Sordi attore tragico
“C he c’entra, Charlie Chaplin è stato un grandissimo attore, ma Totò era un genio!”. Basterebbe questa frase rubata a un’intervista televisiva per capire l’intelligenza e il livello artistico di Alberto Sordi. Fra pochi giorni, lunedì 15, cade il centenario della nascita. Quando morì, nel 2003, per due giorni una folla immensa sfilò nella sua camera ardente; e alle sue esequie parteciparono 250.000 persone, quasi come a quelle napoletane di Totò.
Sordi ha fatto di tutto: l’attore, il regista, ha cantato, suonato, ballato. Agli esordî, creò due indimenticabili macchiette radiofoniche, Mario Pio e il Conte Claro. Dopo la rivista e il varieté, è stato nelle mani dei più grandi registi italiani. Il primo che ne comprese le qualità fu Federico Fellini, con Lo sceicco bianco e I vitelloni. Poi
Albertone sviluppò i ruoli perfettamente comici, come il Nando Moriconi, fanatico degli Stati Uniti, ne Un
americano a Roma, di Steno. I grandi registi compresero ben presto di trovarsi di fronte a una personalità complessa; naturalmente, gli intellettuali disprezzavano lui e sovente loro: mi ricordo come era considerato Steno quando avevo vent’anni. Albertone è stato un attore tragico straordinario; in alcune pellicole principia come comico, poi prosegue attuandosi sempre più tragicamente. Per esempio, ne La grande guerra di Monicelli, ne Un borghese piccolo piccolo, dello stesso, in Detenuto in attesa di giudizio di Nanni
Loy: tre capolavori. Ma se ne andrebbe un intero paginone a fare il solo elenco dei suoi films.
Sordi aveva una terza chiave, molto originale. Il piccolo borghese o il proletario romano che si “arrangiano”, a volte con esito felice ( Il medico della mutua, di Zampa), a volte infelice ( Il vedovo, di Risi). Non si tratta di ruoli strettamente comici: li chiamerei di un “mezzo carattere” realista. Questi personaggi pos
seggono frustrazioni e angosce. La sottigliezza della sua interpretazione, la maschera facciale tanto mobilissima quanto immobile ( che si
scorderà come si chiude Detenuto in attesa di giudi
zio? ), il suo impareggiabile scrupolo professionale, giustificano la passione provata dal pubblico per lui e le onoranze a un certo punto ricevute in vita e in morte. Lo si diceva avaro: basta leggere una sua biografia per conoscere le sue opere di beneficenza, soprattutto in morte. Speriamo che il centenario gliene porti ancora.
CONTRASTI EPPURE GLI INTELLETTUALI DEL TEMPO LO HANNO SPESSO DISPREZZATO