Miele dall’Europa e fiele da Visco Conte sfida la destra
IL PREMIER, CON L’APPOGGIO DI URSULA & C., DICE A SALVINI E MELONI: FERMATE VISEGRAD
Dal punto di vista del governo “buona la pri ma”. La prima giornata degli Stati generali ha visto il ministro della Sanità dare la notizia di un possibile vaccino entro l’anno, la presidente della Commissione europea entusiasmare tutti con il suo “l’Europa s’è desta”, il presidente della Ue, CharlesMichel, dire che l’Italia ha probabilmente “salvato delle vite” in Europa. Giuseppe Conte non può che dirsi soddisfatto e in questo quadro ha presentato le tre “l in e e strategiche” per il rilancio dell’Italia: “Modernizzazione del Paese; transizione ecologica; inclusione sociale, territoriale e di genere”.
A FARE
il controcanto, però, è stato il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, l’unico a entrare nel dettaglio dei provvedimenti e con un piano in parte diverso da quello di Conte in cui oltre a modernizzazione della Pubblica amministrazione e beni storico-culturali insiste sull’aumento della produttività del lavoro, riduzione delle tasse ma anche riduzione della spesa pensionistica. E poi un avvertimento professorale esprimendo “il più sincero auspicio che queste consultazioni nazionali possano concludersi con degli atti concreti”. Insomma, poche chiacchiere e datevi da fare. Poco prima aveva auspicato “il maggior consenso possibile” offrendo sponde all’opposizione. E infatti il suo intervento è stato sottolineato con molto vigore da Forza Italia. I contenuti più precisi del
masterplana cui sta lavorando il governo si dovrebbero avere oggi. L’esecutivo ha la chiara percezione di avere davanti a sé una responsabilità e un’occasione storiche: poter impostare un vero rilancio economico disponendo di risorse mai avute prima. Conte vorrebbe un rinnovamento dell’am m in istrazione, un grande piano di società sostenibile e, con linguaggio originale, contro le diseguaglianze sociali, compresa quella di genere.
A QUESTA
aspirazione gli autorevoli interventi europei hanno dato grande sostegno – “è stata una bella vetrina europea per l’Italia”, dice un alto esponente internazionale – ricordando (con il riflesso del dottor Stranamore) che l’Italia “non deve sprecare” le risorse (Christine Lagarde) o che “deve an
Strategie Il premier propone “modernizzazione, ambiente e lotta alla povertà”. Bankitalia: taglio a pensioni e produttività, cioè aiuti alle imprese
dare avanti sulla strada delle riforme”(Ursula von der Leyen). Ma senza forzare troppo, tanto che Paolo Gentiloni dice chiaramente che “è finito il tempo delle condizionalità europee”, mentre David Sassoli sottolinea che sul Recovery fund l’unica mediazione possibile è quella della Commissione” (cioè 750 miliardi, non un euro in meno). Ma, non a caso, è ancora Visco a ricordare che i fondi europei non sono gratuiti e che l’Italia ha “un debito pubblico elevato”.
L’avvertimento di fondo, il rischio dei vincoli, è sempre lì che incombe. Per questo il punto delicato – che sicuramente animerà il dibattito con le parti sociali – è dove andranno messe queste risorse. In conferenza stampa serale, Conte, come se rispondesse a
Visco, ha riaperto il tema della riforma fiscale cui destinare una parte dei fondi europei (richiesta di Luigi Di Maio). Ma, insieme a Gualtieri, ha fermamente respinto ipotesi di condoni fiscali. Gualtieri, invece, ha insistito
soprattutto sulla parola “Investimenti, pubblici e privati”, ma bisognerà vedere quanti, dove, come.
CONTE PUÒ
comunque essere soddisfatto. Con la “mossa” su Visegrad ha spiazzato l’opposizione ( vedi articolo a lato) e si è messo ancora una volta al centro del campo di gioco. Ma fino a quando non saranno chiari i fondi europei e soprattutto la tempistica della loro erogazione – ancora ieri il premier ha parlato delle soluzioni “bridge” ammettendo che quest’anno dal Recovery non arriverà un euro – non potrà dirsi tranquillo. La spia rilevatrice è il ministro Gualtieri, che dovendo rispondere alla domanda sulla necessità di un ulteriore scostamento di bilancio l’ha definita “scomoda”. Lo scostamento, che sarà necessario, si vota infatti a maggioranza assoluta “di ciascuna Camera”. Fuori da villa Pamphilj la realtà è anche questa.