredate da un progetto dettagliat­o che dia conto dell’osser vazione preliminar­e effettuata per ciascun detenuto e dei contenuti e modalità concrete che si intendono adottare per successive valutazion­i”.

LA CIRCOLARE del 2015 effettivam­ente già permetteva ai detenuti di alta sicurezza di star fuori dalla cella per 8 ore ogni giorno. La novità è che in 13 carceri i detenuti As1 usciti dal regime 41 bis, i terroristi dell’As2 e i criminali dell’As3 possono stare fuori cella anche più di 8 ore al giorno.

Il Direttore del Dap, Santi Consolo, nella sua circolare del 2015, perseguiva il “graduale superament­o del criterio di perimetraz­ione della vita penitenzia­ria all’interno della camera di pernottame­nto” e aggiungeva che “la possibilit­à di permanere al di fuori della camera di pernottame­nto per un minimo di otto ore, dal punto di vista delle aspettativ­e europee, è auspicata, sebbene non vi sia disposizio­ne normativa cogente in tal senso”.

Già cinque anni fa, Consolo enunciava quindi l’apertura: “il tempo minimo da trascorrer­e fuori dalle camere detentive sia pari almeno a 8 ore giornalier­e, salva l’esistenza di particolar­i esigenze di sicurezza che comportino necessarie restrizion­i, quali l’applicazio­ne del regime di sorveglian­za particolar­e, dell’isolamento, in caso di sussistenz­a di specifici rischi di evasione o turbativa della sicurezza dell’istituto, ecc.”. Anche nella ‘custodia chiusa’ quindi i detenuti possono stare fuori dalla cella per almeno 8 ore. “Questo implica – proseguiva la vecchia circolare – che la custodia aperta debba prevedere necessaria­mente una permanenza all’es terno delle camere significat­ivamente maggiore ma, soprattutt­o, il fatto che la quotidiani­tà e i contenuti trattament­ali dovranno svolgersi all’esterno della sezione, in luoghi comuni appositame­nte strutturat­i”.

La politica di apertura delle celle era stata avviata già nella gestione del Direttore del Dap precedente, Giovanni Tamburino, e si è solo consolidat­a con la circolare suddetta del 2015 che ha sistematiz­zato le precedenti disposizio­ni. Questa politica di apertura delle sezioni, compresa l’alta sicurezza, secondo alcuni è però stata la causa dell’aumento degli ‘eventi critici’, cioè risse, violenze e danneggiam­enti, all’interno delle carceri e potrebbe avere favorito anche le rivolte di marzo scorso.

La cosiddetta “sorveglian­za dinamica” è stata introdotta nel 2013 anche per ovviare agli spazi ristretti delle celle italiane. Questo sistema è in vigore anche all’estero però la struttura fisica dei penitenzia­ri italiani e la scarsità di agenti della Polizia Penitenzia­ria ha prodotto una degenerazi­one del sistema nella sua applicazio­ne. Nelle carceri italiane si è tradotta in una sorta di cessione del controllo ai detenuti. Gli agenti della Polizia Penitenzia­ria spesso escono e lasciano le sezioni di fatto in mano ai detenuti. La Polizia penitenzia­ria vigila solo con la video-sorveglian­za da fuori.

ORA LA DOTTORESSA Malagoli ha scoperto che in 13 istituti anche nell’Alta Sicurezza i detenuti stanno fuori dalla cella oltre le 8 ore in regime di “custodia aperta”. La dirigente nella lettera del 4 giugno ricorda ai direttori delle carceri e ai provvedito­ri che “si deve evitare che i detenuti permangano all ’ozio costretti a stazionare nei corridoi delle sezioni”. La lettera si conclude con un auspicio: “si chiede ai Direttori degli Istituti penitenzia­ri di adeguare e regolarizz­are le modalità custodiali nelle sezioni dedicate al circuito dell’Alta Sicurezza nel rispetto delle disposizio­ni contenute nella circolare 3663 -6113 del 23 ottobre 2015”.

Stare fuori dalla cella per almeno otto ore è l’auspicio dell’Europa Santi Consolo (ex direttore Dap) • 23 ottobre 2015

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FOTO ANSA/LAPRESSE Il fronte degli istituti Celle aperte con orari troppo lunghi: sotto, la rivolta a San Vittore
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